Solo il giudice puo’ valutare i nastri. I giornalisti? La Ue li vuole liberi

Spataro

Intercettazioni care? «Balle colossali». Intercettazioni penalmente rilevanti? «Possono deciderlo solo i giudici». La cassaforte degli ascolti? «Non ci credo affatto». Bavaglio alla stampa?  «Strasburgo dice che il giornalista d’inchiesta è più libero». Il procuratore di Torino Armando  Spataro affronta con Repubblica i nodi più delicati del dossier.

 

Ci chiarisce subito un dubbio: è vero che le intercettazioni sono l’unico mezzo di indagine?

«Le intercettazioni e le tecniche connesse, come l’analisi dei tabulati dei cellulari che spesso rivelano  contatti e spostamenti degli indagati, sono certamente strumenti importanti di ricerca della verità. Se i criminali sfruttano la modernità, perché non dovrebbe farlo chi indaga su di loro? Ma le indagini si portano avanti anche in altri modi, specie quando, come da noi, si dispone della migliore polizia giudiziaria del mondo».

 

Chi vuole cambiare le regole insiste sui costi: le intercettazioni sono troppo care?

«Balle colossali e peraltro, a prescindere dal fatto che tutte le Procure da tempo hanno emanato linee guida rigorose per contenere le spese (a Torino sono in calo da vari anni), chi fa certe affermazioni dovrebbe considerare le somme che lo Stato recupera grazie alle condanne di corrotti, bancarottieri, mafiosi ed evasori».

 

Il governo assicura che i poteri dei pm sulle intercettazioni non cambieranno. Potrebbero chiedervi di limitarne l’uso a quelle penalmente rilevanti. Si può fare?

«È una tesi che tende a nascondere il fatto che la previsione già esiste. Il punto centrale é un altro: chi decide se una conversazione è o meno rilevante? Certo, non il potente di turno inquisito, né chi lo protegge o affianca. Lo decide il giudice, sentite l’accusa e la difesa. E la conversazione rilevante non è solo quella in cui l’intercettato parla dell’omicidio commesso ma anche quella in cui emergono significativi contatti personali o la disponibilità di grosse somme di denaro. Persino parole innocenti possano rivelarsi allusive. È inutile sforzarsi di definire per legge la rilevanza delle conversazioni: è compito dei giudici».

 

Davvero si possono isolare le frasi che rivelano un reato? Non c’è un contesto da conservare per capire la situazione?

«Esatto. È proprio così, pur se è vero che dai magistrati, e dai giornalisti pure, occorre professionalità e coscienza dei propri doveri: ai pm compete la ricerca delle prove di responsabilità degli imputati, non la moralizzazione del Paese, così come al diritto-dovere di informazione sono estranee certe forme di voyeurismo o di interpretazione forzata dei fatti».

 

Con regole rigide non si tocca l’autonomia di pm e gip?

«Non mi fanno paura le regole rigide purché siano ragionevoli, di facile interpretazione e non dettate da interessi contingenti, magari mascherati da nobili fini».

 

La famosa udienza stralcio. Può precedere le misure dei magistrati?

«Irragionevole, anzi comico ipotizzarlo. Se l’immagina un giudice che prima di decidere se far arrestare una persona la convoca insieme al suo avvocato e gli consente di conoscere le prove a suo carico? Panama e altri siti accoglienti sarebbero popolati da emigrati italiani. Qualcuno sostenne che per evitarlo il pm avrebbe potuto disporre il fermo temporaneo dell’imputato: un rimedio peggiore del male, in carcere prima che il giudice decida».

 

Se si fa l’udienza le intercettazioni poi non escono?

«Oggi l’udienza per la selezione delle telefonate utilizzabili interviene dopo il deposito delle intercettazioni per i difensori che hanno diritto di conoscerle tutte, perché ciò che è irrilevante per il pm potrebbe essere importante per loro. Ma il deposito fa cadere la segretezza. Basterebbe, come  era scritto nel ddl Flick del ‘98, estendere la segretezza degli atti fino al momento dell’udienza filtro e mantenerla sulle conversazioni ritenute irrilevanti dal giudice».

 

Crede alla cassaforte segreta delle intercettazioni?

«Non ci credo affatto, è una scelta che sa tanto di formula da marketing. I soggetti che prendono conoscenza delle conversazioni sono tanti, inclusi i privati delle società che noleggiano gli impianti. Sarebbe come addebitare al Garante della privacy ogni violazione di quel principio ».

 

Perché fa scandalo pubblicare le telefonate? Non sono un materiale del processo come altri?

«Sì, se le intercettazioni non sono segrete, altrimenti la situazione cambia. Ma attenzione: resta il grande tema, che riguarda le caratteristiche della rappresentanza politica in democrazia, della massima trasparenza dei comportamenti di coloro che sono destinatari della fiducia degli elettori. Secondo varie pronunce della Corte di Strasburgo, il giornalista d’inchiesta gode di margini più ampi rispetto agli ordinari confini sia del segreto che della tutela della privacy. Altrove, questo è ovvio, in Italia “meno”».

 

Punire un giornalista che pubblica intercettazioni?

«Se si prevedessero sanzioni particolari solo per loro, sarei contrario, ma se, rispettati i principi della Cedu e disciplinato il segreto delle intercettazioni secondo lo schema Flick, tutte le violazioni fossero punite allo stesso modo, non avrei nulla da osservare. Insomma, l’obiettivo di un intervento legislativo non può essere il bavaglio alla stampa».

 

Non si rischia proprio un doppio bavaglio per toghe costrette a selezionare gli ascolti, e noi ridotti al silenzio?

«Rispondo citando un suo collega di Repubblica , Francesco Merlo, il quale anni fa scrisse che spesso le intercettazioni “danno il senso della putrefazione del Paese”. Questo spiega tutto, e dovrebbe spingere chiunque a difendere il proprio diritto all’informazione oltre a quello di eguaglianza di tutti di fronte alla legge».

la Repubblica,   27  marzo.2015

2 commenti

  • ” Abbiamo assistito in questi anni a soprusi entrambi deprecabili : censure a giornalisti che avrebbero voluto scoperchiare pentoloni ‘ maleodoranti ‘, ma anche casi di linciaggio mediatico senza possibilità di contraddittorio per personaggi pubblici sottoposti a una gogna tipica degli Stati autoritari. Per esempio, in materia di pubblicazione delle intercettazioni, il concetto di interesse pubblico è stato spesso il pertugio attraverso il quale è stata violata la riservatezza di personaggi pubblici, additati al pubblico ludibrio per fatti non penalmente rilevanti ‘. Così scriveva, nel marzo del 2014, il prof.Ruben Razzante, docente di diritto della comunicazione per le imprese e i media e di diritto dell’ informazione all’ Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ricordando che ” da sedici anni esiste un Codice deontologico, scritto dal Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti e approvato dal Garante della Privacy, che fissa alcuni paletti invalicabili per un corretto esercizio del diritto di cronaca : dalla tutela dei minori al rispetto della dignità umana, dalla riservatezza massima sulle condizioni di salute o sulle preferenze sessuali alla non discriminazione nel racconto dei fatti e, soprattutto, l’ essenzialità nella pubblicazione dei particolari delle notizie. Quei paletti – cui corrispondono diritti tutelati dalla nostra Costituzione agli artt. 2 ( diritti inviolabili dell’ uomo ), 3 ( pari dignità sociale e pieno sviluppo della persona umana ) , 30 e 31 ( tutela dei minori ), 32 ( tutela della salute ) ecc. – spesso sono stati spazzati via da un sedicente giornalismo d’ inchiesta che ha in realtà trasformato certa informazione in barbaro strumento di lotta politica e di regolamento dei conti tra poteri più o meno occulti “.
    Altro documento importante – sulle tematiche affrontate da Spataro nella sua intervista a La Repubblica – è la relazione di Francesco Lo Piccolo al seminario di aggiornamento per i giornalisti dell’ Abruzzo, che si è svolto nel carcere di Chieti dove Lo Piccolo ” ha affrontato il tema della presunzione di innocenza, della responsabilità che abbiamo come giornalisti, del dovere di fare informazione e non spettacolo-merce. (…)
    Basti il dato di ‘ Mani Pulite ‘ : 1.300 condanne a fronte di 4.500 arresti e ben 25.000 avvisi di garanzia ! Giustizia, insomma, e non giustizialismo forcaiolo. Più dubbi, segno di laicità e di legalità, e meno certezze, segno di un fondamentalismo populista e incline allo spettacolarismo (Ferrajoli)”.
    Come la vicenda Ilva ci ha costretto ad affrontare il problema della difficile coesistenza tra due diritti fondamentali, come il diritto al lavoro e il diritto alla salute, allo stesso modo è auspicabile che l’ odierno dibattito sulle intercettazioni – importantissimo ma anche delicatissimo strumento di ricerca della verità – ci imponga di trovare un giusto punto di equilibrio tra il diritto all’ informazione e alla trasparenza, da un lato, e i diritti…

  • ( scusandomi per aver …sforato i 3000 caratteri, completo la frase troncata )

    (…) ci imponga di trovare un giusto punto di equilibrio tra il diritto all’ informazione e alla trasparenza, da un lato, e i diritti inviolabili dell’ uomo, tra i quali la riservatezza , la dignità, il pieno sviluppo della persona umana che – per nessuna ragione, neanche per la violazione del secondo comma dell’ art.54 della Costituzione – può essere esposta a forme di linciaggio mediatico.

    Giovanni De Stefanis, Leg Napoli

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