«Vigilate anche oggi sul gioco grande del potere in Italia»

20 Feb 2014

Il libro di Sandra Bonsanti “Il gioco grande del potere”(ed. chiarelettere) sarà presentato domani a Bolzano, al Circolo della stampa, in via dei Vanga, alle 18, con un incontro organizzato dall’associazione Forum Democratico alla presenza dell’autrice che dialogherà con Paolo Mantovan (caporedattore dell’Alto Adige) e Toni Visentini.

copertina cinqueIl libro di Sandra Bonsanti “Il gioco grande del potere”(ed. chiarelettere) sarà presentato domani a Bolzano, al Circolo della stampa, in via dei Vanga, alle 18, con un incontro organizzato dall’associazione Forum Democratico alla presenza dell’autrice che dialogherà con Paolo Mantovan (caporedattore dell’Alto Adige) e Toni Visentini. La Bonsanti, che è presidente di “Libertà e giustizia”, associazione culturale nata nel 2002 (e di cui è presidente onorario Gustavo Zagrebelsky). Sandra Bonsanti è stata giornalista de “Il Mondo”, “Epoca”, “Panorama”, “la Stampa”, è stata per tredici anni cronista di punta de “la Repubblica” e – dopo una breve esperienza politica (è stata eletta alla Camera per i “Progressisti” nel 1994, rinunciando a ricandidarsi nel 1996) ha diretto “il Tirreno” di Livorno. Citiamo qui, rapidamente, i titoli dei capitoli del libro: «Tutte le storie cominciano in Sicilia» / “Piano” a più mani / Le ultime lettere di Michele Sindona / I nostri 55 giorni, da via Fani a via Caetani / «Noi Br e la Resistenza tradita» / Il silenzio è d’oro: gli elenchi della P2 / Nel labirinto dell’Antistato / I segreti di Gelli / Una luce nelle tenebre: Tina Anselmi e la commissione d’inchiesta sulla P2 / I misteri di Londra / Il caso Gladio / Da via d’Amelio alle stragi del 1993 / Stato e Antistato.
«Ma a te che te se deve fa’? Se deve sparà?» le disse un giorno sullo scalone di piazza del Gesù l’andreottiano Franco Evangelisti. A Sandra Bonsanti, per fortuna, non ha mai sparato nessuno, anche se resta l’ombra di una minaccia con le taniche di benzina davanti a casa. Certo è che Sandra Bonsanti ha vissuto in prima linea, da cronista, gli anni delle tragedie e dei misteri d’Italia, da piazza Fontana fino agli assassinii di Falcone e Borsellino, passando per Calvi, la P2, il caso Moro, Sindona, e da cronista in prima linea Bonsanti ha raccolto informazioni e riproposto i “paesaggi” di quell’Italia con la volontà di scoprire «il gioco grande del potere», quello che ha contrapposto lo Stato e l’Antistato. Sandra Bonsanti sarà a Bolzano domani, a presentare il suo libro «Il gioco grande del potere»: un libro che supera i suoi articoli di quattro decenni e mette in ordine gli appunti lasciati sui suoi taccuini, offrendo le riflessioni che scaturivano da quelle vicende, dagli intrecci di potere, dai colloqui con uomini che fiancheggiavano l’Antistato o che, all’opposto, cercavano di combatterlo. Un libro che è anche una lezione civile, un mattone per la riaffermazione dei valori della Costituzione, da non disperdere, per nessuna cosa al mondo, neppure per una pretesa maggiore governabilità, parola d’ordine di chi vuol ribaltare un ordine di valori.

Bonsanti, il libro è una testimonianza di lotta nella ricerca della verità contro gli intrecci di potere, contro il “gioco grande”. Ma quando lei cita chi è stato capace di opporsi all’Antistato, cita pochissime persone…

«Sono convinta che questo Paese più di altri abbia bisogno di ispirarsi a degli esempi. Una delle cose che rimprovero alla politica di questi anni è di non aver curato abbastanza questa cultura dello Stato, le idee di queste persone». Citiamone alcune: Falcone, Ambrosoli, Borsellino, Dalla Chiesa…

“Sventurata la terra che ha bisogno di eroi”. Abbiamo necessariamente bisogno di eroi?

«Quando con le “scuole di Costituzione”, con “Libertà e giustizia” parliamo di Falcone e Borsellino gli studenti diventano orgogliosi. Sono figure che rianimano la voglia di giustizia. Questo è ciò che riusciamo a fare noi come gruppo di volontari, ma occorrerebbe insegnare la storia recente a scuola. Spiegare la seconda guerra mondiale, come il paese si divise e che cosa nacque, a partire dalla Costituzione».

Nel suo “Pantheon” c’è Tina Anselmi, una donna coraggiosa.
«Fu una donna di potere che era nel partito di potere. E seppe dimostrare grande autonomia di comportamento. Ha avuto un ruolo importante per la nostra democrazia, soprattutto grazie alla presidenza della Commissione d’inchiesta sulla P2. Io, da giornalista, correvo da una strage all’altra, e fu grazie a Tina Anselmi che mi ritrovai costretta a pensare e a ragionare sul concetto di democrazia».

Nel suo “Pantheon” c’è Tina Anselmi, una donna coraggiosa.

«Sì. Ricordo quando Falcone me ne parlò così, pochi giorni prima della strage di Capaci. E cito il pm Scarpinato che la spiegò esattamente: “Falcone coniò quell’espressione dopo il fallito attentato dell’Addaura, quando capì che vi avevano partecipato menti raffinatissime esterne alla mafia”. Sì, era la teoria secondo la quale la mafia era ormai soltanto il braccio armato dentro “il grande gioco”. Falcone era davvero la mente che la mafia temeva di più perché nessuno come lui l’aveva studiata e capita così bene».

Leggendo il libro rimane un sapore amaro di ineluttabilità. Leggo un passaggio: “Non ci fu mai uno Stato ideale senza Antistato, un potere palese senza il potere occulto”.

Significa che è così anche oggi malgrado sia un’epoca meno violenta?

«Guardi, ho sentito poco fa la notizia di nuovi arresti domiciliari per Luigi Bisignani, sulla base di un filone dell’inchiesta sulla P4… Credo che nei confronti del potere il problema anche oggi sia fare il possibile perché non resti occulto». Oggi si scrive tantissimo, siamo in diretta continua, siamo connessi senza sosta…

«Ecco, appunto. Le faccio un esempio. Il politico ai tempi d’oggi è apparentemente sotto tutti i riflettori, abbiamo l’impressione che tutto avvenga sotto gli occhi di tutti. Forse anche perché proprio ora abbiamo un leader che è un grande comunicatore, che sembra sempre in streaming». Dice che non c’è da fidarsi di Renzi?

«No. Dico solo che è bene non restare affascinati. La cronaca è scoppiettante, ma l’importante è essere vigili. Questo dico ai giornalisti. È il nostro mestiere, è il nostro dovere scavare e raccontare. Noi giornalisti non possiamo mai accontentarci nella storia italiana. Ricordiamoci di come è nata la nostra Repubblica, di quanti funzionari statali sono entrati direttamente nei gangli vitali della nuova “creatura” dopo aver avuto ruoli importanti nel regime fascista…»

Nel libro parla di quegli “attimi” postbellici. Un po’ di polvere anche su Degasperi?

«Ma no. Degasperi è un faro anche per me. Piuttosto, allora c’era il costume di concedere tutto all’alleato, e certo Degasperi non poteva immaginare le deviazioni e le stragi che ne sarebbero seguite».

Arrivo al ventennio berlusconiano. Lei dice che l’opposizione in questi vent’anni è stata “spesso timida, sempre inadeguata”. Sembra immune da dolo. Eppure occasioni per cambiare il corso delle cose ne ha avute.

«Sì, è vero, ha governato nell’alternanza. E in effetti non è mai stata fatta una legge sul conflitto d’interessi, mai una vera lotta alla corruzione. Questa cosa va studiata a fondo e si deve cercare di capire anche il perché dell’insistenza delle “larghe intese”».

Ecco, lei se l’è chiesto?

«Non credo che dipenda dal fatto che insieme, destra e sinistra, debbano fare una legge elettorale. Temo invece questa corsa a cambiare la Costituzione, una corsa sbrigativa per arrivare solo a rapidità d’intervento del governo con l’estromissione del parlamento. Mi ricorda altri piani, piani per mettere in pericolo la nostra Costituzione».

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