Caro direttore, leggo, dal sito del Corriere della Sera, l’affermazione di Silvio Berlusconi e rabbrividisco: «I miei figli come gli ebrei sotto Hitler».
Sono la figlia di Liliana Segre e mi rivolgo all’Associazione Figli della Shoah per sapere come intende agire, congiuntamente con tutte le Comunità Ebraiche Italiane, al Memoriale della Shoah e alle altre associazioni, per rispondere a queste farneticanti e inaccettabili dichiarazioni.
Ricordo che il giorno dell’inaugurazione del Memoriale alla Stazione Centrale di Milano Silvio Berlusconi si è presentato, inatteso e non invitato, ha preso posto in primissima fila, offrendo l’osceno spettacolo della sua testa reclinata all’indietro e della sua bocca aperta, accasciato e addormentato proprio durante le parole di mia madre. Parole strazianti, sofferte, dolenti, accompagnate dal rumore del passaggio dei treni sopra di noi. Da quella stazione mia madre era partita bambina, su un carro merci, con suo padre e i suoi nonni, verso ignota destinazione. Perché è questo il destino che Hitler riservava agli ebrei sotto di lui. Mia madre è tornata, ha vissuto, ha avuto 3 figli e 3 nipoti. Oggi è una splendida donna di 83 anni, che ha trascorso la sua esistenza cercando di uscire da Auschwitz e nonostante sia meravigliosamente attaccata alla vita, chissà che ancora oggi ci sia davvero riuscita. Tutti noi figli, profondamente segnati dall’identificazione con lei, affrontiamo ogni giorno nel fondo della nostra anima un dolore che si avvicina pudicamente al suo, abbiamo ferite incurabili, traumi che nessuno psicanalista potrà mai guarire. Siamo cresciuti con insegnamenti un po’ speciali, con passaporti sempre pronti, con cassetti traboccanti di foto di scheletri, con la paura delle ciminiere e l’impossibilità di tenere lo sguardo su un treno merci, non ci permettiamo di rifiutare il cibo neanche se scaduto e maleodorante, non riusciamo a pronunciare la parola forno nemmeno per calcolare il tempo di cottura di una torta di mele, mentre doccia ha un che di sinistro e il suono della lingua tedesca ci fa trasalire, se poi è urlata ci spezza il respiro in gola, proviamo un brivido ad ogni sforbiciata del parrucchiere che fa cadere a terra una ciocca dei nostri capelli, ci spaventa il latrato di un cane, le cancellate, il filo spinato e guardiamo ogni giorno il braccio che ci ha stretto mentre venivamo al mondo, sporcato e offeso da un orrendo tatuaggio. Sono tanto fiera di essere figlia di questa madre, quanto disgustata da Silvio Berlusconi e dalle sue parole. Resto a disposizione di Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi per un confronto sulle nostre reciproche vite.
Federica Belli Paci figlia di Liliana Segre, tra le poche sopravvissute degli oltre 600 ebrei deportati ad Auschwitz dal Binario 21 della stazione di Milano il 30 gennaio 1944.
Un grazie di tutto cuore e un forte abbraccio a Federica e a Liliana.
Nessun confronto, né con il capostipite, né con i suoi eredi, davvero. Cosa potrebbero risponderLe, signora Belli Paci? Se ribadissero il concetto nulla cambierebbe, vergogna sempre e comunque. Se dicessero, invece, che sono addolorati che o che il padre è stato frainteso (in che senso poi? è stato fin troppo chiaro) a cosa servirebbe? Nella migliore delle ipotesi, non potrebbero dire diversamente e, quindi, non varrebbe nulla comunque.
Il soave capostipite ha già fatto uscite di questo genere: sono indice non di scivoloni o disattenzioni, ma di un pensiero profondo e radicato (non solo in lui, peraltro) che lo ha portato a dire che Mussolini ha fatto molte cose buone (i treni in orario, ecc.), a raccontare barzellette assurde su Hitler e così via. Basta, che cada il silenzio su di lui, accompagnato dal disprezzo che le persone rette possono provare per chi proferisce simili parole e concetti. Silenzio senza oblio, ovviamente ma silenzio su questo personaggio una volte per tutte.
Con rispetto, un caro saluto.
Per quel poco che possa contare le esprimo il mio piu’ grande rispetto e solidarieta’. La ringrazio inoltre per aver espresso cosi’ bene la vergogna e il disagio che le parole el signor Berlusconi mi hanno provocato.
Solidarietà anche da parte mia. Ci siamo tutti sentiti feriti dalle parole di Berlusconi, degno compare di tutti i negazionisti e i revisionisti che imbrattano la storia e la memoria,
Ringrazio la signora Belli Paci per la sua lettera con cui ricorda con tanta crudezza cosa siamo noi “democratici”. La sua lettera parla anche di chi, come noi, non riesce a disinfettare il senato da un tale individuo, ci fa le largheintese e, sottobraccio a lui, cambia pure la Costituzione.
Esprimo a Lei e alla Sua famiglia e a tutti coloro che hanno così atrocemente sofferto per le persecuzioni tutta la mia più profonda solidarietà e La ringrazio di cuore per aver dato voce con il Suo bellissimo e commovente pezzo sul Corriere di oggi alla rabbia e alla indignazione che ho provato nel sentire le parole di Berlusconi. Tanta sfrontatezza arroganza ed impudenza rappresentano per me un’offesa insopportabile a chiunque desideri vivere in una società che possa definirsi civile.
Un saluto affettuoso
Gentile signora Belli Paci le esprimo il mio più sincero ringraziamento per la sua volontà di testimoniare e non far passare sotto silenzio una nefandezza simile. Accetti la mia stima, solidarietà e rispetto.
Sono allibito e disgustato, mai avrei pensato che si potesse arrivare ad un livello così basso.
Questa lettera andrebbe letta in tutti i tg e pubblicata su tutti i giornali e letta in tutte le scuole ,forse cosi riusciremmo a capire e a far capire fin dove si spinge l’imbecillità umana del frodatore fiscale condannato in via definitiva pur di stare al centro della scena PESSIMO. Un caro saluto a lei ,e ai suoi cari Federica Belli Pace
Il suo testo suscita emozioni intense , indescrivibili; con poche parole riesce a far capire quale abisso della ‘civiltà’ si sia raggiunto. Non posso che chiederle scusa, in quanto cittadina italiana, per le parole profferite da un ‘politico’ italiano e ci tengo a dirlo che non mi rappresenta.s
Gentile Signora Belli Paci,
il mio saluto alla sua splendida mamma ultra-ottantenne che in vita sua ha visto l’inferno e ne è uscita, per crescere figli e nipoti in un mondo migliore. Questa coraggiosa Signora non deve certo sentirsi turbata dalle parole dette da uno che le sta tentando tutte per farla franca e che in ogni caso ha sempre agito e parlato senza alcuno scrupolo. Le cose che devono turbare sono ben altre: colui che ha proferito tali assurdità, ha sdoganato e mandato al governo soggetti cresciuti nel verbo di coloro a cui sua mamma deve le proprie sofferenze e personalmente penso che ciò sia molto più grave e pericoloso. Mia mamma, che non c’è più e che per tutta la vita ha convissuto col ricordo dei bombardamenti, degli occupanti tedeschi e delle macerie della guerra mondiale, una sera rimase allibita sentendo da Vespa il figlio di Mussolini raccontare della indimenticabile ferita morale infertagli da un partigiano che gli sputò su una lente degli occhiali quando, a guerra finita, venne portato in caserma con la madre e i fratelli. Il partigiano sputò sul gruppo colpendo la lente del sedicenne Romano Mussolini che subì l’indelebile marchio di uno sputo su una lente e non lo dimenticò mai, soffrendone per il resto della vita in modo atroce. Nessuno tra i al presenti in studio (compresa la figlio “onorevole”)gli spiegò la differenza tra uno sputo su una lente e il numero impresso sulla pelle della gente nei campi di concentramento. Nessuno gli spiegò la differenza tra uno sputo e un familiare che non ritorna dal lager, dalla guerra, dal carcere, Mia mamma sconcertata mi chiese come mai la progenie del duce non fosse stata esiliata come quella del re ed io le spiegai la differenza: i rampolli del duce, innocenti e figli di comuni cittadini, non costituivano pericolo per la Repubblica, mentre i rampolli reali erano nati col diritto di regnare e la situazione impediva la loro permanenza in patria. I responsabili, re e duce, avevano situazioni diverse. Mia mamma, poco convinta mi disse che la responsabilità per tutto l’accaduto, era uguale e che i sopravvissuti alla guerra, ai campi di concentramento, alle torture, alla fame e ai lutti per i propri cari, avevano diritto di non ritrovarsi in Parlamento la nipote del duce e i suoi emuli. Perciò, come diceva Brect, lasciamo andare le parole sconsiderate che gettano solo il ridicolo su chi le dice e pensiamo invece alle azioni gravi che purtroppo vengono commesse. Mi auguro che Berlusconi venga redarguito dai propri figli: me lo auguro per loro.