Chiti: sulla norma pasticcio inaccettabile

02 Lug 2014

Il senatore Chiti scrive al Corriere per alcune considerazioni sulla riforma costituzionale, ora in discussione in Senato. Nel frattempo in Commissione è stato bocciato un emendamento presentato dallo stesso Chiti, Mario Mauro e altri 35 senatori, che riattribuiva al futuro Senato molte competenze legislative, in modo da ripristinare quasi l’attuale bicameralismo.

chitiQuesta mattina è stato bocciato un emendamento presentato da Vannino Chiti, Mario Mauro e altri 35 senatori, che riattribuiva al futuro Senato molte competenze legislative, in modo da ripristinare quasi l’attuale bicameralismo.

Caro direttore,
Le chiedo ospitalità per alcune considerazioni sulla riforma costituzionale, ora in discussione in Senato. Chi, su alcuni punti, ha presentato proposte diverse, è stato accusato di sabotaggio. Al contrario vogliamo le riforme: sono urgenti. Devono però essere buone riforme, altrimenti la nostra democrazia si impoverirà. L’elezione indiretta provoca anche un pasticcio inaccettabile sull’immunità. Da un lato la estende agli amministratori in modo improprio, dall’altro differenzia tra sindaci e tra consiglieri regionali. C’è ampio accordo sul fatto che la Camera abbia l’esclusività del rapporto di fiducia con il governo e l’ultima parola su gran parte delle leggi, compresa quella di bilancio. Occorre mantenere — come in molte grandi democrazie — competenze paritarie di Camera e Senato su Costituzione, leggi elettorali e referendum, ordinamenti dell’Ue e delle Regioni, diritti fondamentali, quali quelli delle minoranze, la libertà religiosa, i temi eticamente sensibili. Non sui diritti ma sugli altri aspetti e sul numero dei senatori — 100 e non più 150 — si è tenuto conto delle nostre proposte: segno che non erano delle invenzioni per perdere tempo. Ritengo che sui diritti fondamentali debba mantenersi un bicameralismo paritario: non possono essere di esclusiva competenza della maggioranza di governo. È un ruolo di garanzia e di equilibrio da far svolgere al Senato: se per la Camera si adotta una legge maggioritaria che assicuri governabilità, è necessario avere un Senato aperto alla presenza delle forze più rappresentative in ogni regione. È importante una sua piena legittimazione attraverso l’elezione dei senatori da parte dei cittadini, in concomitanza con quella dei consigli regionali. Non ci sono rischi di far rientrare dalla finestra la fiducia ai governi: il Senato non si formerebbe in un’unica elezione né sarebbe sciolto ad una stessa scadenza. È anche superficiale dire che la riforma della Camera, con la riduzione da 630 a 470 deputati, non sia all’o.d.g. Chi lo stabilisce? Ci sono emendamenti precisi: si deve dire sì o no! Mi è stato ricordato che in passato ho sostenuto l’opzione del Bundesrat tedesco: è vero. Da sempre sono convinto che sia l’unica alternativa al Senato elettivo. Il modello tedesco va preso tutto quanto, non a piacimento. Nel Bundesrat siedono solo i governi regionali — non consiglieri e sindaci — e votano in modo unitario; sulle leggi non bicamerali, il Bundestag può modificare proposte del Senato solo con una maggioranza uguale a quella con cui sono state approvate. Infine, il Bundestag è eletto con legge proporzionale e sbarramento al 5%.
Altre soluzioni non convincono. Gli Stati Uniti hanno sperimentato il Senato di secondo grado: sono passati al voto diretto dei cittadini dopo aver registrato gravi casi di corruzione e una rappresentanza troppo localistica. La Francia nel marzo scorso ha stabilito che dalle prossime elezioni non si potrà essere più sindaci, presidenti di regione e parlamentari. Esperienze fallite, da noi diventano innovazione? Voler mantenere ai cittadini il diritto di scegliere con il voto i loro rappresentanti nelle istituzioni sarebbe conservazione? Nel XXI secolo la democrazia è sfidata non solo dai terrorismi, ma da semplificazioni che danno vita a quella che viene definita dittatura delle maggioranze, un affievolirsi cioè dei controlli sui governi. È un pericolo dal quale guardarsi. La democrazia ha bisogno di partecipazione e governabilità, non di contrapporre l’una all’altra.

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