«L’istruzione al centro» per uscire dalla crisi. L’educazione come «motore dello sviluppo». E l’edilizia scolastica da cui ripartire se no «non andiamo da nessuna parte», perché «investire nella scuola vuol dire investire nella legalità e nella giustizia». Ha cominciato a dirlo non appena nominato premier, Matteo Renzi, che la cifra del suo governo doveva essere una grande attenzione per la scuola, «madre di tutte le battaglie»: e allora via con l’annuncio, già nel discorso di insediamento, di un «programma straordinario nell’edilizia scolastica»; di una scuola da visitare, come ogni buon sindaco (d’Italia) ogni mercoledì (da Treviso a Siracusa a Scalea a Palermo, poi, a dire il vero, pian piano le visite si sono diradate); di un’unità di missione per l’edilizia scolastica istituita a Palazzo Chigi. E chissà allora come avrà reagito ieri, alla notizia del crollo dell’intonaco alla scuola «Pessina» di Ostuni, lì dove i lavori di ristrutturazione sono pure stati fatti, ma evidentemente senza gran cura, e con i calcinacci sono piovute le critiche delle opposizioni al suo governo, che «il tempo degli spot di Renzi è giunto al capolinea» (i parlamentari M5S) e «Renzi va avanti a slogan» (Carfagna).
Ha un bel da sgolarsi il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone che «noi siamo parte lesa», che il governo «dà i soldi, ma se poi sono spesi male o non vengono fatti i controlli» il problema è da accertare altrove, che il ministero non può mettersi a fare in prima persona controlli in migliaia di scuole. Le quali, spesso, non partono in buone condizioni: il 22 aprile sarà presentata l’anagrafe sull’edilizia scolastica, «ed emergerà una situazione veramente dura», anticipa Faraone. Nessuna scarsa attenzione del governo, insiste: «Domani (oggi, ndr) andrò a Ostuni per cercare di capire cosa è successo. Accerteremo le responsabilità e chi ha sbagliato pagherà». Anzi, nessun altro governo prima, dice, aveva investito tanto: una serie di slide colorate del ministero parlano di quasi 4 miliardi finali tra stanziamenti, fondi Pon e Por, sblocco del patto di stabilità, mutui della Banca europea degli investimenti. Ma proprio sulle cifre obiettano Sel e Carfagna, che parlano invece di un taglio di 489 milioni all’edilizia scolastica contenuto nel Def, decisamente negato da Faraone, «non ci sarà», giura.
Soldi da investire e riforme per ridisegnare il settore. Perché oltre ai cantieri dell’edilizia scolastica, nel piano Renzi c’è la riforma complessiva del sistema dell’istruzione, la «Buona scuola». «Vogliamo riuscire ad approvarla definitivamente entro l’inizio di giugno», si ripromettono dalle parti di Renzi con un certo ottimismo: a un mese da quando è passata in Consiglio dei ministri, l’esame del testo in Commissione è appena iniziato.
La Stampa, 14 aprile 2015
Quanti bei progetti, a partire dagli investimenti in edilizia scolastica, non si capisce bene con quali soldi. Mi colpisce la “buona scuola”: chi è che, presentando una riforma della scuola, la chiamerebbe “scuola cattiva” o “scuola così così” o “scuola si fa quel che si può”?
E così avremo l’ennesima riforma della scuola, basata non tanto sugli obiettivi da raggiungere da parte dell’istituzione che rimangano validi nel corso degli anni, ma sulle necessità del momento, informatica, inglese, stages nelle aziende. Vi ricorda qualcosa? a me sì: la fortunatamente abortita (o quasi) riforma Moratti, la scuola delle tre i.
E soprattutto la valutazione: i docenti devono essere valutati, in modo da potere istituire un sistema premiante che funzioni in base a criteri oggettivi al posto del demotivante sistema attuale che appiattisce le retribuzioni per tutti, buoni e cattivi, lavoratori e fannulloni, sessantottini (che peraltro ormai dovrebbero essere tutti in pensione) e altri. Sarà interessante capire quali saranno i criteri della valutazione e verificarne la reale oggettività. Ma non voglio avere pregiudizi: aspetterò con pazienza, sperando sempre che le prove Invalsi vengano mandate alle riciclerie della carta, dove meritano di stare.
Ma è bella tutta questa attenzione al mondo della scuola, chissà quanto veritiera. Eppure la verifica sarebbe estremamente semplice: basterebbe controllare la presenza di un rotolo di carta igienica in ogni bagno di ogni scuola del territorio nazionale. Ma perché preoccuparsi di una cosa così banale, direte voi. Semplice: perché se lo Stato non è in grado di fare una cosa così banale, come possiamo pensare che riesca a modificare la struttura e intervenire in modo efficace sull’edilizia? Ma perché preoccuparsi della carta igienica nei bagni, quando dalla scuola escono masse di ignoranti, direte voi. Semplice: perché uno degli obiettivi della scuola è la formazione, e la carta igienica nei bagni significa rispetto per le norme del vivere civile. E una scuola che non è in grado di insegnare il rispetto per il vivere civile, come possiamo pensare che formi i cittadini di domani?