L’antiberlusconismo non è l’astio dei faziosi

27 Nov 2013

Su tutto, l’atteggiamento pavido della sedicente opposizione che si è sempre nascosta dietro alla presunzione d’innocenza, incapace di capire che vi sono fatti e comportamenti che a prescindere dalla loro rilevanza penale, investono l’etica pubblica e hanno perciò pieno rilievo politico. Incapace di capire che l’antiberlusconismo non è l’astio dei faziosi, il livore degli invidiosi, l’animosità dei massimalisti, ma è un valore assoluto per quanti hanno a cuore l’etica, la dignità, l’onore della patria e delle istituzioni.

SILVIO BERLUSCONISe David Cameron si recasse al compleanno di una diciottenne nella periferia di Liverpool e all’ovvia curiosità della stampa rispondesse di essere amico del padre della ragazza da quando faceva l’autista della Thatcher, le polemiche che seguirebbero a quella clamorosa menzogna e alle verità che andrebbero emergendo lo obbligherebbero alle dimissioni. Se un amico e collaboratore di lunga data di Francois Hollande fosse condannato per corruzione in atti giudiziari in un processo nel quale fossero evidenti gli interessi dello stesso Hollande, le dimissioni sarebbero inevitabili. Se capitasse che un amico e stretto collaboratore di Angela Merkel fosse condannato per contiguità alla criminalità organizzata e lei stessa avesse avuto rapporti diretti e amicali con un mafioso pluriomicida, le dimissioni sarebbero immediate. Se Michelle Obama affermasse come fece Veronica Lario: “La strada del mio matrimonio è segnata. Non posso stare con un uomo che frequenta le minorenni”, denunciando la volontà di portare ai vertici delle istituzioni donne giovani e belle con curricula impalpabili (quelli solamente), l’impeachment per il marito Barack sarebbe inevitabile. Tutto ciò, invece, è stato permesso a Berlusconi tacciando chiunque osasse eccepire di contravvenire alla volontà popolare ovvero di voler sovvertire l’ordinamento democratico, accusa estesa alla magistratura che osa indagare sulle ipotesi di reato a suo carico. Come denunciò la stessa Veronica Lario: “Per una strana alchimia, il paese tutto concede e tutto giustifica al suo imperatore”. Richard Nixon, uomo caparbio e spregiudicato, cercò di resistere allo scandalo Watergate fintanto che il senatore Goldwater, capo dei repubblicani, lo avvertì che il partito non lo avrebbe mai appoggiato in un’azione destabilizzante per le istituzioni. Gli interessi della persona, per legittimi che siano, non valgono nulla a fronte dell’interesse della nazione. Lo capì anche Al Gore quando fu scippato della presidenza da George W. Bush. Le sue sacrosante recriminazioni circa la regolarità del voto in Florida dovettero tacersi di fronte alla pur discutibile sentenza della Corte Suprema. Nessuno, infatti, lo avrebbe appoggiato in una lotta alle istituzioni. In Italia, invece l’interesse nazionale è subordinato all’interesse, legittimo o meno che sia, di una persona. Quasi che il ruolo pubblico non fosse un servizio reso alla comunità ma un diritto individuale cui la comunità deve inchinarsi. E poco importa che dieci milioni d’italiani, accecati e infatuati, continuino a osannarlo. Ne rimangono altri quaranta, ostaggi innocenti del suo straripante ego, delle sue pulsioni eversive. Ma dobbiamo anche ammettere che questo non sarebbe stato possibile per la sola volontà di Berlusconi. Tante e altrettanto colpevoli sono state le complicità, le omissioni, i silenzi pelosi e le vigliaccherie che hanno permesso si realizzasse un così radicale sovvertimento di valori. Su tutto, l’atteggiamento pavido della sedicente opposizione che si è sempre nascosta dietro alla presunzione d’innocenza, incapace di capire che vi sono fatti e comportamenti che a prescindere dalla loro rilevanza penale, investono l’etica pubblica e hanno perciò pieno rilievo politico. Incapace di capire che l’antiberlusconismo non è l’astio dei faziosi, il livore degli invidiosi, l’animosità dei massimalisti, ma è un valore assoluto per quanti hanno a cuore l’etica, la dignità, l’onore della patria e delle istituzioni. Di quanti sanno che la democrazia vive nella verità e muore nella menzogna. Non si trattava di processare Berlusconi valutando il rilievo penale dei suoi comportamenti, quella era certo competenza della magistratura, ma di condannare la rilevanza etico-politica di fatti ormai acclarati nella loro imbarazzante verità alla luce dell’art. 54 della costituzione che impone ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche “il dovere di adempierle, con disciplina ed onore”.

* Pierluigi Petrini è ex-parlamentare della Margherita e coordinatore del circolo di LeG Piacenza

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