La porta aperta del Colle

03 Feb 2015

Sandra Bonsanti Presidente emerita Libertà e Giustizia

Forse il momento simbolico dell’insediamento del Presidente della Repubblica si è consumato fuori dall’aula di Montecitorio, nel salone dei corazzieri, quando Sergio Mattarella ha ringraziato il presidente del Senato Piero Grasso. “Ci siamo conosciuti in circostanze diverse e tanto tempo addietro”.

Ecco, due momenti della storia d’Italia che si sono ricongiunti e che hanno parlato e parleranno da oggi, dal Quirinale, con parole diverse da quelle che abbiamo sentito in questi anni. Grasso era il magistrato che arrivò davanti alla casa di Piersanti Mattarella mentre ancora Sergio teneva in grembo il corpo martoriato del fratello. Un legame che non si è mai rotto negli anni e che continua fino ad oggi nel giorno in cui uno rappresenta la prima carica dello Stato e l’altro la seconda.

Parole di chi apre, anche al dissenso, anche a chi si “indigna”, invece che condannare tutti nella cerchia dell’ “antipolitica”, parola mai pronunciata nei discorsi del Presidente. Che è stato fedele a se stesso e alla sua vicenda. Mettendo in primissimo piano la lotta alla mafia, in tutta Italia anche al nord, e alla corruzione che devasta il Paese.

Forse il momento simbolico dell’insediamento del Presidente della Repubblica  si è consumato fuori dall’aula di Montecitorio, nel salone dei corazzieri, quando Sergio Mattarella ha ringraziato il presidente del Senato Piero Grasso. “Ci siamo conosciuti in circostanze diverse e tanto tempo addietro”.

Ecco, due momenti della storia d’Italia che si sono ricongiunti e che hanno parlato e parleranno da oggi, dal Quirinale, con parole diverse da quelle che abbiamo sentito in questi anni. Grasso era il magistrato che arrivò davanti alla casa di Piersanti Mattarella mentre ancora Sergio teneva in grembo il corpo martoriato del fratello. Un legame che non si è mai rotto negli anni e che continua fino ad oggi nel giorno in cui uno rappresenta la prima carica dello Stato e l’altro la seconda.

Parole di chi apre, anche al dissenso, anche a chi si “indigna”, invece che condannare tutti nella cerchia dell’ “antipolitica”, parola mai pronunciata nei discorsi del Presidente. Che è stato fedele a se stesso e alla sua vicenda. Mettendo in primissimo piano la lotta alla mafia, in tutta Italia anche al nord, e alla corruzione che devasta il Paese.

Mettendo in primo piano la dignità dei cittadini e i diritti umani, tutti i diritti compresi l’autonomia e il pluralismo dell’informazione e compreso il lavoro della magistratura. Compreso, ovviamente il lavoro della Corte Costituzionale.

Compresa la Costituzione sulla quale ha detto parole importanti: ha spiegato di non voler entrare nel “merito” delle singole “soluzioni che competono al Parlamento, nella sua sovranità” e comunque di “esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia”.

E ha aggiunto: “Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico”. Una frase che non dà a nessuno il diritto di trarre conseguenze se non quella che le riforme devono essere riforme democratiche, volte a rafforzare la democrazia. Non credo che questa frase consenta a nessuno di concludere che si tratta di un via libera alle riforme nell’attuale disegno.

Lui interverrà solo se dovesse riscontrare un qualcosa che danneggia il processo democratico.

Garante della Costituzione significa vigilare affinché essa sia applicata giorno per giorno. Significa “viverla giorno per giorno”, assicurando in stile di Calamandrei, i diritti di tutti: dallo studio alla cultura alla giustizia in tempi rapidi ai diritti delle donne al ripudio della guerra. Non ne ha dimenticato nessuno, il Presidente, e ha specificato: “Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità…dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità organizzata”.

Un discorso che apre le porte, che fa intravedere lo stile di un presidente che cercherà il colloquio prima di condannare e relegare in un angolo. Che chiederà di partecipare per il bene del Paese.

Difficile oggi dire cosa lascerà passare delle riforme e a cosa invece cercherà di porre il freno. Ricordo soltanto con riconoscenza che nel 2006 il Presidente fu con noi di Libertà e Giustizia, con Scalfaro e con Leopoldo Elia quando ci opponemmo alla riforma Berlusconi e vincemmo il referendum. E non dimentico come volle rendere omaggio proprio a Leopoldo Elia all’indomani dalla morte, scrivendo che “Tutti ricordiamo il vigore con cui si è impegnato nella difesa della Costituzione contro le modifiche del 2005 sia durante l’iter parlamentare che nel referendum dell’anno successivo”.

Lo ricordo e auguro a tutti noi che il garante ci sia, quando la democrazia fosse minacciata da scorciatoie e soluzioni pasticciate e molto pericolose.

Nata a Pisa nel 1937, sposata, ha tre figlie. Si è laureata in etruscologia a Firenze e ha vissuto per molti anni a New York. Ha cominciato la sua attività professionale nel 1969 al “Mondo” con Arrigo Benedetti.

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