La Storia nel taccuino Sandra Bonsanti e le vicende italiane, raccontate attraverso i suoi appunti da cronista

05 Apr 2014

«Abbiamo avuto Andreotti e Sindona, ma anche Ugo la Malfa e Giorgio Ambrosoli. Abbiamo avuto Carmelo Spagnuolo e Cossiga e Gladio, ma anche Sandro Pertini. Abbiamo avuto Berlusconi e Dell’Utri ma anche Falcone e Borsellino. Abbiamo avuto Licio Gelli ma anche Occorsio e Minervini e Tina Anselmi». Salvatore Settis recensisce il libro su L’Espresso .
Il Gioco grande del potere a Firenze .

sandra_metroVerso la fine del suo ultimo libro scrive Sandra Bonsanti: «Abbiamo avuto Andreotti e Sindona, ma anche Ugo la Malfa e Giorgio Ambrosoli. Abbiamo avuto Carmelo Spagnuolo e Cossiga e Gladio, ma anche Sandro Pertini. Abbiamo avuto Berlusconi e Dell’Utri ma anche Falcone e Borsellino. Abbiamo avuto Licio Gelli ma anche Occorsio e Minervini e Tina Anselmi». L’Antistato e lo Stato, insieme, legati da una ragnatela di connessioni mortali nel senso letterale del termine visto l’alto numero di morti eccellenti e di stragi senza mandanti, da sempre, dal ’47 a oggi. Dalla proclamazione della Costituzione a oggi che la Costituzione è in fase di profonda revisione. Lo dice Sandra Bonsanti in forza di un lavoro di recupero della memoria, della sua memoria, anzi di quella depositata nei suoi taccuini, che lunedì 7 aprile presenterà al Circolo Vie Nuove con il senatore Miguel Gotor, con il direttore del Corriere Fiorentino Paolo Ermini e con il caporedattore di Repubblica Sandro Bertuccelli. Duecentocinquanta pagine in cui è lei, la cronista de Il giorno, del Mondo, di Panorama, de La Stampa, di Repubblica, la parlamentare di Libertà e Giustizia a stimolarci a partire da quei suoi appunti per capire il presente, a far parlare i fatti prima di farsi un’opinione.
E i fatti narrati sono quelli in cui si è impantanata la nostra Repubblica: l’omicidio Mattei, 1962, la strage di Piazza Fontana, 1969, l’omicidio De Mauro, 1970, e quello del procuratore Pietro Scaglione, nel 1971, che con De Mauro aveva più volte avuto a che fare per scoprire i veri mandanti del presidente dell’Eni. E ancora la strage dell’Italicus, 1974, l’omicidio del giudice Occorsio, nel 1975, reo di aver individuato in Pietro Valpreda e nella destra eversiva i responsabili della strage di piazza Fontana, il sequestro Moro 1978, la morte di Michele Sindona, in carcere nel 1986 come mandante dell’omicidio Ambrosoli, e poi le grandi stragi di mafia, giù giù sino alla più recente contemporaneità. Su tutto aleggia il patto scellerato tra la destra eversiva che male aveva digerito la fine del fascismo in Italia, la mafia siciliana con le su diramazioni tentacolari, il piano di Rinascita democratica con Licio Gelli grande burattinaio della storia d’Italia e un parterre di politici coinvolti in segreti non ancora del tutto svelati. Cossiga, ministro dell’Interno, quando l’omicidio Moro mise d’accordo Brigate Rosse e interessi d’Oltreoceano per bloccare il compromesso storico tra Dc e Pci; Andreotti che chiamava Michele Sindona il «salvatore della lira», Licio Gelli, il Venerabile della P2, che lei ha incontrato di persona a villa Wanda.
Un lavoro come questo, è ovvio, contiene una mole di informazioni immensa, che è bene tenere a mente. E sono informazioni di prima mano visto che Sandra Bonsanti è in Italia tra le più autorevoli conoscitrici dei misteri nati all’ombra della loggia P2, anche se non lo ammetterà mai. «Ci sono tanti che ne sanno più di me» ci dice mentre illustra il suo lavoro. Se le chiedi il perché adesso questo libro (è uscito a settembre scorso ed è già alla quinta ristampa) ne fa prima una questione personale. «Ho trovato i miei vecchi taccuini, una vita di lavoro da cronista, volevo fare ordine in quello che ho fatto ed appreso». Poi aggiunge: «È bene che si sappia un poco di storia». Proprio ora che stiamo per riformare la Costituzione? «Proprio ora e sempre». Poi fa una pausa e aggiunge: «In Italia è da tanto che si parla di revisione della Costituzione. Ed è anche giusto rivedere alcuni elementi della nostra Carta. Ma non credo sia possibile fare un lavoro di stravolgimento dei principi che regolano la nostra convivenza senza che si pensi a un bilanciamento dei poteri. È possibile — dice Bonsanti — andare nella direzione di una Repubblica presidenziale senza aver per esempio risolto il problema del conflitto di interessi, senza pensare a una legge elettorale che non metta ogni decisione nella mani dei segretari di partito?». Quesiti che gira al lettore e su cui non si sofferma più di tanto.
Perché è al passato che intende rivolgersi. E ad alcuni personaggi ed episodi precisi di quel passato. Nel suo libro se ne incontrano a decine, lei con noi si sofferma su quelli che hanno inciso nel bene o nel male più fortemente nella storia d’Italia. Michele Sindona, per esempio: il banchiere di Patti che riciclava i soldi di John Gambino, Stefano Bontate, Salvatore Inzerillo e Rosario Spatola, che comprò e portò al crac finanziario la Banca privata finanziaria e più o meno lo stesso fece con la Franklin National Bank, che simulò un suo sequestro e morì avvelenato nel carcere di Voghera dove doveva scontare l’ergastolo per l’omicidio del commissario liquidatore della Banca privata finanziaria Giorgio Ambrosoli. Lui che poco prima di morire dal carcere scrisse alla Bonsanti due lettere: «Mi sono chiesta a lungo cosa intendesse dirmi, al di là di qualche accusa sulla mia presunta scorrettezza nello scrivere su di lui e suoi legami con la loggia P2 e la mafia — dice — credo che il suo intento fosse quello di prendere la distanza da Francesco Pazienza (agente del Sismi, coinvolto, tra l’altro nello scandalo del banco Ambriano ndr). Lui era un uomo di un’intelligenza straordinaria, ma un mentitore di altrettanta straordinaria capacità. Probabilmente voleva usare me per prendere le distanze pubblicamente da quel mondo». Non finisce qui la disamina della cronista. Fu lei nel 1981 a portare a Repubblica, la testata per cui lavorava, il documento con il Piano di Rinascita nazionale della P2 stilato da Licio Gelli, con Francesco Cosentino, uomo dello Stato e dell’Antistato insieme. «Cosentino — racconta ancora Sandra — era la stessa persona che tutti noi abbiamo visto nella foto dei libri di storia ritratto accanto al presidente della Repubblica Enrico De Nicola quando firmava la nostra Costituzione. È stato per anni segretario generale della Camera dei Deputati e il sodale di Gelli nel piano della P2».
Il caso è forse emblematico dell’intreccio tra Stato e Antistato che racconta la Bonsanti in queste pagine. Lei che alla fine della nostra conversazione ci lancia due provocazioni: «Falcone morì nel 1992, non solo per mano mafiosa, ma sopraffatto da quanti gli rimproveravano di aver fatto un’alleanza con il Psi per diventare ministro degli Interni. Ma non è ora di dirci che se Falcone fosse andato al Viminale sarebbe stata una pagina bellissima della nostra storia politica?».
Forse sì, come forse ha ragione a lanciare il suo secondo appello. Quello a ricordarci chi era Tina Anselmi, l’ex partigiana a capo della Commissione d’inchiesta della Loggia P2. «Una — conclude — di cui si dovrebbe sapere e parlare di più, a cominciare dalle scuole». Noi lo accogliamo.

Salvatore Settis recensisce il libro su “L’Espresso”

Lunedi 7 aprile presentazione de “Il Gioco grande del potere” a Firenze, Circolo Vie Nuove

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