Zagrebelsky: «La società consideri di più la dignità»

15 Set 2014

Come annunciato in anteprima assoluta dal sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli che ieri pomeriggio ha introdotto in piazza Grande la lezione del professore Gustavo Zagrebelsky, “ereditare” sarà la parola chiave dell’edizione 2015 del Festival Filosofia ed è proprio riflettendo su questo concetto che il Presidente emerito della Corte Costituzionale ha aperto la lezione “Dignità”. Leggi anche “Il valore della dignità, quella fragile barriera contro la barbarie”

Gustavo ZagrebelskyCome annunciato in anteprima assoluta dal sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli che ieri pomeriggio ha introdotto in piazza Grande la lezione del professore Gustavo Zagrebelsky, “ereditare” sarà la parola chiave dell’edizione 2015 del Festival Filosofia ed è proprio riflettendo su questo concetto che il Presidente emerito della Corte Costituzionale ha aperto la lezione “Dignità”. “Il verbo “ereditare” ci pone di fronte al tema dei diritti delle generazioni future che, in quanto tali, non esistono ancora e dunque non possono avere diritti – ha esordito il professore Zagrebelsky – Nella mia esistenza professionale mi sono sempre occupato di belle parole: libertà, giustizia, uguaglianza, democrazia, dignità ma a questo punto della vita sono stanco delle belle parole. Di questi concetti se ne fa un uso largo ed incontestato e questo è segno di debolezza, perché questi concetti sono troppo astratti e indeterminati”. Quello della dignità umana, ma vale per tutti i valori sopra richiamati, è un terreno di discussione e spesso di scontro: si pensi ad esempio alla controversia sul velo islamico, piuttosto che alle abitudini sessuali e alle convenzioni matrimoniali o ancora alle questioni legate alla bioetica. «Quando parliamo di dignità dobbiamo chiederci: degno sì, ma di cosa? – afferma Zagrebelsky – La dignità è evocata in tanti casi della vita e le controversie sono acuite dal fatto che tutti si appellano alla dignità umana: “vita degna o indegna di essere vissuta” è l’espressione che racchiude tutta l’ambiguità e la tragicità di questo appello». C’è un cortocircuito in questa espressione: la vita umana è sottoposta a un test di dignità che come sostanza non è sullo stesso livello della dignità come qualità. Già nel diciottesimo secolo, quando la scienza e la filosofia iniziano ad interessarsi alle differenze tra esseri umani, ai loro caratteri razziali e culturali, si parlava di catena dell’essere in cui si differenziavano i valori, le dignità, nozione usata per fratturare l’umanità: alcuni sopra, alcuni sotto e da qui parte la lunga storia di persecuzioni e stermini. «La dignità di un essere dovrebbe implicare come minimo che ci si accorga della sua esistenza, che gli altri si accorgano di noi, che ognuno possa lasciare una traccia del proprio passaggio nella società – dice Zagrebelsky – Non è forse questo il diritto più fondamentale di tutti? Tutti gli esseri umani sono degni di uguale considerazione». Assolutezza o relatività del valore dignità? Questo è un terreno conflittuale legato alla questione, assai concreta, di definizione di essere umano: quando inizia la sua esistenza? «Le due opposte posizioni a riguardo – spiega il professore – hanno l’onere della dimostrazione che non può più giovarsi di argomenti scientifici ma ha carattere fideistico: la controversia, pertanto, è destinata a perdurare». Se invece ammettessimo la formazione dell’essere umano come un processo in fieri allora dovremmo ammettere anche la dissoluzione come processo di decrescita verso la morte: due momenti opposti ma paragonabili come due esseri non ancora o non più pienamente umani. «La dignità prima che nei confronti degli altri deve essere definita per se stessi – conclude Zagrebelsky – Noi ci costruiamo come persone, pensandoci per come vorremmo essere in termini di valore. La dignità in questo caso coincide con la coerenza, l’integrità e chiediamoci: è questo un bene tenuto in onore nella nostra società?».

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