Sarà un mafioso, ma è così educato

03 Ott 2014

Brescello è anche il paese di Peppone e don Camillo, i mitici personaggi di Giovannino Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Gino Cervi e Fernandel. Solo che le cose sono cambiate, rispetto a quei tempi. Il sindaco attuale, Pd, è in ottimi rapporti con tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale. E il parroco gli dà manforte.

pepponeA Brescello (Reggio Emilia) una troupe di giovani coraggiosi ha girato per il web Cortocircuito, un formidabile servizio ripreso da ilfattoquotidiano.it. Tema: gli ottimi e cordialissimi rapporti del sindaco (Pd) con tal Francesco Grande Aracri, abitante nel paese da molti anni ma non un cittadino come tutti gli altri. Egli infatti è stato condannato per mafia e sottoposto a sorveglianza speciale. È inoltre al centro di attività economiche sospette che hanno recentemente portato a un sequestro di beni a suo carico, da parte dei Carabinieri di Reggio Emilia, per un valore di 3 milioni di euro. Fa da cornice al tutto l’accusa di legami con la cosca ’ndranghetista di Cutro. E tuttavia il sindaco ha definito questo soggetto “persona educata e composta, gentilissima e tranquilla, sempre vissuta a basso livello”.   
Brescello è anche il paese di Peppone e don Camillo, i mitici personaggi di Giovannino Guareschi, resi ancor più famosi dai film interpretati da Gino Cervi e Fernandel, nel ruolo di sindaco e parroco. Solo che le cose sono cambiate, rispetto a quei tempi.   
Perché Peppone e don Camillo (rompendo una crosta solo apparente di bonomia) facevano continuamente prorompere un torrente di divergenze, litigi, scontri e risse. Ora invece parroco e consiglio comunale si schierano subito dalla parte del sindaco. Ormai è tutto un idilliaco “pappa e ciccia”, un universale “volemose bene” all’insegna dell’indignata negazione dell’esistenza di qualunque problema di mafia.   
Si organizzano iniziative popolari pro-sindaco e si raccolgono per lui firme di solidarietà e sostegno (con il concorso, pare, dei familiari del condannato). E chi prospetta anche solo la possibilità di infiltrazioni illegali nel paese è pregato senza tanti riguardi di farsi da parte e starsene zitto.   
BRESCELLO in verità non si differenzia troppo da molte altre zone del Centro e Nord Italia. Spesso, anche se vi sono presenze mafiose di tutta evidenza, fortissima e diffusa è la tendenza a negarle. Miopia, superficialità, sottovalutazione e ignoranza si intrecciano con una sorta di distacco “aristocratico” del Centro-Nord verso problemi considerati a torto roba esclusiva di un Sud arretrato e povero. Senza accorgersi che così si spalancano praterie sconfinate alla penetrazione dei mafiosi. Che per parte loro fanno di tutto (ce
l’hanno nel Dna) per passare inosservati, per non essere avvertiti come un pericolo: dimostrando notevoli capacità di “ibridarsi” mescolandosi e mimetizzandosi con le persone per bene.    Con il paradosso che questa mimetizzazione (la vita “a basso livello”…) finisce per essere un comodo alibi per chi non vuol vedere o prova a giustificare la sua disattenzione.   
VIENE IN MENTE quel che il prefetto di Palermo Carlo Alberto dalla Chiesa aveva dichiarato oltre trent’anni fa a Giorgio Bocca, pochi giorni prima di essere ucciso dalla mafia, a proposito dei Corleonesi (i Liggio, i Collura, i Criscione ecc…) che nel 1949 erano stati da lui denunciati in Sicilia per più omicidi e sempre assolti per insufficienza di prove, e poi si erano “tutti stranamente ritrovati a Venaria Reale alle porte di Torino”. Dalla Chiesa chiedeva “notizie sul loro conto e gli veniva risposto “brave persone, non disturbano, firmano regolarmente”. E nessuno si era accorto che in giornata magari erano venuti a Palermo o tenevano ufficio a Milano o, chi sa, erano stati a Londra o Parigi”. Tempi, luoghi e personaggi sono diversi: ma sostanzialmente uguale è il giudizio troppo ottimistico e indulgente: ieri “brave persone” oggi “persone educate e composte”, come a smentire che la storia non si ripete.   
Quel che il sindaco e gli abitanti di Brescello (purtroppo come tanti altri) non vogliono neppure prendere in considerazione è la sicura, accertata forza relazionale della ’ndrangheta soprattutto nei piccoli centri, cioè la sua costante
ricerca di credito sociale attraverso stretti rapporti con le amministrazioni locali e la popolazione: senza commettere reati che creino troppo allarme, ma facendo valere come immanente (senza strafare) la forza che comunque discende dal loro persistente legame con l’organizzazione criminale le cui radici restano in Calabria.   
CON IL RISULTATO di un sotterraneo, crescente intreccio con il mondo “per bene” e di una progressiva intensificazione dell’inquinamento dell’economia pulita ad opera di quella illegale. A volte facilitata dal fatto che un aiutino per superare le difficoltà economiche contingenti può anche far comodo e può indurre a negare di avere a che fare non persone poco raccomandabili.

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