Tortura, ci vuole una legge che la punisca

08 Apr 2015

Per responsabilità dei governi che si sono succeduti dal 2001 a ora, la carriera di diversi responsabili della direzione delle operazioni non ha subito l’arresto che la gravità dei fatti e delle responsabilità avrebbe richiesto. La responsabilità dei dirigenti è stata ignorata e si è anzi assistito a incredibili promozioni. In proposito la Corte europea aveva chiesto informazioni sulle misure prese, ma dal governo non ha nemmeno ricevuto risposta.

DiazRiferendosi all’aggressione della polizia contro i tanti che si erano rifugiati per la notte nella scuola Diaz, la Corte d’appello di Genova, nella sentenza che la Cassazione ha poi confermato, aveva parlato di «tradimento della fedeltà ai doveri assunti nei confronti della comunità civile» e di «enormità dei fatti che hanno portato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero». E tuttavia per le violenze nessuno è stato punito, poiché i reati si sono prescritti. Come era prevedibile è ora giunta la grave condanna della Corte europea dei diritti umani. La polizia alla scuola Diaz commise atti di tortura e lo Stato ha poi mancato al suo dovere di identificare e punire i responsabili. E’ la prima volta che l’Italia è condannata per tortura. Si tratta della più grave e umiliante delle condanne. All’epoca la reazione politica fu formale, di facciata. Il Parlamento svolse una rapida indagine conoscitiva, senza conseguenze. Per responsabilità dei governi che si sono succeduti dal 2001 a ora, la carriera di diversi responsabili della direzione delle operazioni non ha subito l’arresto che la gravità dei fatti e delle responsabilità avrebbe richiesto. La responsabilità dei dirigenti è stata ignorata e si è anzi assistito a incredibili promozioni. In proposito la Corte europea aveva chiesto informazioni sulle misure prese, ma dal governo non ha nemmeno ricevuto risposta.

La Corte ha formalmente deplorato che «la polizia italiana abbia potuto impunemente rifiutare  di fornire alle autorità competenti la cooperazione necessaria all’identificazione degli agenti da sottoporre all’indagine per gli atti di tortura». Mentre nessun rilievo è stato sollevato nei confronti  dell’azione della magistratura, la Corte europea ha descritto la condotta di governi e polizia che  hanno minimizzato e coperto le responsabilità per le torture. L’Italia tuttora si sottrae all’obbligo internazionale che essa ha assunto fin dal 1989 di punire la tortura per quello che essa è, uno dei più gravi delitti di cui l’autorità pubblica possa rendersi colpevole. Alle sollecitazioni del Comitato europeo contro la tortura, i governi italiani hanno sempre risposto che in realtà il codice penale punisce le percosse, le lesioni, le ingiurie, le violenze nei confronti degli arrestati.

Vero e falso al tempo stesso. Ed anche una bugia dalle gambe corte, cui governi seri non dovrebbero ricorrere. Perché si tratta di reati puniti lievemente, che si prescrivono facilmente, cosicché la loro punizione è finta (come anche questa volta è accaduto). E la Corte europea non ha creduto all’inganno. Progetti di legge si sono susseguiti. Ancor ora il Parlamento non ne ha approvato alcuno. Ha avuto corso la tesi che offenda le forze di polizia anche solo ipotizzare che esse possano rendersene responsabili. E invece dopo i giudici italiani, ora anche l’Europa dei diritti umani attesta che la tortura esiste e ordina all’Italia di contrastarla e punirla, invece di tollerarla.

 

La Stampa,  8 aprile 2015

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