Berlusconi chiede e Renzi risponde

Berlusconi chiede e Renzi risponde. Il premier su richiesta di B. velocemente accetta di aumentarsi da solo i poteri che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato. Se i ministri non obbediscono, è lui a mandarli a casa. La prossima richiesta sarà quella di abolire l’autonomia della magistratura (Articolo 101): la diplomazia Boschi-Verdini è già al lavoro?

1 commento

  • Nella grande riforma costituzionale che i costituzionalisti Boschi e Verdini stanno scrivendo su mandato di Renzi e Berlusconi e che il Parlamento sarà chiamato a ratificare pena l’infamante accusa di opporsi al cambiamento, sarà sancito il potere di revoca dei ministri da parte del Presidente del Consiglio. Prescindendo dal metodo e restando nel merito, trovo concettualmente ammissibile questo potere iscrivendosi armonicamente nel dettato costituzionale che all’art.95 assegna al Presidente del Consiglio il compito di dirigere la politica generale del Governo assumendone la responsabilità, nonché di mantenere ” l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri”. Ciò che è inaccettabile è l’enfasi con cui si annuncia questa novella costituzionale attribuendole un potere salvifico nel solco dell’agognata e mai sazia governabilità. E’ un falso grossolano. La ricaduta pratica della norma sarà nulla. Infatti, già oggi, a Costituzione vigente, Renzi può dimissionare quei Ministri che ha chiamato al Governo in virtù di un personale rapporto fiduciario ma non potrà invece, né oggi né domani, sfiduciare Lupi o Alfano se non passando attraverso una crisi di governo. Ci sono ministri la cui presenza nel governo garantisce gli accordi su cui si fonda la maggioranza, accordi fra partiti o fra componenti interne ai partiti, e la cui revoca metterebbe in discussione i patti di maggioranza. Berlusconi durante il suo secondo governo nel 2004 ottenne senza colpo ferire le dimissioni di Tremonti, potente ministro dell’economia, quando entrò in aperto conflitto con l’alleato Fini, ma, quando durante il suo quarto mandato avrebbe voluto liberarsi di lui, non poté farlo avendo il ministro trovato la protezione di un altro alleato (Bossi). Al governo Letta bastò far capire al ministro De Girolamo la debolezza della propria posizione politica per ottenerne le dimissioni mentre dovette esporsi in prima persona di fronte al Parlamento per salvaguardare il ministro Cancellieri a riprova del fatto che le revoche (o le opportunistiche dimissioni) hanno sempre una genesi e una soluzione politica. In definitiva anche in questa occasione si scaricano sull’incolpevole Costituzione le responsabilità e le incapacità della politica. Ma ciò che più mi amaraggia è che il centrosinistra enfatizzando il valore innovativo di questa modesta seppur plausibile riforma, dimostra di aver acriticamente assorbito tutti i luoghi comuni della propaganda berlusconiana che, a difesa della propria incapacità, andava raccontando ai quattro venti quanto fosse limitato il potere di un Presidente del Consiglio che, tapino, doveva sottomettersi ai capricci dei propri ministri non potendo neppure revocarli.

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