Tante firme di giuristi per l’appello di Libertà e Giustizia: “Un parlamento delegittimato dalla consulta non può stravolgere la carta”. Oggi la bozza nella direzione PD.
Dietro la riforma che è la bandiera del fu rottamatore “c’è il progetto di stravolgere la Costituzione”, da parte di “un Parlamento delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale”. Con l’obiettivo di dare al presidente del Consiglio “poteri padronali”, per una “svolta autoritaria” che è un vecchio sogno di Silvio Berlusconi. Libertà e Giustizia lancia un appello contro la “grande riforma” su cui Renzi punta quasi tutto, imperniata sull’abolizione del Senato e sulla revisione del Titolo V (Regioni, Province e Comuni). “Se non va a casa il Senato vado a casa io” rilancia il premier, come un pokerista. Ma nel suo progetto si annidano pesanti rischi per la Costituzione. Così avverte il testo diffuso da Libertà e Giustizia, sottoscritto subito da costituzionalisti e intellettuali. Molti si erano già mobilitati contro il ddl costituzionale 813 del governo Letta: quello che voleva stravolgere l’articolo 138, la valvola di sicurezza della Carta, così da spalancare le porte al semipresidenzialismo. Il testo si inabissò a un passo dall’approvazione, perché il Berlusconi appena decaduto fece mancare i numeri. “La maggioranza che voleva stravolgere il 138 è la stessa che punta al monocameralismo” ricorda Alessandro Pace, professore emerito di diritto costituzionale, e uno dei firmatari dell’appello.
Spiega: “Questo è un parlamento chiaramente delegittimato dalla sentenza della Consulta che ha cancellato il Porcellum. Doveva fare in fretta una nuova legge elettorale, per poi tornare al voto. Non può certo preparare una profonda revisione della Costituzione, che spazia dalla cancellazione del Senato fino alla forma di governo. E non può preparare una legge elettorale che è un Porcellum bis”. Pace si sofferma poi sui rischi: “Spazzare via il Senato è inutile e dannoso. Il bicameralismo legislativo ci ha salvato tante volte, perché una delle due Camere riparava ai danni dell’altra. Pensiamo forse che i futuri parlamentari saranno più bravi di quelli attuali?”. Obiezione: tagliare il Senato riduce i costi e velocizza i tempi. Pace ribatte: “Per risparmiare basta tagliare il numero dei parlamentari in entrambe le Camere. Quanto ai tempi, si possono cambiare i regolamenti, senza toccare la Costituzione”. La costituzionalista Lorenza Carlassare osserva: “È tutto l’impianto delle riforme che non va: questa legge elettorale vuole limitare la rappresentanza, togliendo voce a ogni opinione minoritaria. Quanto al Senato, si vuole ridurlo a un organo non elettivo, a cui resterebbe però una funzione essenziale come quella di partecipare alle riforme costituzionali. Un’altra gravissima limitazione della rappresentanza, e quindi della democrazia”. La riforma potrebbe allargarsi al premierato forte, dando al capo del governo il potere di porre la “ghigliottina” sui disegni di legge (imponendo tempi certi per la votazione), e, soprattutto, di revocare i ministri. Si parla di una proposta di Forza Italia sul punto, accolta da Renzi. “Il segretario vuole dare un segnale a Berlusconi, da sempre per il premierato forte, perché teme che l’accordo con Forza Italia in Senato traballi” ragiona un parlamentare della minoranza Pd. Convinto che “questa storia del premierato è più che altro una sciarada”. Gianni Cuperlo su Repubblica ha comunque dato il suo via libera: “Un presidente con maggiori poteri non mi preoccupa”.
Ma la proposta che piace al Caimano non ci sarà, nella bozza sulla riforma che verrà presentata oggi alla Direzione del Pd. “Nel testo il premierato forte non c’è” conferma Maria Elena Boschi. Per poi precisare: “In direzione non verrà approvato un articolato vero e proprio. Discuteremo di un testo del governo, sul quale c’è già stato un confronto nella maggioranza in Consiglio dei ministri”. Lo stesso testo che verrà presentato in Senato. In serata, nota di Forza Italia: “Berlusconi conferma il sostegno al percorso di riforme concordato con il premier”. Il ddl costituzionale dovrebbe essere presentato la prossima settimana. Renzi vuole il primo sì alla riforma entro il 25 maggio: prima delle Europee.
A parte l’inadeguatezza dei proponenti e la delegittimazione del parlamento attuale, dietro c’è un disegno che ricorda non troppo vagamente la P2 di Gelli. Concentrazione dei poteri, autoritarismo, svuotamento delle funzioni del parlamento. Occorre mobilitarsi anche in vista di un possibile referendum.
Sotto la indiscreta regia di sua eccellenza Giorgio Napolitano, codesto parlamento incostituzionale è già stato costretto a subire un golpe di Stato bianco: la rielezione della suddetta eccellenza a presidente della Repubblica.
Colpo di Stato bianco, perché attuato senza spargimento di sangue e nel silenzio dei media al seguito.
Colpo di Stato, perché sua eccellenza è stato rieletto non dopo aver terminato il settennato o essersi dimesso dalla carica, bensì mentre era ancora in carica e soltanto dopo esservi stato rieletto.
La sua rielezione, infatti, è stata votata il 20 aprile 2013; soltanto nella mattinata del 22 aprile, ormai sicuro che sarebbe rimasto al timone di cui si era saldamente impossessato, sua eccellenza ha firmato le proprie dimissioni da presidente della Repubblica, riaccettando subito dopo, alle 17 del pomeriggio di quello stesso giorno, la rielezione concordata a una carica da cui si era dimesso soltanto qualche ora prima.
A che scopo tutto questo? Allo scopo auspicato e dichiarato di riacquistare il potere di sciogliere il parlamento, appena eletto con legge incostituzionale, qualora esso avesse ancora recalcitrato alla formazione del governo voluto da sua eccellenza.
Oggi, un tale parlamento, eletto con una legge incostituzionale e sotto il perenne ricatto di essere sciolto dal presidente rieletto contro logica e contro costituzione, viene costretto a stravolgere la Costituzione italiana, perché così vuole sua eccellenza e il governo Berlenzi, da lui nominato dopo la liquidazione del governo Lettoni.
Protestare non basta più né basta firmare.
Bisogna passare alla non collaborazione e al boicottaggio di codesto processo reazionario e di coloro che lo promuovono.
Prima che sia troppo tardi!