IL GIURISTA: “Ma sull’articolo 138 la Cgil cosa fa?”

28 Ott 2013

Non opporsi al d.d.l. n. 813 significherebbe, oltre tutto, far pervenire ai cittadini italiani e alle forze politiche un messaggio assai pericoloso, e cioè che l’articolo 138 non è più l’unico percorso consentito per le revisioni
costituzionali – ma che il Parlamento, ponendosi al di sopra della stessa Costituzione – può prefigurare percorsi alternativi per la riforma della Costituzione.

AnpiMilanoCaro Direttore, leggo nell’articolo di Salvatore Cannavò pubblicato il giorno 24 sul Fatto che Anpi e Cgil punterebbero a rilanciare il Comitato “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla”, il che mi fa piacere essendone io il presidente. Sembra però, dall’articolo, che sia la Cgil sia l’Anpi (ma ho dei dubbi a proposito di
quest’ultima) sarebbero bensì favorevoli a opporsi alle singole leggi costituzionali (in particolare contro il presidenzialismo), ma non contro il d.d.l. n. 813, col quale, com’è noto, Governo e Parlamento intenderebbero “disapplicare” (una tantum!) la Costituzione per introdurre una diversa procedura di approvazione delle
leggi costituzionali per la modifica della Costituzione. Ebbene, se ciò fosse vero, io sarei personalmente contrario a Cgil e ad Anpi sia come studioso, sia come primo firmatario dell’appello lanciato dal Fatto in favore
dell’articolo 138.
Danilo Barbi, segretario generale della Cgil ha bensì giustamente sottolineato la difficoltà dei comuni cittadini a comprendere il significato di un referendum contro il solo d.d.l. n. 813, e cioè contro il “metodo” delle riforme. Personalmente io sono invece certo che gli italiani capirebbero bene il problema sottostante, se si spiegasse loro che il d.d.l. n. 813, così com’è scritto, potrebbe consentire la modifica di gran parte dell’“ordinamento della Repubblica”. E quindi con effetti pregiudizievoli che invece non si avrebbero con una semplice revisione ex
art. 138, in forza della quale si potrebbe tranquillamente effettuare la puntuale riforma del bicameralismo, la puntuale riduzione del numero dei parlamentari e addirittura la stessa riforma della forma di governo (purché non se ne riducano i “contropoteri”!).
Non opporsi al d.d.l. n. 813 significherebbe, oltre tutto, far pervenire ai cittadini italiani e alle forze politiche un messaggio assai pericoloso, e cioè che l’articolo 138 non è più l’unico percorso consentito per le revisioni
costituzionali – ma che il Parlamento, ponendosi al di sopra della stessa Costituzione – può prefigurare percorsi alternativi per la riforma della Costituzione.

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