I dubbi e le preoccupazioni

27 Gen 2014

Il piglio decisionista di Renzi raccoglie vasto consenso e suscita entusiastiche adesioni. I talk show si animano e si infervorano nel discutere le promesse riforme. Una nuova legge elettorale, l’abolizione del Senato e del bicameralismo, la soppressione delle province, la riforma del titolo V della Costituzione. Tutti enfatici annunci che invece in alcuni suscitano dubbi e preoccupazioni. Leggi gli articoli sull’Unità di Nadia Urbinati, Luciano Canfora e Mario Tronti.

Berlusconi-renziIl piglio decisionista di Renzi raccoglie vasto consenso e suscita entusiastiche adesioni. La politica sembra uscire dal suo immobilismo e affrontare con spavaldo coraggio i nodi irrisolti della sua inefficienza. I talk show si animano e si infervorano nel discutere le promesse riforme. Una nuova legge elettorale, l’abolizione del Senato e del bicameralismo, la soppressione delle province, la riforma del titolo V della Costituzione. Tutti enfatici annunci che invece in alcuni suscitano dubbi e preoccupazioni.

1) La legge elettorale è un “porcellinum”. Corretta al minimo sindacale per aggirare la sentenza della Corte Costituzionale. Rimangono le liste bloccate (e con esse il potere padronale dei segretari sui partiti) e un enorme premio di maggioranza (18%). In compenso lascia senza rappresentanza quei milioni di elettori (e sono tanti) che non si riconoscono nei tre egomaniaci che dominano il dibattito politico. Eppure nel DNA della democrazia vi è soprattutto il dovere di dare voce alle minoranze, non solo di legittimare un potere.

2) L’abolizione del Senato. L’Onorevole Boschi, responsabile delle riforme istituzionali nella segreteria del PD di stretta osservanza renziana, ci ragguaglia: “aboliamo il Senato, così velocizziamo l’iter legislativo e risparmiamo un sacco di soldi mandando in Senato, senza indennità, i rappresentanti delle ragioni”. Ma se la fiducia al governo la dà la Camera e le leggi non avranno più una doppia lettura cosa faranno mai i rappresentanti delle regioni al Senato? Un circolo degli scacchi? O metteranno becco nel processo legislativo reintroducendo una forma, ancorché imperfetta, di bicameralismo? E se così sarà, non dovranno essere indennizzati e rimborsati dalle regioni che li nominano?

3) La soppressione delle province: La Corte dei Conti ha fatto i conti al DDL del governo che abolisce le province e, in audizione al Senato, ammonisce che è del tutto improbabile che una riorganizzazione di così complessa portata sia improduttiva di costi mentre i risparmi nell’immediato sono di entità contenuta. A riprova dell’assoluta probabilità che la riorganizzazione produca costi maggiori dei risparmi previsti, nelle conclusioni si rileva la necessità di trovare adeguate coperture economiche.
4) La riforma del titolo V della Costituzione. Ancora l’ Onorevole Boschi ci spiega: “Saranno ridotti gli stipendi dei consiglieri e gli appannaggi dei gruppi”. Argomento condivisibile, di grande presa propagandistica ma che, rimanendo l’unico argomento portato e non avendo nessun rilievo costituzionale, dimostra che non si comprende la complessità del problema della riforma del titolo V, che è nell’esercizio di un  controllo quantitativo e qualitativo della spesa regionale nel rispetto dell’autonomia.

La cosa più preoccupante è quella di far credere agli italiani che queste riforme siano decisive per il rilancio del paese. Senza Senato e Province con una solida maggioranza di governo, dicono, il paese tornerà al benessere. Eppure dal 1996 al 2011, negli anni del progressivo decadimento, il paese ha vissuto un pieno bipolarismo e una piena alternanza e le larghe intese non sono state la causa ma l’effetto del fallimento della politica. Si vuol far credere, ancora, che l’inazione politica sia la conseguenza di istituzioni obsolete che rendono farraginoso e incerto ogni intervento governativo, ignorando il profluvio di leggi inefficaci, contraddittorie (e a volte anche vergognose), che il Parlamento ha licenziato sotto dettatura dei governi come decreti legge, leggi delega, e DDL con procedura d’urgenza (il famigerato lodo Alfano dalla comunicazione al Parlamento alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale impiegò 23 giorni, alla faccia della deprecata doppia lettura). S’ignora, o si finge di ignorare, che ciò che è mancato alla politica è una visione strategica, la capacità di analisi delle trasformazioni sociali, delle dinamiche economiche e produttive e una progettualità di lungo termine. In un paese in grave decadimento economico, culturale, civico ed etico vorrei che si parlasse di politiche fiscali, economiche e industriali, d’investimenti strategici, di redistribuzione del reddito, di una diversa integrazione europea e di una nuova etica sociale e politica senza deturpare le istituzioni perché anche il miglior teatro del mondo nulla potrebbe contro le stecche del tenore. E, soprattutto, si ponesse la massima attenzione sulla necessità di una rifondazione etica della politica che è la base per una rinnovata credibilità. Invece, sembra che i casi Cancellieri e De Girolamo, da poche ore dimissionaria,  avranno come unica conseguenza nuove e restrittive norme sulle intercettazioni, perché se il malcostume politico avviene in privato, che diamine, occorre tutelare la privacy. Ci si augura che anche su questo tema non ci sia una nuova profonda sintonia fra Renzi e Berlusconi, fra la nuova e la vecchia e politica.

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