La posizione del missionario

02 Mag 2015

Marco Travaglio

Siccome, come diceva Karl Marx, le tragedie della storia tendono a ripetersi, ma in forma di farsa, la miglior descrizione del miserando squagliarsi della cosiddetta “opposizione interna” al Pd è “La rivolta dei santi maledetti” di Curzio Malaparte sulla rotta di Caporetto: “Fuggivano gli imboscati, i comandi, le clientele ,fuggivano gli adoratori dell’eroismo altrui, i fabbricanti di belle parole, i decorati della zona temperata, i cantinieri, i giornalisti, fuggivano i napoleoni degli Stati Maggiori, gli organizzatori delle difese arretrate, i monopolizzatori dell’eroismo degli angoli morti e delle retrovie, decisi a tutto fuorché al sacrificio, fuggivano gli

ParlamentoSiccome, come diceva Karl Marx, le tragedie della storia tendono a ripetersi, ma in forma di farsa, la miglior descrizione del miserando squagliarsi della cosiddetta “opposizione interna” al Pd è “La rivolta dei santi maledetti” di Curzio Malaparte sulla rotta di Caporetto: “Fuggivano gli imboscati, i comandi, le clientele ,fuggivano gli adoratori dell’eroismo altrui, i fabbricanti di belle parole, i decorati della zona temperata, i cantinieri, i giornalisti, fuggivano i napoleoni degli Stati Maggiori, gli organizzatori delle difese arretrate, i monopolizzatori dell’eroismo degli angoli morti e delle retrovie, decisi a tutto fuorché al sacrificio, fuggivano gli ammiratori del fante, i dispensatori di oleografie e di cartoline illustrate, gli snob della guerra, gli ‘imbottitori di crani’, gli avvocati e i letterati dei comandi, i preti del Quartier Generale e gli ufficiali d’ordinanza, fuggivano i ‘roditori ’della guerra, i fornitori di carne andata a male e di paglia putrefatta, i buoni borghesi quarantotteschi che non volevano dare asilo al fante perché portava in casa pidocchi e cenci da lavare e parlavano del Re come del ‘primo soldato d’Italia’, fuggivano tutti in una miserabile confusione, in un intrico di paura, di carri, di meschinerie, di fagotti, di egoismi, e di suppellettili, fuggivano tutti imprecando ai vigliacchi e ai traditori che non volevano più combattere farsi ammazzare per loro”.

Mutatis mutandis, sostituendo le trincee con gli scranni vellutati e solitamente deserti di Montecitorio, i fanti contadini con i pingui deputati da 18 mila euro al mese, il pericolo di morte col rischio di poltrona, non c’è migliore ritratto della disfatta che va in scena ogni giorno a Montecitorio, fra proclami tonitruanti e bellicosi in tv e fughe di massa al momento delle votazioni in aula. I cittadini, ma soprattutto i militanti ingenui che confidavano in un sussulto di dignità e coerenza dai vari Bersani, Cuperlo, Letta, Bindi, Damiano, persino Speranza e Fassina, hanno visto in tv le desolanti scritte sul tabellone luminoso dell’aula: “Bersani non ha risposto”, “Cuperlo non ha risposto”, “Letta non ha risposto”.

C’è financo chi, come Epifani e Speranza, prima ha parlato in aula contro l’Italicum e la fiducia, poi si è smaterializzato ed è evaporato per non votare contro. I due risultavano “in missione”. Una missione tanto improvvisa quanto imprecisata: dove sarebbe questa missione? E chi ce li ha mandati? E perché? E dove, poi, di grazia? Alla toilette? Alla buvette? In sala fumatori? O a nascondersi in un posto sperduto? Dopo i giustamente vituperati Responsabili di Berlusconi, abbiamo i Missionari di Renzi. La loro posizione, nel kamasutra politichese, è nota: dicono sempre No, ma votano sempre Sì. O i più coraggiosi, in un soprassalto di temerarietà, dopo aver ingoiato tre o quattro bistecche di tigre, escono dall’aula e si danno. E poi pigolano scuse puerili, balbettano supercazzole: la ditta, la governabilità, l’ultima mediazione, il senso di responsabilità. L’altra sera a Lineanotte il fantasma di Damiano spiegava che lui, sì, sarebbe contro l’Italicum, ma ha votato pro perché “ben altre sono le battaglie da fare: per esempio sul Jobs Act”. Giusto: i problemi sono sempre ben altri. A proposito: lui aveva votato Sì anche al Jobs Act.

Renzi li conosce ormai a menadito uno per uno: gli fa “buh” e poi aspetta. Nel giro di un paio di giorni arrivano tutti, alla spicciolata, camminando sulle ginocchia. Risultato finale dei 120-130 impavidi bersanian-cuperlian-lettiani sull’Italicum: zero No, 38 fuggiaschi, una novantina di convertiti last minute al renzismo. Tengono famiglia, corrono subito tutti tremanti da mammà, e ora sperano di far la guerra per procura: vedi mai che Mattarella non firmi o che la Consulta bocci. “Pretendono di fare le barricate con i mobili degli altri”, come diceva Longanesi. Un suicidio di massa da setta americana, in cambio di un posticino di capolista bloccato e dunque sicuro alle prossime elezioni. Così, almeno, s’illudono che vada a finire. Non hanno ancora capito che Renzi non solo li detesta, ma li disprezza pure. Al momento buono li farà fuori tutti, non potendosi certo fidare di chi non tiene fede neppure alla parola data a se stesso. E sarà meglio per tutti: al posto di queste anime morte, potrebbe persino venir fuori una classe politica che non ha nulla da perdere, ricatti da subire, pedaggi da pagare.

Noi cittadini, che ce ne infischiamo della coesione della Ditta e dell’unità del Partito, ma vorremmo solo tornare a eleggere i parlamentari con un sistema normale e decente, non ci meritiamo né Renzi né i suoi cosiddetti avversari: gli imboscati, i comandi, le clientele, gli adoratori dell’eroismo altrui, i fabbricanti di belle parole, i decorati della zona temperata, i cantinieri, i napoleoni degli Stati Maggiori, gli organizzatori delle difese arretrate, i monopolizzatori dell’eroismo degli angoli morti e delle retrovie, i dispensatori di oleografie e di cartoline illustrate, gli snob, gli imbotti-tori di crani, gli avvocati e i letterati dei comandi, i preti del Quartier Generale e gli ufficiali d’ordinanza, i ‘roditori’ e i fornitori di carne andata a male e di paglia putrefatta che ora fuggono in questo miserabile intrico di paura, di carri, di meschine-rie, di fagotti, di egoismi, e di suppellettili, imprecando ai vigliacchi e ai traditori che non vogliono più combattere farsi ammazzare per loro. Sono loro che si meritano a vicenda.

Il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2015

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