Il commercialista e il 3%: “Si creeranno enormi riserve di fondi neri”

06 Feb 2015

Si occupa da anni di diritto penale dell’economia, anche come consulente delle procure, per cui da anni redige rapporti in inchieste su reati finanziari e di mafia. “Ma io sono un commercialista”, dice Giangaetano Bellavia, “dunque, da idraulico del diritto, non capisco come invece tanti avvocati, al governo e in Parlamento, possano far finta di non sapere e di non capire”. Il riferimento è alla soglia del 3 per cento dell’imponibile, sotto la quale Matteo Renzi e Maria Elena Boschi (che è avvocato) vorrebbero non far scattare la punibilità penale. Lo hanno scritto nel decreto approvato la vigilia di Natale, poi ritirato dopo le polemiche sugli effetti “salva-Berlusconi”. Ma ora lo stanno riproponendo, forse con qualche ritocco, quale l’esclusione della frode fiscale. La soglia, ha detto il ministro Boschi, serve per sanare gli errori. “Ecco”, trasecola Bellavia, “come fa un avvocato a non sapere che la frode fiscale scatta soltanto quando c’è un intento fraudolento, cioè il dolo? Se è un errore, non scatta il reato. Non possono non saperlo: lo dichiarano perché tanto sanno che, come dice Crozza, ‘Si bevono tutto’. Gli errori non sono reati, sono già esclusi dalla punibilità penale”.
Ma la soglia, ha dichiarato il ministro Boschi, c’è anche in altri Paesi. La Francia, per esempio. “Sì, ma voi del Fatto avete giustamente replicato che, accanto alla percentuale, in Francia c’è una soglia in cifra assoluta, piuttosto bassa. E il bello è che c’è già anche in Italia! Non c’è per il reato di frode fiscale mediante fatture false. Ma per la frode senza false fatture sì, era di 150 milioni di lire, poi diventate 77 mila euro. Nel 2011 il governo Berlusconi l’ha ridotta a 30 mila euro. Per il reato di dichiarazione infedele, invece, era di 200 milioni di lire, diventati 100 mila euro. Anche qui, Berlusconi nel 2011 l’ha dimezzata, riducendola a 50 mila. È già una soglia generosa, visto che 50 mila euro d’imposta corrispondono ad almeno il triplo di soldi evasi”.
Quello che a Bellavia non va giù non è tanto la soglia in termini assoluti, ma la soglia in percentuale. “Privilegia i grossi contribuenti e penalizza i piccoli. Legittimare il 3 per cento a chi ha 1 miliardo di imponibile significa permettergli di frodare 30 milioni di euro l’anno. È mai possibile? E allora, perché non mettiamo una soglia alla rapina? O ai furti nei supermercati? E ai poveracci che rubano per mangiare? Il comandamento dice: non rubare. Non dice: non rubare sopra una certa soglia. Se vogliamo introdurre una percentuale, facciamo prima ad abolire i reati tributari”.
C’è poi un problema che rimane comunque irrisolto: “Segua il mio ragionamento. Un ufficiale tedesco durante la Seconda guerra mondiale porta via un quadro prezioso da una chiesa di Napoli. Oggi ritrovano il quadro: l’ufficiale è morto e non è più perseguibile, ma il quadro deve tornare a Napoli, non resta agli eredi del tedesco. E allora risponda alla mia domanda: il 3 per cento che viene depenalizzato che fine fa? Resta dello Stato? Lo confisco? Oppure resta nella disponibilità di chi ha frodato il fisco? Il quadro resta corpo di reato, e chiunque se lo passa di mano compie reato di ricettazione. Chi manovra invece i soldi sotto il 3 per cento è un riciclatore o no, visto che non ha commesso un reato? E pensi a che enormi riserve di nero possono fare le grosse aziende con il 3 per cento del loro fatturato: pronte per corrompere e per comprare chissà quanti senatori e deputati… ”.

(Il Fatto Quotidiano)

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