Ora però basta

25 Apr 2015

Marco Travaglio

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che è lì per governare, non per cambiare la Costituzione, dichiaratamente con la riforma del Senato e surrettiziamente con l’Italicum. Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che le leggi elettorali non le modificano i governi e le loro maggioranze (specie se inesistenti come la sua, che sta in piedi solo grazie al premio di maggioranza del Porcellum abrogato dalla Corte costituzionale), ma i Parlamenti, con maggioranze possibilmente più ampie.

travaglioCi vuole qualcuno che ricordi a Renzi che è lì per governare, non per cambiare la Costituzione, dichiaratamente con la riforma del Senato e surrettiziamente con l’Italicum. Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che le leggi elettorali non le modificano i governi e le loro maggioranze (specie se inesistenti come la sua, che sta in piedi solo grazie al premio di maggioranza del Porcellum abrogato dalla Corte costituzionale), ma i Parlamenti, con maggioranze possibilmente più ampie.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che sia lui sia i suoi ministri hanno prestato questo giuramento nelle mani del capo dello Stato: “Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione…”. La Costituzione del 1948, non quella che hanno in mente lui e Verdini.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che il suo consulente per l’Italicum, il professor Roberto D’Alimonte, ha candidamente confessato ciò che molti giuristi, anche su questo giornale, vanno sostenendo da tempo: “In realtà questo sistema elettorale introduce l’elezione diretta del capo del governo”. Cioè non si limita a cambiare le tecniche di voto, ma modifica i rapporti fra il governo e il Parlamento. Di fatto, trasforma l’Italia in una Repubblica presidenziale senza toccare la Costituzione, che invece è costruita intorno alla Repubblica parlamentare, dove la sovranità appartiene al popolo ed è affidata per delega alle due Camere: non al governo, né tantomeno al suo capo.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi il comma 4 dell’art. 72 della Costituzione: “La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale”; il che sembra escludere il ricorso alla fiducia, che strozza il dibattito, blocca gli emendamenti e coarta la libertà dei parlamentari.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi l’art.67 della Costituzione: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Sostituire con 10 fedelissimi altrettanti deputati Pd in commissione Affari costituzionali perché non obbediscono ai suoi ordini e minacciano di votare secondo coscienza è un tradimento della Carta. Specie se il mandato che hanno ricevuto dagli elettori, il 25-26 febbraio 2013, non prevedeva alcuna riforma elettorale simile all’Italicum, ma al contrario il superamento del Parlamento dei nominati con un sistema che restituisse la parola ai cittadini.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi ciò che diceva il centrosinistra quando, nel 2005, il governo Berlusconi impose a colpi di maggioranza (ma senza fiducia)la controriforma costituzionale “Devolution” e poi quella elettorale “Porcellum”, e in particolare ciò che disse alla Camera il 20-10-2005 il deputato della Margherita Sergio Mattarella: “Oggi voi del governo e della maggioranza vi state facendo la vostra Costituzione, avete escluso di discutere con l’opposizione, siete andati avanti solo per non far cadere il governo, ma le istituzioni sono di tutti, della maggioranza e dell’opposizione”.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che porre la questione di fiducia sull’Italicum è un ricatto al Parlamento. E porla sulle pregiudiziali di costituzionalità è un abuso inaudito per impedire alla Camera di ravvisare eventuali profili incostituzionali della legge: infatti nella storia repubblicana i precedenti sono soltanto due, risalgono al 1980 e non riguardano leggi elettorali.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che le repubbliche presidenziali prevedono robusti contrappesi allo strapotere del presidente della Repubblica-capo del governo. Negli Usa e in Francia accade sovente che il presidente sia di un colore e la maggioranza parlamentare del colore opposto. Nulla di tutto ciò è previsto nel premierato presidenzialista che esce dal combinato disposto Italicum-nuovo Senato. Che, anzi, consegna al capo del governo e del primo partito il controllo assoluto della gran parte dei parlamentari, non più scelti dai cittadini ma nominati con i trucchetti dei capilista bloccati (Camera) e dei consiglieri regionali e sindaci cooptati (Senato).

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che un’emergenza umanitaria come l’esodo biblico di decine di migliaia di cittadini in fuga dalle guerre del Medioriente e dell’Africa non può essere affrontata come un problema di ordine pubblico con strumenti militar-polizieschi (peraltro spuntati, come i nostri droni da ricognizione Predator di fabbricazione Usa, che per fortuna sono disarmati e necessitano di riconversione a scopi bellici, previa autorizzazione americana, tempo previsto almeno un anno).

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che, al di là della propaganda elettorale, le sue recenti missioni a Washington e a Bruxelles spacciate per strepitosi successi hanno ottenuto risultati vicini allo zero: Obama non l’ha autorizzato ad armare i droni, ha respinto le richieste di un coinvolgimento Usa nel Mediterraneo e in Libia e gli ha chiesto di prolungare la missione militare italiana in Afghanistan; e l’Ue ha rinviato ogni decisione seria a data da destinarsi.

Ci vuole qualcuno che ricordi a Renzi che perseverare nell’operazione Triton che ha aumentato di 1700 unità i morti nel Mediterraneo nei primi tre mesi e mezzo del 2014, per risparmiare 30 milioni, anziché ripristinare subito la missione Mare Nostrum che salvava più vite perché si proponeva non solo la difesa dei sacri confini, ma anche il recupero e il salvataggio dei migranti, si chiama “strage di Stato”.

L’unico che può, e forse deve, ricordare a Renzi tutte queste cose si chiama Sergio Mattarella.

Il Fatto Quotidiano, 25 aprile 2015

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