“Caro Presidente, è il momento di aprire gli occhi”

29 Lug 2014

Caro presidente Napolitano, ti scrivo ancora nella consapevolezza di non recarti eccessivo fastidio perché anche questa mia letterina, come la precedente, non ti raggiungerà o comunque non riuscirà a scalfire le tue certezze. Anche io ho ormai qualche certezza. E la prima in assoluto è che stiamo vivendo giorni che passeranno alla storia: il governo, che impone al Parlamento una nuova Costituzione secondo un progetto nato fuori dal Parlamento sul quale forse saranno sentiti i cittadini, ma solo dopo perché esso non ha mai fatto parte di un programma elettorale.    Un giorno i tuoi e i miei nipoti si chiederanno: ma voi da che parte eravate? Con chi stavate? Col partito unico renziano o con i dissidenti che chiedevano spazio e ascolto?    Tutti, oggi, siamo chiamati a dire come la pensiamo: con gli scritti, con le firme, con le cose dette in aula.    Perdonami una citazione. Riguarda un articolo di Francesco Flora che il 26 agosto del 1943 scrisse sul Corriere della Sera: “C’è forse alcuno tra gli uomini, dite pure fieramente tra i tiranni, che possa togliere a uno scrittore il sentimento della sua dignità nell’esercizio delle lettere? La servitù di un letterato è sempre volontaria, anche quando è passiva. Perciò nessuna scusa può veramente esser riconosciuta a chi macchiò quella dignità che è essenziale alla natura sacra della parola”. Non c’è spazio oggi per i tentennamenti o le cautele. Un muro divide chi vuole il progetto del governo, che umilia il Parlamento, e chi invece pensa che si debba e si possa cambiare il bicameralismo perfetto; chi vuole riformare lasciando l’impianto di garanzie previsto dalla Costituzione del ’48 e chi invece vuole un sistema imperniato su decisionismo senza contrappesi e una legge elettorale che non consente di scegliere.    Caro Presidente, le parole sono sacre, diceva Flora. Allora io mi chiedo perché tu ti arrabbi quando si parla di deriva autoritaria e di “macchinazione” (uso un termine adoperato da te). Queste due espressioni e i concetti che rappresentano ti disturbano e fanno andare in bestia il capo del governo e il ministro Boschi. Quanto alla prima: se si punta a concentrare tutto il potere sul governo, denigrando i parlamentari e i cittadini che si oppongono, se si riduce il Senato a un carrozzone non eletto direttamente (e allora non si può cercare di “rimediare” dandogli poteri su temi di interesse costituzionale perché è ancora peggio), se la camera dei deputati servirà esclusivamente a ratificare le decisioni prese a Palazzo Chigi, se la legge elettorale sarà quella imposta da Verdini che per rivitalizzare il potere di Berlusconi non vuole sentire parlare di preferenze, se si aumentano le firme per leggi di iniziativa popolare e per referendum (con la trovata, dopo averle innalzate, di diminuirle un po’ così da sostenere: le abbiamo abbassate…). Se tutto questo avviene nella grande “occasione” offerta dalla crisi economica che costringe i cittadini a chiudersi nel pensiero della sopravvivenza, se tutto questo avviene in un Paese in cui i giornali suonano tutti la campana del governo con eccezione del Manifesto e del Fatto, e la Tv di Stato è sempre più asservita con giornalisti terrorizzati (si dice che la smania di vendetta del circolo magico del Premier e del gruppo dirigente del Pd abbia raggiunto livelli mai sperimentati)… Allora se tutto questo avviene l’allarme per una deriva autoritaria rischia di essere un po’ superato… altro che deriva, altro che pensiero unico (nel senso che di pensiero c’è ben poco, ma molto, moltissimo di unico).    E veniamo alla “macchinazione”. Sì, caro presidente Napolitano, la macchinazione c’è stata e c’è. E tu che conosci benissimo la politica e la storia del nostro Paese non puoi non vederla. Chiediti ad esempio perché ancora non ci danno gli estremi (un testo scritto?) del patto del Nazareno, chiediti di quelle presenze istituzionalmente inspiegabili e storicamente compromesse con la parte occulta dello Stato. Chiediti il perché di questo rinascimento di Berlusconi. Chiediti il perché tutto o quasi tutto quello che si vuole fare oggi era già previsto in progetti definiti “macchinazioni” nella relazione della Commissione Anselmi votata quasi all’unanimità dal Parlamento italiano. E chiediti infine perché la più grande banca d’affari del mondo, la J.P.Morgan, già nel maggio del 2013 mentre giurava il governo Letta, chiedeva lo smantellamento delle Costituzioni nate dall’antifascismo.    Chiediti quello che molti si chiedono: le radici della strana e ferrea intesa fra Verdini e Renzi. Io non sono la sola a chiederselo, ma la domanda è: possono i gufi parlare di macchinazione senza che vengano messi a tacere, una volta per tutte, una volta per sempre? Si può riconoscere anche ai gufi la “sacralità della parola”?

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