Solo il giudice puo’ valutare i nastri. I giornalisti? La Ue li vuole liberi

27 Mar 2015

Liana Milella

Intercettazioni care? «Balle colossali». Intercettazioni penalmente rilevanti? «Possono deciderlo solo i giudici». La cassaforte degli ascolti? «Non ci credo affatto». Bavaglio alla stampa? «Strasburgo dice che il giornalista d’inchiesta è più libero». Il procuratore di Torino Armando Spataro affronta con Repubblica i nodi più delicati del dossier

Spataro

Intercettazioni care? «Balle colossali». Intercettazioni penalmente rilevanti? «Possono deciderlo solo i giudici». La cassaforte degli ascolti? «Non ci credo affatto». Bavaglio alla stampa?  «Strasburgo dice che il giornalista d’inchiesta è più libero». Il procuratore di Torino Armando  Spataro affronta con Repubblica i nodi più delicati del dossier.

 

Ci chiarisce subito un dubbio: è vero che le intercettazioni sono l’unico mezzo di indagine?

«Le intercettazioni e le tecniche connesse, come l’analisi dei tabulati dei cellulari che spesso rivelano  contatti e spostamenti degli indagati, sono certamente strumenti importanti di ricerca della verità. Se i criminali sfruttano la modernità, perché non dovrebbe farlo chi indaga su di loro? Ma le indagini si portano avanti anche in altri modi, specie quando, come da noi, si dispone della migliore polizia giudiziaria del mondo».

 

Chi vuole cambiare le regole insiste sui costi: le intercettazioni sono troppo care?

«Balle colossali e peraltro, a prescindere dal fatto che tutte le Procure da tempo hanno emanato linee guida rigorose per contenere le spese (a Torino sono in calo da vari anni), chi fa certe affermazioni dovrebbe considerare le somme che lo Stato recupera grazie alle condanne di corrotti, bancarottieri, mafiosi ed evasori».

 

Il governo assicura che i poteri dei pm sulle intercettazioni non cambieranno. Potrebbero chiedervi di limitarne l’uso a quelle penalmente rilevanti. Si può fare?

«È una tesi che tende a nascondere il fatto che la previsione già esiste. Il punto centrale é un altro: chi decide se una conversazione è o meno rilevante? Certo, non il potente di turno inquisito, né chi lo protegge o affianca. Lo decide il giudice, sentite l’accusa e la difesa. E la conversazione rilevante non è solo quella in cui l’intercettato parla dell’omicidio commesso ma anche quella in cui emergono significativi contatti personali o la disponibilità di grosse somme di denaro. Persino parole innocenti possano rivelarsi allusive. È inutile sforzarsi di definire per legge la rilevanza delle conversazioni: è compito dei giudici».

 

Davvero si possono isolare le frasi che rivelano un reato? Non c’è un contesto da conservare per capire la situazione?

«Esatto. È proprio così, pur se è vero che dai magistrati, e dai giornalisti pure, occorre professionalità e coscienza dei propri doveri: ai pm compete la ricerca delle prove di responsabilità degli imputati, non la moralizzazione del Paese, così come al diritto-dovere di informazione sono estranee certe forme di voyeurismo o di interpretazione forzata dei fatti».

 

Con regole rigide non si tocca l’autonomia di pm e gip?

«Non mi fanno paura le regole rigide purché siano ragionevoli, di facile interpretazione e non dettate da interessi contingenti, magari mascherati da nobili fini».

 

La famosa udienza stralcio. Può precedere le misure dei magistrati?

«Irragionevole, anzi comico ipotizzarlo. Se l’immagina un giudice che prima di decidere se far arrestare una persona la convoca insieme al suo avvocato e gli consente di conoscere le prove a suo carico? Panama e altri siti accoglienti sarebbero popolati da emigrati italiani. Qualcuno sostenne che per evitarlo il pm avrebbe potuto disporre il fermo temporaneo dell’imputato: un rimedio peggiore del male, in carcere prima che il giudice decida».

 

Se si fa l’udienza le intercettazioni poi non escono?

«Oggi l’udienza per la selezione delle telefonate utilizzabili interviene dopo il deposito delle intercettazioni per i difensori che hanno diritto di conoscerle tutte, perché ciò che è irrilevante per il pm potrebbe essere importante per loro. Ma il deposito fa cadere la segretezza. Basterebbe, come  era scritto nel ddl Flick del ‘98, estendere la segretezza degli atti fino al momento dell’udienza filtro e mantenerla sulle conversazioni ritenute irrilevanti dal giudice».

 

Crede alla cassaforte segreta delle intercettazioni?

«Non ci credo affatto, è una scelta che sa tanto di formula da marketing. I soggetti che prendono conoscenza delle conversazioni sono tanti, inclusi i privati delle società che noleggiano gli impianti. Sarebbe come addebitare al Garante della privacy ogni violazione di quel principio ».

 

Perché fa scandalo pubblicare le telefonate? Non sono un materiale del processo come altri?

«Sì, se le intercettazioni non sono segrete, altrimenti la situazione cambia. Ma attenzione: resta il grande tema, che riguarda le caratteristiche della rappresentanza politica in democrazia, della massima trasparenza dei comportamenti di coloro che sono destinatari della fiducia degli elettori. Secondo varie pronunce della Corte di Strasburgo, il giornalista d’inchiesta gode di margini più ampi rispetto agli ordinari confini sia del segreto che della tutela della privacy. Altrove, questo è ovvio, in Italia “meno”».

 

Punire un giornalista che pubblica intercettazioni?

«Se si prevedessero sanzioni particolari solo per loro, sarei contrario, ma se, rispettati i principi della Cedu e disciplinato il segreto delle intercettazioni secondo lo schema Flick, tutte le violazioni fossero punite allo stesso modo, non avrei nulla da osservare. Insomma, l’obiettivo di un intervento legislativo non può essere il bavaglio alla stampa».

 

Non si rischia proprio un doppio bavaglio per toghe costrette a selezionare gli ascolti, e noi ridotti al silenzio?

«Rispondo citando un suo collega di Repubblica , Francesco Merlo, il quale anni fa scrisse che spesso le intercettazioni “danno il senso della putrefazione del Paese”. Questo spiega tutto, e dovrebbe spingere chiunque a difendere il proprio diritto all’informazione oltre a quello di eguaglianza di tutti di fronte alla legge».

la Repubblica,   27  marzo.2015

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