L’ideale e il reale. Riflessione sull’abuso di potere

C’è una vocazione profonda di Libertà e giustizia che non dovremmo dimenticare mai. E’ la difesa di ciò che è ideale. Un nome che faccia meno paura si trova facilmente: basta dire “difesa dell’interesse pubblico”. Se non lo difendiamo noi, non c’è assolutamente nessuno che lo faccia.
Ma difesa di ciò che è ideale è più netto e anche più chiaro. Ciò che è ideale non è reale. I valori non sono reali: sono – sempre in parte soltanto, perché sono vie verso l’infinito – da realizzare.
Ciò che è ideale “si deve” realizzare: libertà e giustizia, per esempio, in tutta la profondità e l’articolazione che questi due valori manifestano alla coscienza di ognuno nell’età dei diritti (Norberto Bobbio ha chiamato così la modernità). Sappiamo bene che l’Italia è in questo senso ancora un paese profondamente illiberale. Bisogna letteralmente combattere per strappare stracci di diritti civili, corrispondenti all’autonomia della persona (tutto quello che riguarda la procreazione e il morire con dignità) o alla pari dignità e al divieto di discriminazione (unioni gay, libertà di vivere pubblicamente secondo i propri orientamenti di genere eccetera), o alla libertà di religione (mancano le moschee). Sappiamo anche che è un paese profondamente ingiusto, ingiusto non soltanto nella sfera del dovuto alle persone (non ho bisogno di fare esempi: la “coalizione sociale” di Landini ha soprattutto questo punto nel suo raggio d’attenzione); ma ingiusto anche nella sfera di ciò che è dovuto all’anima di ciascuno: i nostri paesaggi, la nostra bellezza, il nostro patrimonio, oscenamente svenduti, dissipati, rapinati, abbandonati all’incuria, distrutti dalla violenza degli interessi cementizi, non certo a causa del mercato e della concorrenza, ma al contrario degli scambi opachi fra i portatori di questi interessi e le amministrazioni locali corrotte – con le loro pratiche di svendita di demani pubblici, sostegno con pubblico denaro a imprese di gruppi di amici, uso di pubbliche risorse a vantaggio di interessi privati – mediante scambi che portano vantaggi di potere o “politici” agli stessi amministratori.
E così arriviamo al dunque. L’ultima cosa che ho descritto si chiama corruzione. Si può fare in modo opaco, contro la legge – oppure, ormai più sovente, “a norma di legge”. Basta corrompere le norme, e si corrompe legalmente, si è corrotti legalmente. Uno dei mezzi più diffusi, pervasivi, “normali” di operare in questo senso; uno degli ultimi “reati” che le norme contemplano, anche, è l’abuso di potere.
Ecco quindi puntuale la notizia: alla Camera sarebbe pronta una modifica della legge Severino su questo punto. Una di quelle modifiche ad alto tasso di viscidità, che dovrebbero procurare un insulto di vomito a chi le maneggia. Si tratta cioè di modificare la legge Severino su questo punto minimo: che la condanna in primo grado per abuso d’ufficio sparisca dalle cause che possono determinare la sospensione da cariche negli enti locali o in Parlamento. Il colpo al cuore, però, il cittadino lo riceve quando apprende che si è pronunciato a favore di questa piccola modifica anche Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità Anti-corruzione!
A parte il caso di Vincenzo De Luca, vincitore delle primarie Pd e candidato alla Presidenza della Regione Campania, che senza modifica sarebbe sospeso qualora eletto: c’è una ragione al mondo per farla, questa modifica, nel paese dove l’abuso d’ufficio da parte di chi ce l’ha, un ufficio, è più normale che respirare? E dove, anche in conseguenza di questa normalità, la corruzione ha raggiunto i livelli che conosciamo?
Perché quella, a dir le cose come stanno, non sarebbe una ragione, ma un delitto. Un atto di corruzione al quadrato, una meta-corruzione, peggiore di ogni atto corruttivo singolare, perché generatrice e rigeneratrice di abusi infiniti. La corruzione della legge. Cioè il suo appiattimento sul fatto. La sola direzione nel rapporto fra l’ideale e il reale che chi è al potere conosca, in Italia, da troppo tempo, ma con un’accentuazione e un’accelerazione parossistica negli ultimi tempi. Che l’ideale si riduca al reale, che il diritto si schiacci sul potere e il dovere sulla forza di chi ce l’ha.
Se perfino le autorità preposte a che questo delitto non avvenga lo considerano non poi così grave, a chi resta il compito di difendere uno straccio di ideale come quello, minimo, che chi a giudizio dei tribunali ha abusato del potere, debba lasciarlo almeno fino a prova contraria? Forse è bene almeno prenderne atto: sono le nostre coscienze, l’ultima barriera. Quando cederanno anche quelle, la differenza fra uno Stato e una combriccola di briganti non esisterà più. Forse non siamo mai stati così vicini a questo limite.

4 commenti

  • Intervengo a proposito della mia stessa riflessione semplicemente per segnalare due interviste, apparse oggi sul Fatto Quotidiano: la prima di Gianni Barbacetto a Raffaele Cantone, dove Cantone si dichiara contrario a “tutti quei progetti di legge che sono depositati in Parlamento e che vogliono intervenire sulla legge Severino solo in relazione all’abuso d’ufficio” (Intervista a Cantone di Gianni Barbacetto, FQ 17/3/15). La seconda di Luca De Carolis a Felice Casson, che ci induce a non credere affatto allo scampato pericolo. Luci, ombre, speranza che vacilla.
    Ma, a proposito di Coalizione Sociale: speriamo in bene anche lì, però attenzione a confondere troppo sbrigativamente il “capitalismo” e la “finanza”, questi spauracchi metafisici, con la realtà italiana. Non c’è un’ombra di concorrenza, uno straccio di gara, niente di un libero mercato negli appalti sistematicamente truccati di tutte le grandi opere italiane da trent’anni a questa parte, che l’ultima inchiesta su Incalza ha portato alla luce.E questo è il contrario di un capitalismo funzionale e funzionante. Anche noi di Libertà e Giustizia dovremmo stare attenti alle parole, che sono importanti.

  • Raccolgo volentieri il monito della prof. De Monticelli a non usare le parole a sproposito e ricordo che – almeno da quando ho l’ uso della ragione – l’ argomento principe dei sostenitori del capitalismo è stato proprio quello di sottolinearne gli aspetti profondamenti liberali e progressisti – ribadendo, nel contempo , che i drammatici risvolti negativi – sintetizzabili in un crescente impoverimento della stragrande maggioranza della popolazione di questo pianeta, in un conseguente arretramento dei diritti individuali e, quindi, della democrazia nel suo complesso – erano da attribuirsi non al capitalismo bensì al tradimento dei suoi principi. Io la penso diversamente e credo, ogni giorno di più, che la contrapposizione che può aiutarci a capire l’ attuale crisi non sia tra ‘ austerità ‘ e ‘ crescita ‘ ma tra ‘ conservazione ‘ e ‘ progresso ‘. Tra mantenimento in vita, cioè,di un modello di sviluppo rivelatosi insostenibile per la stragrande maggioranza dell’ umanità e l’ adozione di una alternativa che trova la sua declinazione nello stupendo art.3 della nostra Costituzione : una sorta di statuto del ‘ socialismo dal volto umano ‘ che ha conosciuto dei tentativi di realizzazione concreta in alcune, significative e – purtroppo – sfortunate esperienze della seconda metà del novecento. Penso alla ‘ Primavera di Praga ‘ in quel sessantotto che ha segnato novità quasi rivoluzionarie all’ interno del mondo della scuola, del lavoro, della Chiesa cattolica. Penso all’ Unidad Popular ‘ di Allende in Cile, all’ innovativo progetto nazionale ed europeo di Berlinguer, alla coraggiosa ‘ perestroika’ di Gorbaciov in Unione sovietica. Io credo che fare ‘ cultura politica ‘ dovrebbe significare anche e soprattutto questo : ricerca instancabile di un sistema di valori e di un modello di sviluppo alternativi a quelli che esprimono la cultura del mercato e del suo ‘dio ‘profitto. Un mercato, come è stato più volte sottolineato, che è sempre meno regolamentato e regolamentabile da parte degli Stati e sempre più ostaggio della cinica speculazione finanziaria. Potremo impegnarci su questa strada del ‘socialismo dal volto umano’ oppure ci accontenteremo di un ‘ liberismo ‘ sempre più selvaggio, solo mitigato dal buon cuore delle associazioni di volontariato ?
    Giovanni De Stefanis, LeG Napoli

  • Ha perfettamente ragione,ma mentre parliamo la temuta svolta autoritaria si sta inserendo nel tessuto connettivo del paese con decisioni di volta in volta all’insegna dell’iniquità e dell’opportunità politica.Questo spiega che la questione morale invocata da Berlinguer ancora nonè tenuta in conto da politici e tecnici e giorno dopo giorno pezzi di democrazia vanno in frantumi.Ma all’attuale premier piace vincere facile e con i suoi diktat sino a quando noi ,come societàcivile ,riusciremo a far sentire la nostra voce.Cordialmente sandro di macco

  • Dove si confonde il politicante di professione con il politico (nel senso dell’esclusivismo autoreferenziale del fare politica) e il soggetto che ricopre l’incarico con l’istituzione, dove il soggettivismo arriva al culto della personalità non c’è più lo stato di diritto. L’abuso d’ufficio perde consistenza nella concezione di una sovranità del potere che si contrappone ai sudditi che debbono rassegnarsi ad essere gestiti ed il consenso politico diventa un indizio di consenso da verificare da parte dei media secondo stime più o meno manipolate e dirette secondo tecniche di marketing.

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