Comunicato del circolo LeG di Massa Carrara

02 Dic 2013

Anche se il 27 novembre scorso il Senato ha dichiarato la decadenza di Silvio Berlusconi dallo status di parlamentare, è necessario chiedersi – dopo 30 anni di “era” Berlusconi – quanto e quanto a lungo ne rimarranno tracce in ciascuno di noi. Anche, forse, in quelli che si ritengono più impermeabili. Perché, come diceva Giorgio Gaber, “io non temo il berlusconismo in sé,temo il berlusconismo in me”.

Berlusconi_arrabbiatoSulla decadenza di Berlusconi dal Senato è stato già scritto di tutto e di più. Val la pena, quindi, tornare a lunedì scorso – era il 25 novembre – quando il nostro Circolo di Libertà e Giustizia presentava a Massa il libro del Prof. Mario Rodriguez, “ConSenso”, sul tema della comunicazione politica. Tema quanto mai d’attualità, alla vigilia delle Primarie del Pd e di una nuova, lunga campagna elettorale verso le Europee del maggio 2014.. La riflessione si è animata in particolare sulla capacità di creare consenso da parte dei leader politici. Cos’è che fa un leader? Che caratteristiche deve avere il Capo? Il dibattito si è acceso tra chi sostiene che serva un contenuto per formare l’opinione pubblica – al di là di tv e di internet – e chi è, invece, convinto che siano strumenti di comunicazione e carisma personale a fare un leader. Niente di più attuale come in queste ore di riflessione dalla caduta del Capo del “primo partito personalistico di massa”, Silvio Berlusconi. E’ così che il filosofo, Norberto Bobbio, definiva Forza Italia. Al suo primo apparire, il Cavaliere di Arcore gli era apparso come un protagonista della commedia italiana, e si era posto il dilemma: «autoritario» o «sprovveduto»? Presto, Bobbio si rende conto che Silvio Berlusconi possiede «la perizia del vecchio comico». “Autoritario, intelligente, ostinato e spregiudicato” nel perseguire i suoi obiettivi. Demagogo sempre. «Come il tiranno classico», afferma Bobbio, «Berlusconi ritiene, in fondo, che per lui sia lecito quello che i comuni mortali sognano». Come farsi sfuggire il fatto che egli «soffre, o forse gode, di un potente complesso di superiorità»? Non è un partito vero, è la protesi di una persona. «È il primo partito personale di massa». «Chi ha scelto Forza Italia», insiste il filosofo, «non ha scelto un programma, ha scelto una persona».
C’è, poi, chi – come lo storico Sergio Luzzatto – accomuna Silvio Berlusconi a Mussolini. Non tanto sotto l’aspetto politico – il populismo postmoderno di Berlusconi non ha analoghi nella storia italiana – bensì riguardo all’uso dell’immagine. Prima di tutto Berlusconi è il primo politico italiano, dalla fine della seconda guerra mondiale, che ha curato la propria immagine con la stessa costanza e continuità di Mussolini. “Con il Tycoon milanese il potere, prima mediatico, poi economico, e infine politico, s’incarna sotto i nostri occhi, occupa prepotentemente la scena della politica attraverso l’immagine del proprio corpo. Da Mussolini a Berlusconi. In entrambi i leader, Mussolini e Berlusconi, è in gioco la rappresentazione” (Twill, Democracy, 2013 di Fosco Bianchetti).
Allora nasce un fenomeno che va al di là dell’uomo Berlusconi. Nasce quello che molti definiscono il berlusconismo. Neologismo della lingua italiana – nato negli anni ottanta prima ancora che Silvio Berlusconi scendesse in politica – sinonimo di ottimismo imprenditoriale. Che è un po’ individualismo, egoismo, edonismo. Gusto del piacere. Livello medio-basso di cultura. Intere generazioni formate con programmi a basso costo e a basso impegno intellettivo. Per gli avversari una forma di populismo.
Anche se il 27 novembre scorso il Senato ha dichiarato la decadenza di Silvio Berlusconi dallo status di parlamentare, è necessario chiedersi – dopo 30 anni di “era” Berlusconi – quanto e quanto a lungo ne rimarranno tracce in ciascuno di noi. Anche, forse, in quelli che si ritengono più impermeabili. Perché, come diceva Giorgio Gaber, “io non temo il berlusconismo in sé,temo il berlusconismo in me”.

Valeria Palmegiani*

Coordinatrice Circolo LeG Massa Carrara

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