«No a minacce di crisi: Palazzo Madama deve essere eleggibile»

tocci«Se va fatta prima la legge elettorale o la riforma del Senato? Direi che, più importante del calendario, è il clima politico: Matteo Renzi non può dire che se non si cancella il Senato lui se ne va. Un presidente del Consiglio non può minacciare la crisi di governo su un tema costituzionale; se lo avesse fatto Berlusconi avrebbe suscitato allarme». Walter Tocci, senatore del Pd e vicesindaco di Roma dal 1993 al 2001, sottolinea più volte che «in un clima come questo non si riescono a compiere riforme istituzionali». Poi aggiunge che, comunque, la connessione fra sistema di voto e modifica del bicameralismo perfetto «è più corposa di quanto non si dica».
In che senso?
«In un Senato composto da amministratori locali, e che quindi non godrebbero della libertà di mandato prevista per gli eletti dall’articolo 67 dalla Costituzione, un futuro demagogo potrebbe ottenere consenso politico in cambio di concessioni territoriali. E questo, abbinato all’Italicum che consegnerebbe il governo a chi ottiene meno del 20% dell’elettorato effettivo, con deputati nominati ancora dal leader, produrrebbe un presidenzialismo selvaggio e senza contrappesi».
Allora niente riforma?
«La legge elettorale va migliorata, a partire dai temi di parità di genere, preferenze e soglie. Il Senato, invece, dovrebbe sì trasformarsi, ma per costituire un contrappeso come Camera alta di garanzia: con la funzione di innalzare la qualità della legislazione e varare grandi leggi cornice, e con poteri di inchiesta. I suoi membri dovrebbero essere eletti, ma non con un sistema maggioritario: tanto non ci sarebbe voto di fiducia, mentre sui grandi temi il confronto deve essere il più ampio possibile».
Una proposta che si tradurrà in articolato di legge?
«Sì, è già pronto e appena depositato».
Crede che a Palazzo Madama raccoglierà consensi?
«Ci sono pareri diversi, a me non convince il Senato federale perché potrebbe dividersi tra regioni forti e deboli, mettendo a rischio l’unità nazionale. Però c’è disponibilità al confronto, al di là delle divisioni congressuali».
Già, si dice che proprio al Senato si consumerà la rivincita.
«No, nessuna rivincita. Qui si parla di Costituzione e i senatori sentono una grande responsabilità. Non ci possono essere vincoli politici o di maggioranza; e neppure di governo. Quindi Renzi lasci che il Parlamento migliori il bicameralismo e la legge elettorale e si concentri su Europa, lavoro e legalità. Su questi temi ha suscitato grandi aspettative» .

3 commenti

  • Alcune considerazioni sulla creazione del senato delle Autonomie, “non elettivo e senza indennità”

    1. La sua composizione (la cui definizione, anche solo sulla carta, darà luogo ad una guerra fratricida, di cui l’Italia tutta porterà i segni) dovrebbe tenere conto delle seguenti problematiche:
    - va ridotto il numero attuale dei membri;
    - va garantita una equa partecipazione territoriale delle Regioni (per tutte le venti Regioni, almeno sessanta membri, di cui minimo 40 per i partiti di maggioranza e 20 per le minoranze) e/o di altri organismi rappresentativi (i comuni, ora 8000, o le loro Unioni), e con diversa valenza decisionale sul complessivo organismo, in relazione quanto meno al loro differente “peso” territoriale ed alla densità di popolazione;
    - anche per i comuni va garantita la partecipazione dei principali partiti (di maggioranza ed anche di opposizione), tenendo presente la diversa loro incidenza, non necessariamente omogenea sul territorio nazionale;
    - va assicurata la parità di genere.

    2. In difformità dal chiaro dettato costituzionale, si prevede che l’elezione non sia diretta. Ci sono varie possibilità:
    - vengono inseriti direttamente i rappresentanti degli Enti (Sindaci, Presidenti, eccetera) che, oltre ad avere un eccessivo carico di lavoro, si troverebbero spesso in situazioni di conflitto di interesse, proprio perché per loro stessa essenza di rappresentanti territoriali, devono funzionalmente tutelare determinati interessi piuttosto che altri, dando luogo a conflitti innumerevoli;
    - l’inserimento nell’organismo viene ammesso per delega, con gravi problemi per il rispetto della volontà popolare, non immediatamente “percepibile” in una nomina di secondo grado, nomina non controllata, né controllabile da parte dei cittadini, ma certamente frutto di pressioni, giochi di potere, alleanze varie, non sempre a vantaggio dell’interesse pubblico;
    - si entra a far parte di questo “senato” in virtù di designazioni da parte di organismi vari, ad esempio l’ANCI; valgono qui i discorsi precedenti, ed inoltre l’ANCI assurgerebbe inopinatamente a posizioni istituzionali senza una preventiva verifica della sua valenza costituzionale, delle sue regole elettive e della loro stretta osservanza, senza contrappesi di controllo, e quindi in assenza di regole per le verifiche di incompatibilità, delle situazioni di conflitto di interessi, delle assunzioni di responsabilità sia pure solo politiche.

    3.Dicono che si risparmierebbe molto denaro, anzi che il nuovo Senato funzionerebbe addirittura “gratis”. In realtà, questa affermazione è del tutto inesatta, in quanto le persone designate non assumerebbero l’incarico in pianta stabile, proprio perché inviate in rappresentanza di altri Enti, di territori, forse anche di associazioni (tale è l’ANCI, fino a prova contraria), e quindi manterrebbero i contatti con i luoghi di origine, e per questo andrebbe loro riconosciuto rimborso spese di viaggio e di sistemazione. Questo tipo di organizzazione sarebbe molto oneroso, né si potrebbe pensare di limitare la partecipazione alle sole persone in grado di investire risorse personali per mantenersi per cinque anni “senza indennità”.

    L’intero impianto sopra descritto avvierebbe l’Italia verso una china pericolosissima di ancor maggiore disgregazione e lotte di potere di quanto non sia avvenuto nel passato; il nuovo Senato porterebbe alcuni soggetti alla “ribalta” nazionale, senza fatica e senza gavetta, e senza passare da una ampia verifica della volontà popolare.
    Inoltre sarebbero da decidere tutte le norme (costituzionali) riguardanti le materie da portare all’esame del nuovo organismo, il rapporto delle decisioni con la normativa di primo livello, le verifiche di compatibilità per le adozioni di norme non congrue, decisioni tutte da prendere con l’assistenza di giuristi qualificati e non solo di politici.

  • La riforma del Senato proposta da Renzi più che un progetto di revisione costituzionale mi sembra un gesto ad effetto, per vedere “l’effetto che fa”, tanti sono gli aspetti palesemente irrazionali di un organo che ha sì solo poteri consultivi e di ripensamento sulle leggi ordinarie, ma ha comunque poteri in ordine alla revisione della costituzione e alla nomina di giudici della Corte Costituzionale: per segnalare solo i più evidenti cito l’inserimento di 20 senatori nominati dal Presidente della Repubblica per un mandato di 7 anni (attribuzione al PdR di un potere di comporre in modo significativo un organo di indirizzo politico), la nomina per ogni regione di un uguale numero di membri, indipendentemente dalla popolazione, la pari rappresentanza di regioni e comuni.

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