La settimana di “protesta” organizzata dal sedicente “Comitato di coordinamento nazionale per il 9 dicembre” – meglio nota come “rivolta dei forconi” – non può che lasciare inquieto e preoccupato ogni sincero democratico circa la futura tenuta delle istituzioni repubblicane. Inquietudine e preoccupazione che derivano da una molteplicità di ragioni e constatazioni.
In primo luogo, dagli obiettivi dichiarati della protesta, ridotti all’urlo “tutti i politici a casa!” che, se realizzato, significherebbe il baratro istituzionale e il rischio di soluzioni autoritarie (peraltro evocate); in secondo luogo, dalla presenza cospicua nelle azioni di protesta di movimenti neofascisti e di dichiarazioni chiaramente riconducibili a quell’area ideologica; in terzo luogo, dalle forme spesso intimidatorie e violente, ampiamente documentate, con cui si è svolta la protesta, nonostante le assicurazioni in senso contrario del Comitato 9 dicembre.
Non si vogliono disconoscere le ragioni sociali, la povertà e l’impoverimento di significativi strati della popolazione, che probabilmente hanno coagulato molte adesioni individuali e spontanee intorno al progetto di “fermare l’Italia”. Ma forse occorrerà interrogarsi a fondo non solo sui motivi di diffusa esasperazione e profondo rancore nei confronti del “Palazzo” che hanno dato forza alla protesta, ma anche sulle intenzioni e le risorse organizzative non trascurabili di coloro i quali l’hanno promossa e pianificata. Sono domande che al momento non trovano risposte chiare.
Desta inoltre preoccupazione l’atteggiamento spesso passivo, che a molti è apparso come compiacenza e consenso, da parte delle forze di polizia che avrebbero dovuto contrastare gli atti illegali di quei manifestanti che si comportavano come veri e propri squadristi. Infine, inquieta il balbettio degli esponenti del governo, dai quali ancora si attende un’analisi e una valutazione articolata di quanto è accaduto e potrà di nuovo accadere. Invece, quasi si preferisse troncare e sopire, non si è andati oltre scarne, imbelli e generiche dichiarazioni. In questo modo si alimentano dubbi e sospetti che una democrazia, in quanto potere pubblico in pubblico, dovrebbe al contrario dissipare al più presto.
* L’autore è professore associato presso la Facoltà di Scienze politiche e delle Relazioni internazionali dell’Università della Valle d’Aosta
Berlusconi, e il suo seguito, ha espresso delle minacce chiare e inequivocabili:se mi arrestano ( in questo stato già si trova nonostante le prerogative di cui gode ), ci sarà la ‘rivoluzione’. Quale rivoluzione ha in mente e indicato Berlusconi? Non sommessamente ma dai vari palcoscenici e a reti unificate. Non sono che le prime avvisaglie queste a cui assistiamo, con diverse complicità e sottovalutazioni che suggeriscono di intervenire per tempo. Capito, Napolitano, Letta e Renzi?
Di che ci meravigliamo? Se la politica è incapace di dare risposte e perfino di capire in che paese opera (a cominciare dal capo dello Stato, fino all’ultimo parlamentare), mi pare anche moderato questo reazionario “movimento” che vuole bloccare l’Italia. Ho paura che sia solo l’inizio di un deterioramento democratico che produrrà danni notevoli. Spero di sbagliarmi.
Guarda caso questi forconi sono usciti fuori poco dopo che Berlusconi si è ritirato dal Governo ed ha fondato il suo semi-nuovo partito. La mia convinzione è che sia proprio lui l’ispiratore se non il finanziatore di questo movimento esclusivamente di destra coordinato ed organizzato da Casa Pound. Giuste rivendicazioni dei cittadini vengono usate per creare un clima di rivolta civile utile solo alla destra. Nel casino Berlusconi ci sguazza.
Anche Libertà e Giustizia chiede di andare al voto e cambiare questa classe politica incapace e inadeguata, ma lo fa ovviamente con un bel diverso senso civico, ed ovviamente chiedendo anche una nuova legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere e non trovarsi parlamentari nominati e scelti chissà da che lobby o gruppo di potere.
molto mi ha inquietato due espressioni di manifestanti: “non c’è nessun uomo che sappia comandare” e “il parlamento è fallito”; ciò implica un solo nefasto indirizzo. Per quanto deficitaria, la “classe” politica non essere la sola responsabile del difficile periodo e questo ne rende più difficile il superamento.