Italicum: il governo del “capo”

10 Mar 2014

A Milano, in un incontro organizzato dal circolo cittadino, si parla di legge elettorale e riforme istituzionali, ospite Valerio Onida. Il costituzionalista fa capire, anche nelle risposte ai tanti interventi in sala, che questo progetto di riforma proprio non gli piace. La democrazia del “capo” che mortifica la pluralità della rappresentanza e restringe gli spazi degli organi collettivi dove si ragiona e si discute, è una democrazia, appunto, rattrappita.

Onida_firma_referendumA Milano, in un incontro organizzato dal circolo cittadino, si parla di legge elettorale e riforme istituzionali, ospite Valerio Onida. Rischiamo di perderci nei meandri, dice il presidente emerito della Corte Costituzionale, facendo un excursus sulle leggi con cui dal ’93 a oggi, siamo andati a votare. Il ’93 è appunto l’anno del “Mattarella” – il professore confessa di non amare la latinizzazione dei vari modelli – per tre quarti maggioritario (collegi uninominali) e proporzionale per il restante quarto.
Nel 2005 il Mattarella viene ribaltato dal “Calderoli” ribattezzato poi “Porcellum” dal suo stesso estensore. Sistema proporzionale con premio che garantiva la maggioranza assoluta alla Camera (55% =340 seggi) alla coalizione o alla lista vincente. Con circoscrizioni ampie, liste lunghe e bloccate. Legge molto discussa e vituperata a parole dagli stessi partiti, che in realtà andava benissimo a tutti. Solo la società civile, in primis Libertà e Giustizia (fin dal 2010 con appelli e manifestazioni), ha fatto serie battaglie per la sua modifica.

Dopo le elezioni dello scorso anno, le forze politiche continuano a non trovare alcun accordo. La Corte costituzionale, a sorpresa, lo scorso 13 gennaio boccia il Porcellum, ritenendolo inammissibile a seguito del ricorso di un gruppo di avvocati, tra cui alcuni presenti al dibattito, perché da un lato con l’abnorme premio di maggioranza, si creava una distorsione del sistema rappresentativo, dall’altro con la mancanza del voto di preferenza, si impediva la scelta dei cittadini. Le liste bloccate esistono in vari sistemi elettorali europei, ma la peculiarità “incostituzionale” italiana era legata alla lunghezza delle liste e alla non indicazione sulla scheda elettorale dei nomi dei candidati.

Di fatto – spiega Onida – il Porcellum rimane in piedi, epurata dal premio di maggioranza e con l’introduzione di almeno una preferenza.

La legge uscita dalla sentenza potrebbe anche funzionare ma alla maggioranza delle forze politiche non piace. In nome della “governabilità” occorre che la sera stessa delle elezioni, come rivendicato dallo stesso Renzi, ci sia un “vincitore”. Insomma, si vuole una legge che scelga il “governo” mentre noi, in 60 anni di storia repubblicana, siamo sempre andati a votare per scegliere “un’assemblea”.

Il Porcellum, ma anche l’Italicum, frutto dell’accordo Renzi-Berlusconi, ha al suo interno, l’ideologia del “capo unico”, il solo fatto che sia stato introdotto il nome del leader del partito o della coalizione nel simbolo (Berlusconi-Di Pietro ecc.) è una concezione rattrappita della democrazia e va nel senso di un “presidenzialismo” all’italiana che non ha né i contrappesi di quello americano né la solidità storica di quello francese.

L’Italicum corregge parzialmente l’enormità del premio di maggioranza, occorre infatti una soglia del 35-37% ma non prevede alcuna preferenza. Le liste sono più corte ma di fatto sempre bloccate, le scelte dei candidati saranno infatti ancora appannaggio delle segreterie. Nel caso in cui nessuna delle liste o coalizioni in campo raggiunga la soglia prevista, è previsto un ballottaggio, che sarebbe però – sottolinea il professore – sempre una competizione tra due “minoranze”, lasciando comunque fuori i partiti più piccoli e mortificando così la rappresentatività in nome della governabilità.

Altro elemento discutibile – prosegue Onida – è che le coalizioni si formino “prima” delle elezioni e non dopo, come succedeva anche nella tanto criticata Prima Repubblica, sulla base di programmi condivisi.

Il costituzionalista fa capire, anche nelle risposte ai tanti interventi in sala, che questo progetto di riforma proprio non gli piace. La democrazia del “capo” che mortifica la pluralità della rappresentanza e restringe gli spazi degli organi collettivi dove si ragiona e si discute, è una democrazia, appunto, rattrappita.

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