Un laboratorio di idee per la tutela del bene comune e un’incubatrice di capitale sociale

Come candidato alla Presidenza di Libertà e Giustizia ricevo il testimone da Sandra Bonsanti, che ringrazio di cuore per il lavoro straordinario degli ultimi tredici anni. Anni che hanno visto l’Associazione crescere e svolgere una funzione cruciale di resistenza civile in tempi difficili per il nostro paese. In continuità con questo percorso, di cui possiamo andare fieri, conto di apprendere strada facendo, grazie al sostegno degli organi dirigenti e dei soci tutti, come ricoprire al meglio delle mie possibilità questo incarico.

Se dovessi descrivere le linee di azione e l’identità dell’Associazione che ho in mente potrei limitarmi a dire che è una libera unione di cittadini che lavorano assieme all’elaborazione di strumenti culturali per il …

Come candidato alla Presidenza di Libertà e Giustizia ricevo il testimone da Sandra Bonsanti, che ringrazio di cuore per il lavoro straordinario degli ultimi tredici anni. Anni che hanno visto l’Associazione crescere e svolgere una funzione cruciale di resistenza civile in tempi difficili per il nostro paese. In continuità con questo percorso, di cui possiamo andare fieri, conto di apprendere strada facendo, grazie al sostegno degli organi dirigenti e dei soci tutti, come ricoprire al meglio delle mie possibilità questo incarico.

Se dovessi descrivere le linee di azione e l’identità dell’Associazione che ho in mente potrei limitarmi a dire che è una libera unione di cittadini che lavorano assieme all’elaborazione di strumenti culturali per il cambiamento del paese, un luogo di discussione serena, l’anello mancante tra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica. Non è un partito, non vuole diventarlo e non punta a sostituire i partiti, ma a dare un senso positivo all’insoddisfazione verso i partiti.

Non è un programma originale: sono parole prese a prestito dal Manifesto costitutivo dell’Associazione Libertà e Giustizia del novembre 2002. Un programma che oggi mantiene intatta la sua attualità. Purtroppo il tempo trascorso sembra aver contribuito soprattutto ad accrescere il malcontento verso la politica e il discredito delle istituzioni. Per questo l’azione di LeG appare oggi, se possibile, ancora più importante.

Proverò allora a riassumere in pochi punti gli elementi su cui dovremo a mio giudizio concentrare il nostro impegno futuro. L’Associazione deve continuare ad essere un laboratorio di idee per la tutela del bene comune, un luogo aperto di incontro e di libero dibattito per la formazione e diffusione di una cultura politica “alta”, che ha a cuore le esigenze comuni della vita collettiva. Troppi nostri concittadini si sentono schiacciati da un potere pubblico distante, a tratti respingente se non ostile – anche nel linguaggio utilizzato per frustrare aspettative legittime e deprivare di diritti – e trovano il loro posto nella disillusione o nell’acquiescenza. Come sede di formazione e di promozione di una cultura politica e civile di profilo alto, l’Associazione deve trovare occasioni e modalità di incontro e confronto con i cittadini utilizzando forme di comunicazione che, senza rinunciare al rigore dell’analisi,  siano idonee a rendere comprensibili la sostanza del dibattito e le idee, e dunque a tradursi in riflessione critica e proposta politica.

Per questo occorre sforzarci di dare un contenuto puntuale, esprimibile in strumenti pratici di intervento e di riforma, alla nozione di bene comune. Sono beni comuni le risorse e i diritti formalmente riconosciuti a tutti i cittadini su basi universalistiche che però – in assenza di un impegno forte delle istituzioni pubbliche o di una capacità di auto-regolazione della comunità – sono esposti al rischio di essere depredati a vantaggio di pochi, tramite una “privatizzazione” di fatto o di diritto, così come al pericolo di sovra-sfruttamento, degrado, distruzione. Possiamo pensare in termini di beni comuni alle risorse ambientali, culturali e paesaggistiche, alla scuola e a tutti gli altri servizi pubblici, ai diritti sociali, civili e politici garantiti dalla nostra Costituzione. E’ evidente che la qualità della vita collettiva dipende in modo decisivo dalla capacità di sviluppare e consolidare meccanismi di tutela dei beni comuni.

Se dovessi darne una definizione sintetica, a mio avviso è necessario che l’Associazione diventi sempre più un’incubatrice di capitale sociale, perché proprio la debolezza dei legami fiduciari fondati sull’impegno civile rappresenta la radice più profonda dei processi paralleli di deterioramento e di privatizzazione – spesso occulta, come accade nelle vicende di corruzione – dei beni comuni. Il capitale sociale che dobbiamo costruire apre confini e getta ponti tra identità e realtà associative diverse, si fonda sulla fiducia orizzontale e sulla “fede pubblica”, mira a rafforzare quelle norme che regolano la convivenza pacifica e ad ampliare le reti di associazionismo civico. In altre parole, aspira a valorizzare tutti quegli elementi che migliorano la qualità della vita civile, incoraggiando solidarietà diffuse attraverso la partecipazione a iniziative comuni. In questa prospettiva leggo lo stesso coinvolgimento dell’Associazione nell’esperienza in divenire della coalizione sociale, un movimento che risponde precisamente all’esigenza di favorire l’incontro e la cooperazione con altre realtà associative e cittadini che già sono attivi in questo campo, per mettere in comune competenze e pratiche sui temi di interesse collettivo.

Questi percorsi sono destinati a produrre risultati in un orizzonte di lungo periodo, ma anche a preparare fin d’ora il terreno per un impegno condiviso nella contrapposizione ai rischi di una svolta autoritaria, secondo la strada già tracciata da La Via Maestra. Si va infatti delineando un progetto complessivo che ridisegna l’architettura costituzionale e introduce meccanismi di scelta della classe politica e di gestione della cosa pubblica in settori cruciali – dalla televisione alla scuola– secondo un modello di matrice gerarchico-aziendalistica, coerente con un “tempo esecutivo” entro il quale il conservatorismo di fondo dei decisori si dissimula dietro una patina efficientista, e rischia di porsi al servizio di grumi di potere opaco e irresponsabile. Le preoccupazioni per la forzatura rilevabile nei contenuti e nelle modalità attraverso cui si promuove una sollecita per quanto miope approvazione di tali riforme legittimano la posizione fortemente critica dell’Associazione, che va comunque esercitata con quell’approccio propositivo e aperto al confronto  che da sempre la contraddistingue.

Di qui anche l’importanza centrale che nell’Associazione debbono rivestire i Circoli, da sempre luogo di dibattito culturale e di formazione civile sul territorio. Mi impegnerò affinché i Circoli riescano a incrementare nel tempo la loro presenza e capacità d’azione, esercitando anche una funzione di presidio di legalità costituzionale rispetto ai loro interlocutori istituzionali ai diversi livelli di governo.

Mi  permetto in questa sede di avanzare già una proposta su cui lavorare assieme nei mesi a venire. Occorre diffondere la conoscenza e fare pressione sugli enti locali affinché adottino  codici di condotta per una buona politica, sul modello della Carta di Avviso Pubblico. Per questa via si possono infatti rivitalizzare i circuiti di partecipazione democratica, ricostruendo un tessuto di fiducia pubblica, grazie all’adozione di disposizioni capaci di scongiurare il discredito gettato sulle istituzioni dal “disonore” di amministratori pubblici rinviati a giudizio per reati infamanti che rimangono al loro posto, o che incassano – magari facendosi schermo di pseudo-fondazioni –lauti finanziamenti da portatori di interessi privati cui poi assegneranno contratti, concessioni o altre prebende, o che accettano da questi regali e favori per sé o per congiunti. Ma la buona politica non può che nascere dal basso: dietro un politico che abusa del suo potere c’è un cittadino che chiede una raccomandazione oppure offre una tangente, dietro un candidato che compra un voto c’è un elettore disposto a venderlo. Un’amministrazione pubblica integra e responsabile richiede una cittadinanza attiva, informata e consapevole. L’Associazione potrebbe allora farsi promotrice di un naturale complemento del codice etico per gli amministratori pubblici, elaborando e sostenendo l’adozione di una Carta etica del buon cittadino, un testo in cui i doveri di co-responsabilità dei cittadini nei confronti dei loro amministratori siano enunciati e sottoscrittipubblicamente.

L’ultimo punto che vorrei toccare è forse il più importante. Occorre moltiplicare l’impegno dell’Associazione nelle scuole, che sono la sede primaria di formazione politica – in senso alto – dei nuovi cittadini e di consapevolezza nella conoscenza dei propri diritti e doveri. Possiamo pensare ad ampliare la platea dei possibili relatori degli incontri organizzati nelle scuole, ma anche e soprattutto a innovare le tecniche di comunicazione e di coinvolgimento degli studenti nei progetti di volta in volta elaborati e proposti. In questo abbiamo già uno straordinario esempio, da portare come fiore all’occhiello dell’Associazione e da imitare ove possibile. Parlo del progetto “Piccolo atlante della corruzione”, che al suo secondo anno ha già coinvolto decine di scuole e di docenti in tre regioni d’Italia, ma soprattutto è divenuto una pratica di cittadinanza, perché ha visto oltre un migliaio di studenti attivarsi in prima persona nell’elaborazione di un percorso autonomo di formazione sul tema della presenza di forme di corruzione e di illegalità nel proprio territorio, che li ha portati a confrontarsi coi familiari e concittadini – cui è stato sottoposto un questionario – con la magistratura, con i giornalisti e i rappresentanti delle istituzioni, trasformandosi da ultimo in “docenti” nella presentazione e diffusione, attraverso la pubblicazione di un piccolo volume, dei risultati conseguiti nella loro ricerca.

Nel rilevare il rischio di un declino del capitale sociale e di un conseguente impoverirsi dei processi democratici, il politologo Robert Putnam ha denunciato come negli ultimi anni la partecipazione politica sia fondata sempre più sul libretto degli assegni: i soldi rimpiazzano il tempo. L’Associazione si contrappone radicalmente a questo processo con la sua stessa esistenza, perché è animata da cittadini che hanno scelto liberamente di dedicare il proprio tempo, capacità e passione alla causa del bene comune. Il ruolo di chi la dirige, vista la natura policentrica che il nostro assetto organizzativo viene assumendo, non può che essere sempre più simile a quello di chi si limita a coordinare e orientare questo percorso comune. Con umiltà e senso di responsabilità accetto questa candidatura, trovando nelle parole di don Luigi Ciotti sulla necessità di porre il noi al posto dell’io il senso più profondo dell’impegno che intendo condividere con voi all’interno della nostra Associazione.

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