La schiena diritta di Oscar Luigi Scalfaro

21 Gen 2014

L’opposizione della Lega alla intitolazione della sala del consiglio comunale di Novara ad Oscar Luigi Scalfaro, figura giudicata discutibile, mi pone l’imperativo di celebrare la memoria di quello che ritengo essere stato, insieme a Luigi Einaudi e Sandro Pertini, il miglior Presidente che la travagliata storia di questa Repubblica abbia mai avuto.

-Oscar_Luigi_Scalfaro_L’opposizione della Lega alla intitolazione della sala del consiglio comunale di Novara ad Oscar Luigi Scalfaro, figura giudicata discutibile, mi pone l’imperativo di celebrare la memoria di quello che ritengo essere stato, insieme a Luigi Einaudi e Sandro Pertini, il miglior Presidente che la travagliata storia di questa Repubblica abbia mai avuto. So che queste mie affermazioni desteranno stupore poiché neppure nell’ora della morte si erano tacitate le voci di coloro che ritengono sia stato un pessimo Presidente. Paradossalmente, non vi è nessuna contraddizione fra la mia affermazione e quelle critiche, perché la grandezza di Scalfaro sta proprio nell’aver saputo dire di no, sfidando l’impopolarità e sopportando con la schiena diritta e la coscienza del giusto le più malevoli campagne denigratorie. Campagne ispirate da quanti non erano riusciti a piegarne la volontà. Egli interpretò sempre il suo ruolo istituzionale secondo scienza e coscienza senza mai inseguire il consenso personale come molto più facilmente fece il suo successore. Come ebbe a dire lui stesso: “Il compito del capo dello Stato non è quello di essere equidistante tra due parti politiche. Sarebbe fin troppo facile. Si dà ragione una volta l’uno e una volta all’altro e si sta a posto con la coscienza. No, il compito del capo dello Stato è quello di garantire il rispetto della costituzione su cui ha giurato. Di difenderla ad ogni costo, senza guardare in faccia nessuno. Fra il ladro e il carabiniere non si può essere equidistanti: se qualcuno dice di esserlo vuol dire che ha già deciso di stare con il ladro”. Sì! Lui ebbe il coraggio di opporsi allo sfascio morale e istituzionale del paese gestendo con fermezza una difficilissima fase di transizione politica. Fu tenacemente antiberlusconiano è vero, ma non per faziosità politica, bensì perché credeva che la democrazia potesse vivere solo nel più rigoroso rispetto delle regole costituzionali, lontano da ogni populismo e da ogni demagogia. Perché credeva che il dibattito politico e l’informazione esigessero il rispetto della verità fattuale. Perché credeva nell’articolo 54 di quella costituzione che lui stesso aveva contribuito a scrivere e che impone ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche “il dovere di adempierle con disciplina e onore”. Berlusconi e Scalfaro per etica, storia e cultura erano agli antipodi. Negarlo avrebbe significato negare i propri principi. Avrebbe significato restare equidistante fra il ladro e il carabiniere. Eppure mai questa contrapposizione lo portò a deragliare dai suoi doveri istituzionali, anche se la vulgata ancor oggi diffusa dalla propaganda berlusconiana afferma che ciò sarebbe avvenuto con il cosiddetto ribaltone di cui sarebbe stato l’indebito regista. Nulla di più falso. La maggioranza costituita da Lega, Forza Italia e Movimento Sociale non era una maggioranza elettorale (concetto peraltro estraneo alla nostra costituzione). Essa nasceva in Parlamento e dal Parlamento poteva essere sciolta se è vero com’è vero che la Lega e l’MSI furono acerrimi nemici durante tutta la campagna elettorale. Se è vero com’è vero che per essere maggioranza anche in Senato dovette arruolare parlamentari eletti in schieramenti diversi. Se è vero com’è vero che secondo il dettato costituzionale i governi  traggono la loro legittimità dal Parlamento. Non nego vi fosse, allora come oggi, contraddizione fra una legge elettorale di stampo maggioritario e una Costituzione costruita su un modello proporzionalistico, ma di questa contraddizione non era responsabile Scalfaro. A lui spettava stabilire se la legge costituzionale dovesse prevalere su quella elettorale o viceversa e la risposta parrebbe scontata ad ogni studente di giurisprudenza. Poi, Bossi, che del cosiddetto ribaltone fu il vero artefice, dovendo giustificare l’alleanza con quello che fino allora aveva definito “il mafioso di Arcore”, piagnucolò di essere stato indotto all’errore dalla malafede del Presidente Scalfaro. Falsità! Io accompagnai Bossi a tutti i colloqui con il Presidente essendo perfettamente informato di quella che era la sua strategia politica e lo posso testimoniare con certezza: Bossi e Berlusconi si sono fatti scudo di un innocente per coprire le loro colpe, le loro incapacità, il loro opportunismo. A me piace ricordare il Presidente Scalfaro genuflesso nel santuario mariano di Strà, ma con la schiena ben dritta quando, da capo di Stato, incontrava Papa Wojtyla. Un uomo tutto d’un pezzo si sarebbe detto in tempi in cui la dignità era ancora un valore. Altri, che oggi evitano di rendere omaggio alla sua memoria, saranno ricordati in ben altre posizioni.

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