“Per lui non bisogna scomodare i Classici. Basta citare Crozza”

20 Feb 2014

Luciano Canfora fa una disamina spietata del nuovo prodotto nato in casa democratica. è cinetico, per questo l’hanno messo sul trono. “Fare, dire, amare… quando il comico pronuncia quelle parole interpreta magistralmente la vena sconclusionata e stravagante del nostro leader. Ma cosa vuol dire fare, amare? E allo stesso tempo che razza di progetto è, che pensiero sottende, quale carica espressiva si dipana nella frase: faremo una riforma al mese!

renzi“La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno”  (dal Manifesto del futurismo, Filippo Tommaso Marinetti)

Fermarsi alla parola e definire con Luciano Canfora, filologo dell’età classica e osservatore sgomento della lunga crisi italiana, i parametri espressivi di Matteo Renzi, la forza della sua leadership. Immaginare il nuovo mondo dentro il quale il giovane fiorentino sta conducendo il Paese ha una sua utilità, in qualche modo è fatica necessaria. “Riprendo in mano Aristofane e a mente rivado a “I Cavalieri”, quando fa dire a uno dei suoi protagonisti: emetti dalla bocca delle polpette ripugnanti”. Renzi è Paflagone? Il servo che – conquistato il comando – spadroneggia in casa? Il professore vive un pessimismo cosmico, sembra così atterrito dal nuovo che addirittura affida a Crozza l’interpretazione più degna del renzismo. “Fare, dire, amare… quando il comico pronuncia quelle parole interpreta magistralmente la vena sconclusionata e stravagante del nostro leader. Ma cosa vuol dire fare, amare? E allo stesso tempo che razza di progetto è, che pensiero sottende, quale carica espressiva si dipana nella frase: faremo una riforma al mese! Neanche se parlassimo di frittelle! Questo è il dramma, da qui lo sconforto e la rassegnazione”.  Ma l’Italia l’ha scelto perchè non ne poteva più del potere immobile, incartapecorito. Almeno la velocità, la voglia di dare risposte, la forza di stare in movimento, gliela dobbiamo riconoscere. “Ma si rende conto che un partito ha fatto indicare la sua leadership da alcune migliaia di passanti? Ho visto con i miei occhi signori che avevano Il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi sotto braccio in fila ai gazebo per votare alle scorse primarie, a queste benedette primarie che gli sono servite per espandere in modo arbitrario un campione minuscolo della società italiana, a sentirsi legittimato da tutti invece che da pochi. Affidare a gente che la pensa nel modo opposto di quel che ritieni la scelta del tuo leader significa commettere il secondo errore madornale, ingiustificabile dopo quello di aver costruito un partito senza passione, nato da convenienze, da una fusione fredda”.
L’alterità renziana per Canfora nasce qui, da questo deficit genetico: prendere uno che non la pensa come te ma appare vincente, e porlo alla guida del tuo partito, che è perdente. Estraneo tra estranei. “Renzi, proprio lui, lascia spazio a Berlusconi di dire: l’ultimo premier eletto sono io. Renzi, proprio lui, garantisce, giura che uno come Alfano non sarebbe mai potuto essere ministro e ora lo stiamo per ritrovare al suo fianco. Capisce il danno? E la misura della colpa? E non si rimedia con paroline tipo: il dire, il fare, l’amare. Ma cos’è? Lo hanno issato al trono solo perchè dotato di questa straordinaria energia cinetica? Ecco l’iniqua, sperequata logica. Io non mi sorprendo. Studio da una vita i classici e già in Eschilo, Agamennone e poi naturalmente in Platone la parola esprime il contrario del pensiero. Non c’è dunque stupore. Perchè è certo che anche adesso la parola ingannevole è usata come un bastone nodoso”.

SI DICE A PER PREFIGURARE B, ci si allea per finta con questo e insieme si tratta per davvero con quello. “E nascono sconcezze lessicali, si consumano vere e proprie truffe ai danni della nostra intelligenza e della lingua. Quando non ci piace l’avversario, magari invoca rigore e integrità morale, lo tacciamo di populismo. E che significa? Non c’è continenza, adeguatezza, misura. Parole inutili, vuote, vacue. Cesti rotti”. Le parole truffaldine. “La verità è che siamo in una condizione di soggezione, completamente piegati a poteri esterni. Le sembra possibile che la Merkel, il cancelliere tedesco, ci indichi i giorni e le ore che possiamo permetterci per formare un nuovo governo? È nella sua disponibilità? Siamo asserviti, e la nostra debolezza ha la radice nella crisi della classe dirigente. E la crisi esprime poi questi volti, queste fughe solitarie, questi tipi italiani. I partiti hanno una forma provvisoria e stentano a stare insieme. E siamo feriti, uccisi dalla valanga di informazioni che sembrano avere come unico obiettivo l’azzeramento della memoria. Siamo un popolo senza memoria purtroppo e tutto ci è concesso”. Perfino di avere in campo una coalizione che si chiamava Popolo della libertà. “E qui ritorniamo alle parole ingannevoli. Questo è davvero un mirabile esempio: se tu sei il popolo della libertà io che non ti voto appartango al popolo della schiavitù? Esiste un partito democratico, quindi si contrappone a un partito aristocratico?”. Parole come zucche vuote, professore. “Temo di sì, penso di sì”. Sembra che il fiorentino non le piaccia proprio. “La città di Renzi ha una antica amicizia con la lingua italiana, e questo è l’unico un punto a suo favore”. Poi è veloce. “Si veloce”. Il fare. “Purtroppo la memoria mia va a Crozza e al suo stupendo: dire, fare, amare”. Dobbiamo rassegnarci, non c’è proprio scampo? “Non la prenda così male e non si angusti. Sappia che l’unica vera resistenza, l’unico baluardo a questa deriva , l’unica struttura antagonista è la scuola. La scuola ci salverà”.

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