La ministra Maria Elena Boschi, esperta in diritto societario e madre costituente, nell’illustrare la riforma del Senato, ha affermato: “Qualcuno parla di svolta autoritaria: questa è un’allucinazione e come tutte le allucinazioni non può essere smentita con la forza della ragione”. Ha poi suggellato il concetto con una scialba citazione di Fanfani: “In politica le bugie non pagano”. Gli allucinati bugiardi sarebbero i più illustri costituzionalisti italiani. Da Pace ad Azzariti, da Carlassare a Zagrebelsky, da Rodotà a Urbinati. Alcuni dei quali sono stati da lei auditi in commissione dove, con la forza della ragione, le hanno spiegato perché ritengono questa riforma un vulnus per la democrazia rappresentativa. Riproviamo con parole più semplici. La legge elettorale proposta dal governo e privatamente pattuita al Nazareno, ripercorrendo la logica già affermata dal “porcellum”, ha la finalità di creare ad ogni costo una maggioranza di governo, nel nome di una governabilità che si realizzerebbe non nella capacità di cercare soluzioni, ma nel potere d’imporre decisioni. La sera stessa delle elezioni gli italiani, felici, sapranno chi li governerà. Vent’anni di diseducazione istituzionale e di travisamento della Costituzione, infatti, li hanno irrevocabilmente convinti che l’essenza della democrazia sia nella scelta del capo piuttosto che nel controllo del suo potere, cancellando d’emblée secoli di storia del costituzionalismo. Chi vince, dunque, comandi (ammesso che sappia cosa fare), chi perde si sottometta. Amen. Questa rozza semplificazione comporta la conseguenza che le elezioni saranno sempre più orientate non a eleggere il parlamento, ma il capo del governo, a cui sarà data in dote una congrua maggioranza parlamentare. Le campagne elettorali, quasi totalmente monopolizzate e condizionate dai media televisivi, si concentreranno sulla contrapposizione tra i leader, mentre i parlamentari, imposti in liste bloccate, brilleranno solo di luce riflessa come portavoce della loro leadership. Il legame degli eletti con il territorio sarà sempre più evanescente, quello con il capo, da cui dipendono le loro future sorti, ferreo. Ogni espressione di dissenso sarà in odor di tradimento, essendo imperativo il mandato ricevuto di riflesso dalla consacrazione popolare del leader. Il rapporto gerarchico tra governo e parlamento viene così ribaltato. E’ il capo del governo a legittimare il parlamento e non viceversa, al punto che alla eventuale decadenza dell’esecutivo verrà posta in dubbio la legittimità dell’assemblea a cercare nuove maggioranze e nuove leadership. Già i governi Monti e Letta sono stati ripetutamente tacciati, anche da autorevoli commentatori, di una legittimità spuria non avendo avuto nessuna investitura popolare. Concetto rafforzato, ancorché disatteso, da Renzi, che aveva giurato che mai sarebbe asceso a Palazzo Chigi senza un consenso elettorale. Si va così realizzando, in conflitto con la natura parlamentare della nostra costituzione, un presidenzialismo occulto che assume i caratteri dell’iperpresidenzialismo, poiché nel presidenzialismo correttamente inteso il Parlamento ha una sua autonoma legittimazione che gli garantisce poteri di controllo e d’interdizione nei confronti dell’esecutivo. Questa drammatica frattura fra la costituzione formale e quella materiale rende fragile e opinabile tutto l’impianto istituzionale, trovando certezza solo nella legittimazione elettorale del capo di governo. Qui sta il punto che sfugge alla ministra esperta in diritto societario. La riforma del bicameralismo, seppur aspramente criticabile nella sua configurazione, non sarebbe di per sé foriera di stigmate autoritarie se non stabilisse il devastante precedente per cui qualunque leader consacrato dal consenso popolare e che abbia rimorchiato in Parlamento una “sua” maggioranza, potrà mettere mano alla costituzione, trovando abbondanti giustificazioni logiche nello scollamento che la stessa ha subito. Potrà variare la forma di governo, decidendo delle proprie attribuzioni e ridisegnare tutti gli istituti di controllo. Ed è difficile immaginare che un Senato eletto indirettamente dagli organismi politici regionali e locali, pur conservando un potere legislativo sulle materie costituzionali, possa porsi come argine a questa deriva. Se lo facesse, non si determinerebbe una querelle legislativa, ma un conflitto istituzionale del tutto squilibrato fra un leader forte della sua legittimazione popolare e i ben più deboli, impersonali e incompetenti poteri periferici. Potrebbero allora variare la composizione e le modalità di elezione del CSM portando sotto il controllo della politica le carriere e i procedimenti disciplinari dei magistrati (con il plauso di tutti i consigli regionali). Quell’occhiuta Corte Costituzionale, che tanti fastidi ha regalato ai governi, potrebbe essere manipolata nella sua composizione e addomesticata. Il Presidente della Repubblica potrebbe iniziare il suo discorso d’insediamento ringraziando il Presidente del Consiglio per averlo designato. I partiti, privi di ogni finanziamento pubblico, si ridurrebbero infine a comitati elettorali finanziati dal leader, ovvero dalle lobby economico-finanziarie che lo sostengono. Il premier non dovrà invece preoccuparsi di ricondurre al proprio controllo le cosiddette autority. E’ un lavoro già fatto in partenza. Però la ministra ha forse ragione. Per essere autoritari occorre avere un minimo di autorevolezza. Non è il loro caso. Questo è solo il disfacimento della democrazia nell’ignoranza.
P.S. Qualcuno obietterà che il capo dello stato ha espresso concetti analoghi a quelli della ministra. Per il rispetto istituzionale che ho e che predico, non intendo commentare.
Ricordiamoci che abbiamo sempre l’arma del referendum confermativo,anche se disgraziatamente la riforma dovesse essere approvata coi 2/3 (ma speriamo di no): servirebbero 500.000 elettori entro tre mesi dalla pubblicazione. Chiedo conferma al riguardo. Sono tantissimi, ma Il Fatto ha già raccolto 160.000 firme in una settimana (a proposito L&G dovrebbe fare di quella petizione una sorta di copertina). E’ bene, per ogni evenienza, cominciare già a prepararci a quella raccolta, unendo le forze.
Ma quando direte una parola anche sui 62 governi in 67 anni di Repubblica, frutto di una instabilità scandalosa che ha reso impossibile una qualsiasi riorganizzazione decente dello Stato (e grazie alla quale siamo in declino perenne da un bel po’ di anni)?
O dobbiamo solo sentirci dire che i governi sono fatti per essere affondati dopo mesi dal parlamento? (alla faccia del popolo che comanda, aggiungerei)
@Marco_N. Nella prima repubblica all’instabilità dei governi faceva da contraltare un’assoluta stabilità politica che ha permesso al paese di crescere fino a diventare una potenza economica mondiale e alla democrazia di superare incolume gli anni di piombo e plurime pulsioni antidemocratiche. Non intendo celebrare quegli anni densi di ombre ma anche di luminose figure. Quello che è certo è che la crisi attuale è figlia della seconda repubblica e del mito della governabilità se è vero che dal 1996 al 2011 con la sola eccezione del traballante governo Prodi (2006/2007) si sono succeduti governi che avevano una riconosciuta leadership e una solida maggioranza parlamentare. Altro che instabilità politica. Piuttosto incapacità politica.
gentilissimo sig. Petrini mi permetta di fare una semplice considerazione: io credo che la sua chiarezza come quella degli emeriti costituzionalisti che hanno cercato di spiegare alla sign.na madre costituzionalista, non abbiate fatto altro che confondere le idee in un cervello già confuso dal loro principale da cui queste giovani leve sono state scelte per fare i ministri. l’imprimatur è sempre qello della testa bassa, le frasi sempre le stesse insignificanti allorchè offensive, e andare avanti con questo governo che non è stato eletto da nessuno e questo è senz’altro significativo. Per cui io penso che solo con la forza del polpolo e dei senatori che ancora riescono a ragionare si possa ottenere qualche risultato.
Avendo a che fare con deputati e senatori non eletti dal popolo ma nominati dai capipartito,ilo capopartito Renzi licenzia o ricatta e minaccia chi non gli obbedisce.
Diceva il Principe Tomasi si Lampedusa al messaggero piemontese Chevalley: “,,, chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti,le iene e tutti quanti,gattopardi,sciacalli e pecore,continuremo a crederci il sale della terra”.
Di quali solide maggioranze parlamentari si parla?
Nella seconda repubblica si è votato 5 volte e si sono susseguiti 12 governi.
Cioè una media di un nuovo governo in meno di due anni.
Stabilità vuol dire che il governo che inizia arriva a fine legislatura. Poi si fa valutare dai cittadini, col voto.
Come avviene nei paesi che funzionano.
@Marco_N. Nel 1996 il centrosinistra con l’ulivo ebbe una stabile maggioranza parlamentare. Nel 2001 fu ampia e stabile la maggioranza di centrodestra. nel 2006 (per effetto del porcellum) il centrosinistra ebbe una traballante maggioranza sostenuta dai senatori a vita e dai parlamentari eletti nei collegi esteri. Nel 2008 amplissima fu la maggioranza per il centrodestra. Credo che una legge elettorale non possa fare di più nel nome della governabilità che creare ampie maggioranze. Per cui cominciamo a capire che la governabilità discenda più dalle capacità politiche che dalle ingegnerie elettorali, oppure dobbiamo abolire il Parlamento. La sua puerile raffigurazione della democrazia in cui chi vince comanda e dopo 5 anni lo si giudica, prefigura questa radicale soluzione.
@Marco_N. Errata corrige. Nel 1996 il centrosinistra con l’ulivo ebbe una stabile maggioranza parlamentare. Nel 2001 fu ampia e stabile la maggioranza di centrodestra. Nel 2006 (per effetto del porcellum) il centrosinistra ebbe una traballante maggioranza sostenuta dai senatori a vita e dai parlamentari eletti nei collegi esteri. Nel 2008 amplissima fu la maggioranza per il centrodestra. Credo che una legge elettorale non possa fare di più nel nome della governabilità che creare ampie maggioranze. Per cui o cominciamo a capire che la governabilità discende più dalla capacità politica che dalle ingegnerie elettorali, oppure dobbiamo abolire il Parlamento. La sua puerile raffigurazione della democrazia in cui chi vince comanda e dopo 5 anni lo si giudica, prefigura questa radicale soluzione.
La governabilità deriva da un equilibrio di poteri, a livello costituzionale, che in Italia non esiste.
Non importa se la legge sia proporzionale o maggioritaria, non cambia nulla.
Non c’è nessun cambiamento tra prima e seconda repubblica. La seconda repubblica è un’invenzione giornalistica, non suffragata da nessuna riforma costituzionale (come invece dovrebbe essere).
Il governo debole era e debole è rimasto.
Fa sorridere pensare che sia l’instabilità politica produca ricchezza economica cmq.
Semmai, è possibile che dei paesi godano di ricchezza economica, NONOSTANTE l’instabilità politica (es. Rep. Weimar dopo il periodo inflazionistico e pre-crisi ’29). Ma l’instabilità rende impossibile a un sistema di resistere ai periodi di crisi e di rendere possibile una riorganizzazione.
Anche il duce governò (o comandò ) stabilmente per vent’anni.
Sappiamo però come conseguì la stabilità,come la mantenne, come infine si dissolse e chi ne pagò amaramente le spese.
Questo è un errore di valutazione comune ma anche molto grave.
A livello storico gli Stati che sono nati stabili sono quelli che non sono mai finiti sotto una dittatura.
Viceversa, gli stati con sistemi politici instabili sono risultati il terreno ideale per favorire l’ascesa e la presa del potere da parte di dittatori.
Non è un caso che, in Italia, prima che Mussolini fosse nominato PdC, tra il 1919 e il 1922 si siano succeduti ben 6 governi (una media di uno ogni sei mesi). In Germania, prima della vittoria di Hitler, il popolo tedesco andò a votare 4 volte in 4 anni.
Sono queste situazioni esasperate a favorire le dittature, non certo quelle in cui gli organi costituzionali sono tutelati, per legge, anche in termini di durata e stabilità.
Bravo. Io invece, dal momento che non mi ritengo legato da alcun rispetto istituzionale per chi ha tradito non solo la sua funzione ma l’intera Costituzione e l’intero popolo, commento eccome: è evidente che se la ministra può essere un ignorante e versare quindi in colpa, il signor Napolitano di Napoli invece è sicuramente in DOLO rispetto alle malefatte che ha attuato e continua ad attuare.
P.S. Ma un ignorante LAUREATA eh? QUALCUNO le ha dato una laurea in giurisprudenza! questo la dice lunga su quanto vale oggi la laurea in giurisprudenza, con buona pace di chi ce l’ha, incluso chi scrive, e di chi la conferisce, incluso forse qualcuno che legge.
P.P.S. A scanso d’equivoci non mi sto riferendo a persone in qualche modo legate a L&G.
P.P.P.S. Ovviamente la caduta di un apostrofo nel post che precede è dovuta alla sostituzione «al volo» di ministro con ministra.
Marco,ma non è nemmeno un caso che oggi come cento anni addietro circa, la situazione economica,finanziaria e la fragilità politica democratica è tale da far chiedere alla più grande banca d’affari mondiale,l’abbattimento delle Costituzioni nate dall’antifascismo.