Non è strano che la seconda giornata del convegno di Libertà e Giustizia si svolga all’Aula Battilani, un tempo teatro della rivolta dei Ciompi, lavoratori poverissimi che alla fine del 1300 insorsero contro chi li governava e li aveva affamati. Cosa ottennero? Di partecipare alla vita pubblica. Ed è esattamente di questo – di partecipazione, rappresentanza e democrazia – che si è parlato nella due giorni fiorentina con tantissimi interventi: da Gustavo Zagrebelsky a Barbara Spinelli, da Nando dalla Chiesa a Marco Travaglio, Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare e Paul Ginsborg.
“L’efficienza e la rapidità delle decisioni economiche prevalgono su processi democratici ritenuti troppo lenti e incompetenti”, ha detto Barbara Spinelli, scrittrice, giornalista ed eurodeputata de l’Altraeuropa. “Gli effetti di questa decostituzionalizzazione li tocchiamo con mano in Italia. Il Piano di rinascita democratica di Gelli (redatto forse non a caso in concomitanza con il rapporto della Trilaterale) è stato fatto da Craxi, poi da Berlusconi, infine da Matteo Renzi”. Ed è ben strano che riforme tanto capitali per la vita democratica – come la legge elettorale e il nuovo assetto del Senato – siano portate avanti da un Parlamento su cui grava un fortissimo sospetto di legittimità, a causa della sentenza della Consulta sul Porcellum. Molti nodi vengono al pettine nell’orgia del riformismo a tappe forzate, ma restano le tare congenite. L’uomo forte, per esempio: “Abbiamo vissuto con Berlusconi una spinta autoritaria. Renzi resta in quella stessa tradizione: i risultati del renzismo sul processo sono incredibili”, ha spiegato lo storico Paul Ginsborg. “Il divario tra la superficialità della proclamazione dell’imminente riforma e ciò che davvero avviene nella realtà è enorme. Il premier parla di bellezza, di arte, di patrimonio culturale: io lavoro nella Biblioteca Nazionale di Firenze, dove da mesi piove perché il soffitto non è stato riparato. Le risorse delle grandi istituzioni culturali del Paese sono state ridotte all’osso e contemporaneamente dobbiamo sopportare i continui slogan governativi”.
Di “popolo affascinato dai capi”, ha detto anche Lorenza Carlassare, emerito di Diritto costituzionale a Padova, che avverte: “La democrazia non è compatibile con i capi”. E ripercorre alcuni passaggi delle riforme elettorali. A cominciare dalla famosa “legge truffa” del 1953, cui forse, visti i recenti sviluppi, dovremmo chiedere scusa e ritirando l’ingannevole appellativo. “Era molto più democratica dell’Italicum perché il premio di maggioranza si otteneva avendo almeno il 50 per cento. Se non si raggiungeva questa soglia, non scattava. Ma questo Italicum è più legato alla legge Acerbo del 1923”, per cui il premio di maggioranza scattava con il 25 per cento garantendo al partito più votato i due terzi dei seggi. Ma quali sono gli affetti della sovrarappresentanza delle liste di maggioranza relativa? Il principio di uguaglianza del voto in Costituzione vale non solo in entrata ma anche in uscita, “cioè riguarda anche l’esito del voto e quanto rispecchia la volontà del popolo”. “È vero”, conclude la costituzionalista, “che la soglia di sbarramento è stata abbassata, ma il pluralismo è comunque impedito visto il premio di maggioranza. Tutto è fatto in modo da essere annullato di nuovo dalla Corte costituzionale”. Quanto agli anticorpi verso quella che Gustavo Zagrebelsky aveva definito la “politica unica”, c’è ben poco in cui confidare. “Perché l’informazione si è assegnata il compito di fare da cassa di risonanza del potere”, ha spiegato il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio. “Sfiorando spesso il ridicolo, perché ogni comportamento banale, di chiunque occupi un posto di potere, diventa immediatamente straordinario. Mirabile. Ovunque la stampa bastona i governi, da noi le opposizioni. Con cui di solito l’informazione si allea. Perfino Mussolini mandava telegrammi ai prefetti chiedendo di intervenire presso i giornali troppo adulatori. Succede ormai che le dichiarazioni dei ministri escono dalle virgolette e diventano verità che non hanno bisogno di essere messe in discussione”.
L’incessante canto delle res gestae dei potenti e il tradimento della funzione di vigilanza hanno un costo alto. “Dovrebbero fare”, ha concluso Travaglio, “una legge a tutela dei cittadini sulla responsabilità civile dei politici, visti gli incalcolabili danni provocati da questa classe dirigente. Ma nessuna assicurazione al mondo sarebbe disposta a garantire con una polizza”.
Il Fatto Quotidiano
“…Il popolo affascinato dai capi”
Non è certo una novità, e meravigliarsene non ha senso: le masse popolari sono da sempre vittime naturali del plagio del potere costituito o di qualsiasi “pifferaio magico”, che le porta dove vuole solo che le condizioni socio-economiche siano appena soddisfacenti (la storia ci ricorda le adunate di piazza Venezia come di ogni altra capitale europea o mondiale, fino ai “predicatori” via web).
Poi accadono cose che portano la sofferenza prevalere sul plagio, e allora si determinano le condizioni per il cambiamento.
Come in questo momento da noi: ma perchè sia virtuoso ci vuole una guida all’altezza, altrimenti la gente fa solo casino o finisce nelle mani di un nuovo pifferaio.
Ora ci sono fattori convergenti perchè si possa almeno provare a produrre un cambiamento progressista. Ma occorre far presto perchè altrimenti il potere costituito inizierà a suonare, con l’abilità che gli viene oggettivamente riconosciuta, gli strumenti mediatici più pervasivi di cui dispone, pubblici e privati, facendo leva su un cambio di ciclo economico, vero o presunto, o su qualche (contro)riforma sparata come manna dal cielo, per ripristinare il consenso classico.
Questi fattori sono: 1° la saggezza di Rodotà e f.lli;
2° le braccia operative di Landini e dell’associazionismo virtuoso;
3°gli artt della Costituzione ancora fruibili, da esercitare in modo congiunto e sinergico: UNO La Sovranità Popolare “REALIZZATA”, non solo enunciata, 50 e 71 che consentono la Democrazia Diretta PROPOSITIVA, 40 il diritto di sciopero (magari nella forma del “conclave laico”);
4° quel mondo della comunicazione che da anni alimenta la nostra indignazione con denunce quotidiane di misfatti antichi sempre rinnovati, capace di diffondere e sostenere l’iniziativa
5° una Cittadinanza che ancora all’ultima indagine demoscopica della Demos di I. Diamanti, denunciava di disprezzare l’offerta politica al 97% e il Parlamento al 93%.
Ma è urgente “fare presto” perchè i fattori 3° e 5° sono ad “alto rischio”!
E neppure accontentarsi dell’articolo 81 o del 18: se la via sarà quella della “Coalizione Sociale”, allora gli obiettivi da prendere contemporaneamente in considerazione sono più numerosi, giustizia, fisco, scuola, territorio, conflitto d’interessi, …
Ma soprattutto bisogna fare presto!
Grazie a tutti coloro che hanno organizzato questo convegno!
Ho notato però con amarezza come molti partecipanti siano ancora nella fase di negazione dell’esistenza di circa 140 parlamentari che sui temi trattati a Firenze hanno fatto e continuano fare grandi battaglie, magari con modi e metodi criticabili ma pur sempre in difesa dei principi espressi dalla nostra Costituzione.
L’accorata partecipazione di tutti gli illustri relatori ha sottolineato l’importanza dei temi trattati.
Barbara Spinelli ha parlato di legge in difesa della pratica del whistleblowing e di boicottaggio del trattato di libero scambio tra USA e Europa (TTIP).
Francesca Businarolo ha presentato in Parlamento la Proposta di Legge che riguarda il primo tema mentre da mesi il M5S informa sulle conseguenze della futura ratifica del TTIP e soprattutto denuncia le trattative lontane dagli occhi dell’opinione pubblica.
Ci ricordiamo ancora la salita sui tetti dei deputati M5S in difesa dell’articolo 138 della Costituzione e, ancora, è il M5S l’unica forza ad aver votato contro “l’abominevole legge” (così l’hanno definita Lorenza Carlassare e Sandra Bonsanti) sulla responsabilità civile dei magistrati.
Quando Alberto Vannucci elencava le inchieste per corruzione riguardanti il Mose, l’Expo, Mafia Capitale, era impossibile non ripensare alle denunce fatte mesi prima dello scoppio dei vari casi dal movimento stesso, denunce spesso inascoltate ma poi rivelatesi estremamente fondate.
E’ stato un peccato non poter ascoltare anche il Prof. Rodotà: magari avrebbe anche accennato al principio di solidarietà, argomento del suo ultimo libro, che dovrebbe rimanere uno dei cardini di una società democratica propriamente detta.
Anche su questo il Movimento, rischiando a volte di essere tacciato di populismo, porta avanti delle proposte serie e concrete.
Abbiamo ascoltato il Prof. Zagrebelsky parlare di LeG come associazione di cultura politica che vuole rimanere giustamente all’esterno del Parlamento.
Perché non utilizzare proprio gli eletti del M5S come “portatori sani di Costituzione” all’interno delle Istituzioni?
Chiaramente non sto parlando di un “gemellaggio” quanto piuttosto di instaurare un rapporto di collaborazione come potrebbe esserci tra insegnante e allievo (a volte ribelle e irrispettoso…).
Per farlo, il primo passo sarebbe quello di riconoscere l’esistenza di questa parte di società civile che ha deciso di entrare in Parlamento e combattere contro gli stessi poteri denunciati nella due-giorni di Firenze, valorizzarne l’operato quando coincidente con gli obiettivi di LeG e fornire gli strumenti teorici ad eletti che il più delle volte sembrano impreparati.