Italicum, l’avviso del Colle

23 Lug 2014

Il pre­si­dente per la seconda volta stende il suo scudo sulle riforme (Renzi le rea­lizza «su man­dato del par­la­mento», dice) e se la prende con chi le giu­dica «una svolta auto­ri­ta­ria». I 5 stelle («Il pre­si­dente più che cen­su­rare alcune opi­nioni dovrebbe garan­tirne l’espressione», replica dal Tg3 Di Maio); Sel, che chiede un col­lo­quio al Colle; ma soprat­tutto un nutrito gruppo di «pro­fes­sori» («pro­fes­so­roni» nel lin­guag­gio di Renzi) a cui non pro­prio sobria­mente due giorni fa la mini­stra Boschi ha dato degli «allu­ci­nati». Chissà se que­sta è il «senso della misura» di cui parla il capo dello stato.

Napolitano OnuUna mano al governo Renzi, che al senato anna­spa ed è ten­tato da una gaffe pesante come tagliare i tempi al dibat­tito sulle riforme costi­tu­zio­nali. Ma anche un avviso, forse un altro impli­cito aiuto allo stesso indi­rizzo: il testo della legge elet­to­rale — con­si­de­rato da Renzi intoc­ca­bile per­ché core busi­ness del patto del Naza­reno — è «desti­nato ad essere ridi­scusso con la mas­sima atten­zione per cri­teri ispi­ra­tori e veri­fi­che di costi­tu­zio­na­lità che pos­sono indurre a con­cor­dare signi­fi­ca­tive modifiche».

Il pre­si­dente Napo­li­tano torna a difen­dere le riforme di Renzi e a bac­chet­tare quelli che si oppon­gono. Lo aveva già fatto il 7 luglio scorso, spo­sando in pieno la fretta del pre­mier con­tro gli «incon­clu­denti», e cioè quei sena­tori che in quelle ore si rivol­ge­vano a lui come garante dei tempi del dibat­tito. Ieri, alla ceri­mo­nia della con­se­gna del Ven­ta­glio, tra­di­zio­nale saluto prima delle vacanze alla stampa par­la­men­tare, rispon­dendo alla pre­si­dente Ales­san­dra Sar­doni, è tor­nato sul tasto delle riforme, di nuovo bac­chet­tando i non alli­neati, rivol­gendo loro «un appello a supe­rare un’estremizzazione dei con­tra­sti, un’esasperazione ingiu­sta e rischiosa — anche sul piano del lin­guag­gio — nella legit­tima espres­sione del dis­senso. E per serietà e senso della misura nei mes­saggi che dal Par­la­mento si pro­iet­tano versi i cit­ta­dini, non si agi­tino spet­tri di insi­die e mac­chi­na­zioni auto­ri­ta­rie. Né si miri a deter­mi­nare in que­sto modo un nuovo nulla di fatto in mate­ria di revi­sioni costituzionale».

Il pre­si­dente per la seconda volta stende il suo scudo sulle riforme (Renzi le rea­lizza «su man­dato del par­la­mento», dice) e se la prende con chi le giu­dica «una svolta auto­ri­ta­ria». I 5 stelle («Il pre­si­dente più che cen­su­rare alcune opi­nioni dovrebbe garan­tirne l’espressione», replica dal Tg3 Di Maio); Sel, che chiede un col­lo­quio al Colle; ma soprat­tutto un nutrito gruppo di «pro­fes­sori» («pro­fes­so­roni» nel lin­guag­gio di Renzi) a cui non pro­prio sobria­mente due giorni fa la mini­stra Boschi ha dato degli «allu­ci­nati». Chissà se que­sta è il «senso della misura» di cui parla il capo dello stato.

Napo­li­tano torna anche sulle sue dimis­sioni: chiede alla stampa di non eser­ci­tarsi in «in pre­ma­ture e poco fon­date ipo­tesi e pre­vi­sioni» ma poi ammette di aver «rite­nuto neces­sa­rio garan­tire la con­ti­nuità ai ver­tici dello Stato nella fase così impe­gna­tiva del seme­stre ita­liano di pre­si­denza euro­pea», ferme restando le sue «per­so­nali forze».

Parole in sin­to­nia con altre già dette, e che sem­brano allu­dere a dimis­sioni alla fine del seme­stre, e quindi all’inizio del 2015. Parole che hanno man­dato in tilt i boa­tos che in que­ste ore rim­bal­zano il pos­si­bile voto anti­ci­pato, come carta coperta di Renzi, o come stru­mento di pres­sione sulle camere per acce­le­rare l’iter delle riforme. Pro­prio ieri Roberto Gia­chetti, vice­pre­si­dente della camera, ha scritto una let­tera aperta al pre­mier sug­ge­ren­do­gli di tor­nare al voto anche con il con­sul­tel­lum anzi­ché subire «que­sto ostru­zio­ni­smo che uccide la spe­ranza di milioni di ita­liani». C’è chi dice che la let­tera sia stata sug­ge­rita dallo stesso Renzi. Gia­chetti, ex radi­cale e ren­ziano outsi­der, non è tipo da farsi sug­ge­rire le ini­zia­tive dal pre­mier. Ma certo a Renzi la mossa è tor­nata utile.

Pas­sando per le «stragi dei dispe­rati nei nostri mari» e per quelle «di tanti incol­pe­voli uccisi nei bom­bar­da­menti su Gaza» il discorso arriva all’Italicum. E qui Napo­li­tano avverte che il testo già votata alla camera, è «desti­nato ad essere ridi­scusso con la mas­sima atten­zione per cri­teri ispi­ra­tori e veri­fi­che di costi­tu­zio­na­lità che pos­sono indurre a con­cor­dare signi­fi­ca­tive modi­fi­che». In sol­doni, così l’Italicum non passa, sem­bra dire il pre­si­dente. Negli scorsi giorni erano già cir­co­lati i suoi dubbi sul testo. Ne aveva par­lato con Pier­luigi Ber­sani il 3 luglio nel suo stu­dio. Ormai nel rango del «padre nobile» della mino­ranza Pd, l’ex segre­ta­rio gli aveva ripe­tuto la sua con­tra­rietà al testo così com’è. Molti «pro­fes­sori», di cui il pre­si­dende è attento let­tore, da mesi segna­lano i loro dubbi. Resta ora da capire quali siano le «distor­sioni della rap­pre­sen­tanza» segna­late dalla Con­sulta nel vec­chio por­cel­lum a spin­gere il Colle al pre­av­viso. Renzi ha ormai messo in conto qual­che modi­fica all’Italicum, i suoi ne par­lano espli­ci­ta­mente. Napo­li­tano uffi­cia­lizza que­sta neces­sità per­ché anche Ber­lu­sconi se ne fac­cia una ragione. Quel Ber­lu­sconi a cui d’altro canto rende omag­gio per una riforma della giu­sti­zia final­mente pos­si­bile dopo il «rico­no­sci­mento che è stato espresso nei giorni scorsi da inter­lo­cu­tori signi­fi­ca­tivi, per “l’equilibrio e il rigore ammi­re­voli” che carat­te­riz­zano il silen­zioso lavoro della grande mag­gio­ranza dei magi­strati ita­liani». In ogni caso la richie­sta di modi­fi­che all’Italicum, assai più che le bac­chet­tate ai dis­si­denti, pos­sono aiu­tare a sbloc­care lo stallo del senato.

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