E’ sempre il momento di Calderoli

07 Mag 2014

Lui che a Loren­zago in ber­muda e grappa si fece costi­tu­zio­na­li­sta più dei pro­fes­sori con­vo­cati in baita, e tra­la­sciamo gli esiti. La sua tec­nica è col­lau­data. Alla solu­zione ci arriva creando un pro­blema. Ieri un ordine del giorno. Per­sino ragio­ne­vole, di fronte al governo che vuole imporre il suo dise­gno di legge mal­grado i sena­tori glielo abbiano fatto a pezzi nel dibat­tito. «Poi lo cam­biamo», assi­cu­rano Renzi-Boschi, cui importa sol­tanto pian­tare la ban­diera prima delle ele­zioni.

Onorevole-Roberto-Calderoli-Lega-NordLa devo­lu­tion, il Por­cel­lum, il fede­ra­li­smo fiscale sono tutti figli suoi, tutti sepolti. Il den­ti­sta Roberto Cal­de­roli opera senza ane­ste­sia. Le con­se­guenze spesso fan sof­frire. Un refe­ren­dum, una sen­tenza della Corte Costi­tu­zio­nale e la massa iner­ziale di nove illeg­gi­bili decreti attua­tivi non bastano a sutu­rare le ferite. Il Por­cel­lum ancora infetta la legi­sla­tura. Per la Con­sulta il par­la­mento eletto con una legge ille­git­tima è ille­git­timo. Andrebbe sciolto, ma non si può. Non si vuole. Biso­gna fare prima la legge elet­to­rale e magari la revi­sione della Costi­tu­zione. Così torna in gioco lui, Calderoli.

Sono in pochi ad aver meri­tato una con­danna ad per­so­nam dalle Nazioni unite, qual­che dit­ta­tore forse. Per il suo insulto alla ex mini­stra Cecile Kyenge l’ex den­ti­sta ed ex mini­stro fu defi­nito un per­so­nag­gio «scioc­cante» dall’alto com­mis­sa­rio per i diritti umani dell’Onu. Pochi anche gli uomini soli capaci di far sol­le­vare un popolo intero, com­pa­rendo al Tg della sera. Lui, sor­riso sti­rato e occhietti immo­bili nel volto sovrac­ca­rico, ce l’ha fatta con quella maglietta anti Mao­metto. Quella maglietta, e Cal­de­roli è ancora qui. Imprescindibile.

Ogni volta valan­ghe di cri­ti­che, allu­vioni di con­danne e un cam­pio­na­rio di prese di distanza. Richie­ste di dimis­sioni anche. Per­ché lui è sem­pre in un posto dove non dovrebbe stare. Ma in genere ci resta, anzi poi lo applau­dono quando pre­siede l’aula del senato come solo lui sa fare. Ha sal­vato diversi governi, riu­scendo a fer­mare diversi ostru­zio­ni­smi. Bravo Cal­de­roli. Due mesi prima delle ultime ele­zioni, un mese prima della sen­tenza della Corte Costi­tu­zio­nale, era ancora lì che si inven­tava sistemi elet­to­rali ispanico-padani o cor­re­zioni al suo clas­sico Por­cel­lum. E per l’Italicum ha già in testa due o tre ram­mendi che certo non potranno peg­gio­rarlo. Nel frat­tempo è il più ricer­cato della prima com­mis­sione al senato. Stu­dia emen­da­menti, rac­co­glie con­sensi, improv­visa ordini del giorno. Si dedica alla Costituzione.

«Loda­tore» pro­fes­sio­ni­sta, nel senso che prova sem­pre a pro­porre un’intesa — un «lodo» — tra le oppo­ste fazioni, Cal­de­roli è stato voluto dal Pd e da Forza Ita­lia al posto di rela­tore sul bica­me­ra­li­smo. Per­ché, dicono, alla fine una solu­zione lui la trova. Lui che a Loren­zago in ber­muda e grappa si fece costi­tu­zio­na­li­sta più dei pro­fes­sori con­vo­cati in baita, e tra­la­sciamo gli esiti. La sua tec­nica è col­lau­data. Alla solu­zione ci arriva creando un pro­blema. Ieri un ordine del giorno. Per­sino ragio­ne­vole, di fronte al governo che vuole imporre il suo dise­gno di legge mal­grado i sena­tori glielo abbiano fatto a pezzi nel dibat­tito. «Poi lo cam­biamo», assi­cu­rano Renzi-Boschi, cui importa sol­tanto pian­tare la ban­diera prima delle ele­zioni. «E allora cam­bia­telo così», si inse­ri­sce Cal­de­roli. E giù una nuova Costi­tu­zione fic­cata den­tro un ordine del giorno. Glielo vote­reb­bero pure, i sena­tori, diven­tati ner­vosi per i troppi ulti­ma­tum della ministra.

E allora, per andare avanti, Cal­de­roli deve riti­rare il suo ordine del giorno. Eccolo quindi che può mediare, vedere cosa sta scritto nel nuovo testo che il governo accet­te­rebbe, chio­sare, emen­dare. Lodare. Cal­de­roli ancora al cen­tro della scena, con la nota sag­gezza ber­ga­ma­sca: «Vedere cam­mello, dare tap­peto». L’altra rela­trice, la pre­si­dente Finoc­chiaro, si arrab­bia: «Non mi ha avver­tito». E denun­cia lo «sgarbo isti­tu­zio­nale» del leghi­sta. Però non vede quello del governo che minac­cia le dimis­sioni per deci­dere i tempi e i modi del dibat­tito par­la­men­tare, avendo già deciso l’oggetto, cioè il dise­gno di legge.

Cal­de­roli cor­ruga solo un soprac­ci­glio. Ha memo­ria di ele­fante. Ha vis­suto come un torto per­so­nale lo spo­sta­mento dell’Italicum dal senato alla camera. «Oggi — dice — gli ho reso pan per focac­cia». E alla fine incassa il sì al suo ordine del giorno. Cro­naca vera di uno sta­ti­sta italiano.

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