La faccia tosta con cui si cerca di prendere in giro i cittadini è formidabile: l’immunità per il nuovo Senato di non eletti non la voleva nessuno. Poi, dopo qualche abracadabra, è ricomparsa, benedetta dal governo e da una larga maggioranza. Se la vedrà l’aula – ieri il ministro Boschi ha ipotizzato l’ennesima modifica – intanto si ragiona su questa bozza di riforma della Camera alta, passata attraverso giravolte, voltafaccia e modifiche di varia natura. Abbiamo chiesto lumi a Lorenza Carlassare, professore emerito di Diritto costituzionale a Padova.
Professoressa, che pensa dell’immunità per il Senato composto, com’è ora, da sindaci e consiglieri regionali?
Mi sembra una proposta veramente inammissibile: sarebbe ragionevole estendere ai membri del ‘nuovo’ Senato l’insindacabilità, stabilendo che, come i deputati, non possano essere chiamati a rispondere per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Purché l’insindacabilità si riferisca unicamente alle funzioni senatoriali e non alle altre esercitate in diversa veste.
Un numero vergognoso di amministratori locali è sotto inchiesta per i rimborsi elettorali. Questo aggrava ulteriormente una simile proposta e insinua il dubbio – spero infondato – che stia qui la vera ragione dell’intero impianto. Discutibile già perché conferisce a un Senato non elettivo alte funzioni come la revisione costituzionale e non solo funzioni consultive e di controllo su questioni regionali.
Lei sarebbe favorevole ad abolire l’autorizzazione a procedere per le perquisizioni, gli arresti e le intercettazioni di parlamentari anche alla Camera?
Forse oggi sarei favorevole soprattutto considerando il degrado morale, ma si dovrebbe riflettere.
Nella bozza approvata mercoledì è sparita l’ipotesi di utilizzare la Consulta come giudice delle autorizzazioni a procedere per i parlamentari.
Meno male! Era un’idea assurda che avrebbe inevitabilmente coinvolto la Corte in vicende politiche, esponendola a critiche pretestuose dell’una o dell’altra parte a seconda di come avesse deciso. Alla Corte andrebbe piuttosto affidato il controllo sulle elezioni come in Francia e in altri Paesi: tutte le questioni relative all’ineleggibilità, in particolare, avrebbero così un giudizio ‘terzo’ e non un giudizio proveniente dagli stessi parlamentari pronti a favorirsi a vicenda.
I sostenitori dell’immunità si appellano ai padri costituenti che la vollero nella Carta. Come dire: se Calamandrei e Dossetti hanno introdotto l’immunità, allora è una buona cosa. Vogliamo sfatare questo mito?
La norma fu introdotta anche perché era già nello Statuto Albertino come in altre Carte costituzionali e, se applicata correttamente, potrebbe rimanere pur avendo in parte perso la sua giustificazione. Salva sempre l’insindacabilità che deve rimanere, non va dimenticata la diversa situazione da cui originano le prerogative parlamentari, dominata dalla presenza forte di un monarca. Nel Parlamento medievale la rivendicazione delle libertà nasceva dall’esigenza di garantirsi dalle pesanti interferenze regie; in Inghilterra la regola che la libertà di parola, di discussione e di azione in Parlamento non potesse essere contestata né in sede giudiziaria né in alcuna sede diversa da quella parlamentare (insindacabilità) fu codificata nel Bill of Rights nel 1689. In Francia, un secolo dopo, mentre il re era pronto a usare la forza contro i rappresentanti del Terzo stato riuniti in assemblea, fu approvata una dichiarazione che stabiliva l’inviolabilità della persona di ciascun deputato (immunità) che discende – dirà Robespierre – “dai principi che nessun centro di potere possa ergersi al di sopra del corpo rappresentativo della Nazione”. Ma se i senatori non sono neppure eletti?
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La prof. Carlassare ha profondamente ragione. Con un numero elevato di consiglieri regionali che hanno abusato dei rimborsi elettorali ed di altri che hanno facilitato appalti e concessioni, la mala gestione di imprese partecipate dall’ente locale in cambio di prebende, si può immaginare e si deve evitare che in un Senato di non eletti sieda un numero di prescelti dai colleghi perché abbisogna il più possibile di immunità da reati gravi. Come si può immaginare deve essere evitato che eserciti un controllo di costituzionalità sulle leggi chi è già fuori della legalità. Aggiungo. Quale controllo di efficacia rispetto agli obiettivi proposti da politiche regionali e comunali possa esercitare un senato di nominati da coloro che di quelle politiche sono autori, gestori o controllori in sede.
Terribili tradimenti si stanno preparando per la convivenza democratica dopo i drammi della disoccupazione crescente, della perdita di una generazione di giovani, con un accanimento spiegabile solo dalla precarietà del consenso ottenuto in un tempo di crisi lungo e lungi dall’essere avviato a risolversi. In un tempo di velocità che ricorda la gatta che fa i gattini ciechi chi ricorda la lentezza del bradipo come fonte di saggezza?
Mi pare che in questo intervento la prof.ssa aggiusti già un pò il tiro rispetto a precedenti dichiarazioni che avevo letto.
“Si dovrebbe riflettere”. Appunto.
Comunque, il fatto che una garanzia costituzionale sia nata in un periodo completamente diverso non implica affatto che quella garanzia non sia più utile per il futuro.
Negli altri paesi, non mi risulta che l’immunità sia stata abolita.
Perché non ci rifacciamo un po’ più alle costituzioni dei paesi a noi simili per risolvere i problemi istituzionali in cui versiamo?
Vi pare normale, ad esempio, avere una media di un governo all’anno, negli ultimi 67 anni, quando il resto del mondo funziona con governi di legislatura?
Non è forse proprio a causa di questo, cioè alla fragilità cronica dei nostri esecutivi e quindi alla incapacità di assumere decisioni che almeno all’inizio scontentino più di qualcuno, che siamo arrivati a scontare un pesante deficit di sviluppo rispetto al resto d’europa?