I debiti non vanno sempre pagati

10 Mag 2015

Per alcuni, la risposta è ovvia: i debiti vanno sempre pagati, non c’è alternativa alla penitenza, soprattutto quando è incisa nel marmo dei trattati europei. Eppure, un rapido colpo d’occhio alla storia del debito pubblico, soggetto appassionante quanto ingiustamente trascurato, mostra che le cose sono molto più complesse di così.
Prima buona notizia: in passato ci sono stati casi di debiti pubblici ancora più importanti di quelli che osserviamo ora, e si è sempre riusciti a trovare una soluzione, facendo ricorso a una grande varietà di metodi,

debitiPer alcuni, la risposta è ovvia: i debiti vanno sempre pagati, non c’è alternativa alla penitenza, soprattutto quando è incisa nel marmo dei trattati europei. Eppure, un rapido colpo d’occhio alla storia del debito pubblico, soggetto appassionante quanto ingiustamente trascurato, mostra che le cose sono molto più complesse di così.
Prima buona notizia: in passato ci sono stati casi di debiti pubblici ancora più importanti di quelli che osserviamo ora, e si è sempre riusciti a trovare una soluzione, facendo ricorso a una grande varietà di metodi, che possiamo suddividere così: da una parte il metodo lento, che punta ad accumulare pazientemente surplus di bilancio per rimborsare poco a poco prima gli interessi e poi il capitale del debito in questione; dall’altra parte una serie di metodi che puntano ad accelerare il processo: inflazione, imposte eccezionali, puri e semplici annullamenti del debito.
Un caso particolarmente interessante è quello della Germania e della Francia, che nel 1945 si ritrovavano con un debito pubblico di dimensioni pari a due anni di prodotto interno lordo (il 200 per cento del Pil), un livello ancora più elevato del debito pubblico che affligge oggi la Grecia o l’Italia. All’inizio degli anni ‘50, questo debito era ridisceso a meno del 30 per cento del Pil. È evidente che una riduzione così rapida non sarebbe mai stata possibile solo attraverso un lento accumulo di surplus di bilancio. Al contrario: i due Paesi utilizzarono tutta la vasta casistica dei metodi rapidi. L’inflazione, molto alta su entrambe le sponde del Reno fra il 1945 e il 1950, fu l’elemento centrale.
Alla Liberazione, la Francia introdusse anche un’imposta eccezionale sui capitali privati, che arrivava al 25 per cento sui patrimoni più alti e addirittura al 100 per cento per gli arricchimenti più significativi avvenuti tra il 1940 e il 1945. I due Paesi ricorsero anche a forme diverse di “ristrutturazioni del debito”, definizione tecnica utilizzata dagli esperti di finanza per indicare l’annullamento puro e semplice, totale o parziale, del debito (si parla anche, più prosaicamente, di haircut, sforbiciata): per esempio in occasione dei famosi accordi di Londra del 1953, dove fu annullato il grosso del debito estero tedesco. Furono questi metodi rapidi di riduzione del debito — e in particolare l’inflazione — che permisero alla Francia e alla Germania di lanciarsi nella ricostruzione e nella crescita del dopoguerra senza questo fardello. È grazie a ciò se i due Paesi negli anni ‘50 e ‘60 furono in grado di investire nelle infrastrutture, nell’istruzione e nello sviluppo economico. E sono proprio questi due Paesi che adesso spiegano al Sud dell’Europa che il debito pubblico va rimborsato fino all’ultimo euro, senza inflazione e senza misure eccezionali.
Attualmente la Grecia avrebbe un lieve avanzo primario: in altre parole, i greci pagano di tasse leggermente più di quello che ricevono sotto forma di spesa pubblica. Secondo gli accordi europei del 2012, la Grecia dovrebbe mantenere per decenni un avanzo colossale del 4 per cento del Pil per rimborsare i suoi debiti. Si tratta di una strategia assurda, che la Francia e la Germania, per nostra grande fortuna, non hanno mai applicato a loro stesse.
In questa incredibile amnesia storica, la Germania porta chiaramente una pesante responsabilità. Ma simili decisioni non avrebbero mai potuto essere adottate se la Francia si fosse opposta. I governi francesi che si sono succeduti, di destra e poi di sinistra, si sono dimostrati incapaci di valutare adeguatamente la situazione e proporre un’autentica rifondazione democratica dell’Europa.
Con il loro miope egoismo, la Germania e la Francia maltrattano il Sud dell’Europa, e al tempo stesso si maltrattano da sole. Con un debito pubblico che si avvicina al 100 per cento del Pil, un’inflazione nulla e una crescita fiacca, questi due Paesi impiegheranno anch’essi decenni prima di ritrovare la capacità di agire e investire nel futuro. La cosa più assurda è che i debiti europei del 2015 sono essenzialmente debiti interni, come peraltro quelli del 1945. Certo, la quota di titoli di Stato detenuta da altri Paesi dell’Eurozona ha raggiunto proporzioni senza precedenti: i risparmiatori delle banche francesi detengono una parte del debito tedesco e italiano; le istituzioni finanziarie tedesche e italiane possiedono una bella fetta del debito francese; e via discorrendo. Ma se si guarda alla zona euro in generale, allora possiamo dire che il debito è tutto nelle nostre mani. Non solo: deteniamo più attività finanziarie noi fuori dalla zona euro che il resto del mondo nella zona euro.
Invece di impiegare decenni per rimborsare il nostro debito a noi stessi, spetta a noi, e a noi soltanto, organizzarci in un altro modo. ( Traduzione di Fabio Galimberti)

la Repubblica, 9 maggio 2015

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