Il Vaffanculicum di Renzi e la robbbetta di opposizione

30 Apr 2015

Sulla legge elettorale “Italicum” (che la Boschi della vignetta del geniale Mannelli su Fatto quotidiano ribattezza “Vaffanculicum”) Matteo Renzi va allo scontro frontale.

Quando stampa e tv non siano totalmente plaudenti, due tamburellanti interrogativi caratterizzano i commenti: perché il Premier cerca questo “scontro finale” su un tema che interessa poco e niente alla stragrande maggioranza degli italiani? E fare dell’Italicum/Vaffanculicum una sorta di piccolo armageddon della politica nostrana è segno di forza o di debolezza?

Sulla legge elettorale “Italicum” (che la Boschi della vignetta del geniale Mannelli su Fatto quotidiano ribattezza “Vaffanculicum”) Matteo Renzi va allo scontro frontale.

Quando stampa e tv non siano totalmente plaudenti, due tamburellanti interrogativi caratterizzano i commenti: perché il Premier cerca questo “scontro finale” su un tema che interessa poco e niente alla stragrande maggioranza degli italiani? E fare dell’Italicum/Vaffanculicum una sorta di piccolo armageddon della politica nostrana è segno di forza o di debolezza?

Sul primo punto la risposta è facilissima: Renzi cerca la battaglia campale su un tema i cui contenuti non interessano, e quindi sfuggono ai più, proprio per questo: che sarà vissuta come una battaglia in cui i contenuti contano pressoché zero, e dunque per i cittadini conteranno solo le “posture” e le “virtù” che in tale battaglia si manifesteranno: la coerenza dei propositi contro la tradizione delle lungaggini, l’energia contro la palude, il nuovo contro il vecchio, la riforma contro la conservazione, il coraggio di rischiare contro la vocazione a rassicuranti compromessi, ecc. Insomma la durlindana rottamatrice contro la melmosità delle nomenklature.

Renzi perciò ne uscirà benissimo, vinca o perda (molto probabilmente vince). Tanto più che i suoi antagonisti nel centro-sinistra sono giganti della tempra di Bersani e Letta, D’Alema e Bindi, e infine Speranza (vi rendete conto?!), robbbetta che nessuno che abbia residui di lucidità può prendere minimamente sul serio, e la cui rottamazione resta una delle “gesta” che hanno fornito a Renzi il suo primigenio patrimonio di credibilità e consensi.

Altra cosa sarebbe stata se nel centro-sinistra l’opposizione si fosse manifestata in modo netto e coerente (al momento di ogni voto) su tutte le questioni cruciali, a cominciare dal problema del problema, la giustizia, e con esso quello dei media (e la legge bavaglio che li connette), e insomma fosse stata frontale fin dall’inizio, visto che il disegno di Renzi era evidente e organico. Ma un’opposizione capace di fare questo non sarebbe stata capace, quando era al governo (per quasi otto anni, in epoca berlusconiana) di tutto il miserrimo cabotaggio, e il berlusconismo di risulta, e la mimesi di corruzione, e insomma sarebbe stata una cosa completamente diversa fatta da persone completamente diverse. Mentre la robbbetta questo era in grado di dare, al governo e all’opposizione: in termini di libertà e giustizia, anche in dosi omeopatiche, il nulla.

A questo punto è chiaro che l’armageddon formato twitter che vuole realizzare Renzi è una prova di forza, non di debolezza. Una prova con un margine di rischio, ovviamente, ma una prova di forza. E’ il compimento della rottamazione. Ottenuta in una sola mossa insieme a una trasformazione strutturale che rende l’esecutivo padrone dell’intera vita politica del paese: un regime plebiscitario di minoranza, dove con un terzo dei voti, e se le altre forze sono divise, si controlla il parlamento manu militari, si nominano tutti gli organismi di garanzia, si domina la tv di Stato, insomma si fa il bello e il cattivo tempo senza “lacci e lacciuoli”.

Il berlusconismo realizzato. Grazie a quanti (la famosa robbbetta e anche qualcuno in più) hanno per anni e anni stigmatizzato come estremista chi combatteva senza transigere il regime di Arcore, hanno addirittura considerato “demonizzazione” e fanatismo l’uso del termine regime, e si sono dati voluttuosamente a ogni genere di inciucio, spacciandolo per genialità strategica e convincendo non pochi guru-gonzi del sistema mediatico e di “opinione”.

Oggi siamo una non-democrazia senza opposizione, e quelle che passano per tale sono talvolta mero fascismo e/o razzismo rimpannucciato (Salvini, Meloni, ecc.), o pezzi di nomenklatura di finta sinistra non certo migliore della robbbetta (Vendola & Co). Resta il M5S, con le stranote contraddizioni, volatilità, dogmatismi, irrazionalità esoteriche, ma anche passione civile della base.

Motivi di speranza pochi, dunque. Pochissimi. A incrementarli può esserci solo l’inventiva e le iniziative concrete che ciascuno di noi saprà costruire, per quanto in apparenza isolate e impotenti, senza aspettare che “arrivi” da chissà dove un nuovo strumento di azione politica di massa.

MicroMega online, 29 aprile 2015

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