De Benedetti: “La P2 è ancora al potere”

24 Ott 2013

Viviamo nella normalità piduista” rappresentata dalle dichiarazioni di due “piduisti al potere, Silvio Berlusconi e Fabrizio Cicchitto, che infatti dicono che nulla è cambiato”. Carlo De Benedetti ha parlato poco in queste settimane, dopo l’ultima sentenza che ha stabilito il risarcimento di 541 milioni di euro per la corruzione giudiziaria con cui la Fininvest scippò la Mondadori alla Cir nel 1991. De Benedetti ha preferito tenere un profilo discreto, lasciando ai suoi giornali, Repubblica e L’Espresso, il compito di raccontare e chiosare. Nessun attacco diretto a Berlusconi. Fino a ieri.
A ROMA, l’Ingegnere presentava in una libreria Ibs il saggio della ex giornalista di Repubblica , Sandra Bonsanti, “Il gioco grande del potere” (Chiarelettere), ora presidente dell’associazione Libertà e Giustizia fondata proprio da De Benedetti. L’editore di Repubblica non parla d’impulso, si è preparato un intervento meditato, breve e durissimo, una sintesi di quarant’anni di storia italiana e sua personale, “mi sono sempre trovato dal-l’altra parte, allora come oggi”. Dal-l’altra parte rispetto al “permanente attivismo del malaffare”. Negli stessi minuti in cui Giorgio Napolitano dal Quirinale predica concordia contro “il clima avvelenato”, De Benedetti risale dai guai di oggi fino alla Repubblica di Salò, con la Loggia P2 come snodo centrale. “La politica teme e disprezza la giustizia, con i socialisti e gli ex socialisti in testa”, dice, questa volta senza nominare l’ex socialista con cui ha duellato per vent’anni, Silvio Berlusconi.
Ma è della P2 e di quella rete di poteri occulti e illegali che striscia nella storia ufficiale, che a De Benedetti interessa parlare, con lo spunto del libro di Sandra Bonsanti che, da cronista, ha raccontato per anni i misteri italiani e la loggia massonica segreta creata da Licio Gelli: “Una volta si parlava di doppio Stato, oggi è considerata una lettura da complottisti”, dice il giurista Stefano Rodotà, a fianco di De Benedetti a presentare il libro.
A quasi 80 anni, De Benedetti ha passato la proprietà delle sue aziende ai figli, Rodolfo De Benedetti guida la holding Cir. L’Ingegnere conserva soltanto la presidenza del Gruppo Espresso, pur avendo una posizione più netta della linea di Repubblica , rassegnata alle grandi intese e quindi al-l’alleanza del Pd con Berlusconi (il fondatore del giornale, Eugenio Scalfari , è il più esplicito sostenitore della concordia nazionale voluta da Napolitano). De Benedetti ricorda gli anni Ottanta, quando lui stesso si trovò a sfiorare il sistema piduista: prima con un fugace passaggio nel Banco Ambrosiano del massone Roberto Calvi, poi addirittura con una richiesta esplicita di affiliazione: “Romolo dalla Chiesa, fratello del mio amico Carlo Alberto, il generale, un giorno venne nei miei uffici dell’Olivetti per propormi l’iscrizione alla loggia Montecarlo, interna alla P2. Chiesi perché dovessi diventarne membro, lui mi rispose: Quando ci sarà entrato lo capirà”. Con Licio Gelli, il gran maestro venerabile che oggi, a 94 anni, sconta una vecchiaia serena ad Arezzo dopo una condanna per depistaggio nella strage di Bologna, De Benedetti non ha mai avuto rapporti diretti, “si vede che non ero abbastanza importante”.
L’INGEGNERE SEMBRA vedere nel Quirinale il punto focale da cui osservare la qualità della democrazia italiana: dopo il settennato di Sandro Pertini arriva Francesco Cossiga nel 1985 “e il piduismo rinasce, diventa uno stile politico”. L’altro momento chiave è l’arrivo di Enrico Manca alla presidenza della Rai, la televisione pubblica rinuncia a sfidare l’arrembante Mediaset in nome della pax televisiva: “Con Manca, tessera P2 2148, torna la normalità piduista, la stessa che ancora oggi, continuiamo a vivere, a distanza di trent’anni, forse non avendo più abbastanza memoria storica”, dice l’Ingegnere. La dimostrazione è nell’eterno ritorno degli stessi protagonisti: “Come Flavio Carboni che accompagnò, nella migliore delle ipotesi, Calvi in occasione del cosiddetto suicidio a Londra nel 1982. Lo stesso Carboni che oggi frequenta Marcello Dell’Utri e fa affari con Denis Verdini, dalla P2 alla P3”.
Combattere la “normalità piduista”, spiegano Sandra Bonsanti e Stefano Rodotà, significa proteggere la Costituzione da modifiche come quella dell’articolo 138, ora in discussione in Parlamento, e difendere l’attività dei magistrati. “Per questo gli amici di Berlusconi ci odiano”, dice la Bonsanti. E De Benedetti: “Solo gli amici?”. Si capisce che ha una lista lunga di nomi in testa. E che queste larghe intese con il piduista di Arcore proprio non gli piacciono.

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