La lezione civile di Sandra Bonsanti

29 Set 2013

E’ uscito per Chiarelettere il libro di Sandra Bonsanti “Il gioco grande del potere”. Che intreccia la trama della grande storia con quella personale dell’autrice, che però non si mette mai al centro del racconto. Quel che le sta a cuore è la «perpetuazione di un mistero», per dirla con le parole di Norberto Bobbio, l’eterna ambiguità tra Stato e Antistato, troppo spesso confusi e inestricabili all’interno d’una stessa stanza, e d’una stessa persona. Guarda il video a cura di Chiarelettere. Leggi l’articolo di Rossella Guadagnini su MicroMega.

sandraSandra è come una spugna», diceva il suo primo direttore, Arrigo Benedetti. «La mandi in un posto o da una persona, e lei assorbe tutto, vede tutto, e poi lo racconta». Di cose ne ha viste tante, Sandra Bonsanti, in quattro decenni da cronista in prima linea. Piazza Fontana. Sindona. La P2. Calvi sotto il ponte di Londra. I cinquantacinque giorni di Moro. Via D’Amelio e le stragi del 1993. Le ha raccontate su molti giornali e per tredici anni sulle pagine di Repubblica.
Ma poi arriva il momento di tirare le fila, di mettere ordine e dare un senso al proprio lavoro. E allora non bastano gli articoli pubblicati. Occorrono i taccuini conservati in un cassetto, quegli appunti privati che non possono trovare spazio su un giornale. Le lettere, le minacce di morte, gli oscuri avvertimenti dell’Italia peggiore. Ma anche le confidenze intime, gli sfoghi e le passioni di un’altra Italia, che annovera i nomi di Ugo La Malfa e Tina Anselmi, Paolo Baffi e tanti servitori dello Stato rimasti sconfitti dal «gioco grande del potere», come lo chiamava Giovanni Falcone.
Il gioco grande del potere è anche il titolo di questo libro che intreccia la trama della grande storia con quella personale dell’autrice, che però non si mette mai al centro del racconto. Quel che le sta a cuore è la «perpetuazione di un mistero», per dirla con le parole di Norberto Bobbio, l’eterna ambiguità tra Stato e Antistato, troppo spesso confusi e inestricabili all’interno d’una stessa stanza, e d’una stessa persona. Una palude fangosa in cui si mescolano neofascismo e massoneria deviata, mafie di vario genere e poteri finanziari, servizi segreti e criminali comuni, che nel dopoguerra trovò una ragione sociale nella bandiera dell’anticomunismo innalzata dagli Usa, ma che ora persiste in altra forma, in quella che Zagrebelsky definisce nella postfazione una zona grigia di «compromissioni, cointeressenze, condivisioni», mossa dalla ricerca di denaro e potere.
Non c’è complottismo a buon mercato, nel libro-diario della Bonsanti. Solo fatti precisi e personaggi da lei direttamente incontrati o investigati: Spagnuolo, Gelli, Sindona, Calvi. E gli statisti Cossiga e Andreotti con la loro corte di famigli («Ma a te che te se deve fare, te se deve sparà?» l’affrontò una volta Franco Evangelisti »). E moltissime domande, che evitano la tentazione di risposte banali. Non è solo questa la storia d’Italia, che resta pur sempre un paese democratico.
Ma è una democrazia impoverita dal perverso intreccio tra istituzioni e interessi, dalla palude dell’indistinzione e della connivenza. E finché non si riesce a liberare lo Stato da queste incrostazioni la speranza di un riscatto resta debole.
Accanto al paese impestato agisce l’altra Italia, quella che Giovanni Ferrara — lo storico e scrittore che per quasi quarant’anni è stato compagno di Sandra — definisce l’Italia dell’“etica protestante”, “della morale semplice e chiara”, “del dovere pratico e intellettuale”. Un’Italia spesso sbeffeggiata, da chi sa come si deve stare al mondo. Ecco Ugo La Malfa che in un momento di confidenza domanda alla giornalista: «Ma cosa è questo La Malfa che tenta di fare un governo? Una cometa? Una cometa è bella finché dura e poi cosa resta, cosa lascia dietro di sé?». E ancora Sandro Pertini, ritratto in pigiama e a piedi nudi mentre veglia sul leader repubblicano morente: «Ci lasci tra gli sciacalli, e io rimango solo nella mia avventura al Quirinale». È la stessa Italia che la Bonsanti si porta dietro quando dà vita a Libertà e Giustizia, la «piccola associazione laica» che da quasi dieci anni si batte contro il gioco grande del potere.
È anche una lezione di giornalismo, quella offerta senza supponenza dall’autrice. Perfino nei dettagli, là dove ci racconta l’imbarazzo per il gesto intimo di Craxi che le scompiglia i capelli o per l’imprevisto scatto di Gelli che davanti ai fotografi la prende sottobraccio. Distanza massima, sembra il suo monito. Solo così si riesce a dare un senso alle cose che accadono. E un domani a farne un libro di storia.

Guarda il video a cura di Chiarelettere
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