Da Siena a Genova avevano una banca

16 Set 2013

Massimo Giannini

Montepaschi è il paradigma. Una gigantesca mangiatoia, nella quale si sono nutriti tutti grazie ai buoni uffici del generoso Mussari. La sinistra del «socialismo bancario e municipale», certo. Da Piero Fassino che con il custode dei tesori di Rocca Salimbeni sente il bisogno di fare «un po’ il punto totale», a Franco Ceccuzzi che con il supporto «dell’onorevole Massimo D’Alema» deve discutere di una non meglio specificata «iniziativa».

montepaschiEcco i numeri del disastro. A luglio i prestiti al settore privato sono diminuiti di un altro 3,3%. I finanziamenti alle famiglie si sono ridotti dell’1,1%, mentre quelli alle imprese sono crollati addirittura del 4,1%. Non ho gli occhiali del ministro Saccomanni, e quindi non riesco a vedere la ripresa in queste cifre. Ma con i miei occhi vedo benissimo l’altra faccia del credit crunch tricolore. Famiglie e aziende non scuciono un euro dalle banche, per coprire consumi e investimenti. Politici e amici degli amici spillano milioni, grazie al bancomat perpetuo garantito dai Signori del Credito. Dalle inchieste parallele su Mps e Carige continua a venir fuori un verminaio putrido, dove il malaffare economico e il malcostume politico si intrecciano irrimediabilmente. Un consociativismo bipartisan così miserabile, e un capitalismo di relazione così impresentabile, forse esistono solo in Italia. Montepaschi è il paradigma. Una gigantesca mangiatoia, nella quale si sono nutriti tutti grazie ai buoni uffici del generoso Mussari. La sinistra del «socialismo bancario e municipale», certo. Da Piero Fassino che con il custode dei tesori di Rocca Salimbeni sente il bisogno di fare «un po’ il punto totale», a Franco Ceccuzzi che con il supporto «dell’onorevole Massimo D’Alema» deve discutere di una non meglio specificata «iniziativa». Da Giuliano Amato che chiede finanziamenti per il Tennis Club di Orbetello, ai capi della nomenklatura passata e futura (vedi nell’agenda di Mussari sotto la voce «incontri con Bersani, Enrico Letta, Latorre e Matteo Renzi»). Ma anche la destra del populismo reale. Da Berlusconi che da grande intestatario dei depositi miliardari in Mps invita Mussari a cena a Palazzo Grazioli, a Verdini che a Siena tratta le nomine. Dal pio Gianni Letta che elemosina soldi per il teatro Biondo di Palermo o alla pitonessa Santanchè che chiede aiuto per il boss delle cliniche Angelucci. La Cassa di risparmio di Genova è un caso Siena in minore. Qui sono diversi la dimensione e il contesto, ma la morale non cambia. L’elemosiniere è Giovanni Berneschi, i beneficiati sono i ricchi manutengoli dell’inner circle scajoliano. Dal patron del Genoa Enrico Preziosi, all’europarlamentare Vito Bonsignore, fino ad arrivare agli armatori Alcide Rosina e Giuseppe Rasero. Gente che prende fidi e non li rimborsa, in una banca che accumula una montagna insostenibile di crediti incagliati o inesigibili. Così vanno le banche, in questa sciagurata parte di mondo. Una vergogna nazionale, che chiama in causa veramente tutti. Non solo le persone, ma anche le istituzioni. A partire dalla Vigilanza di Via Nazionale. Non possiamo scoprire sempre a babbo morto che, mentre i clienti normali tiravano la cinghia e le imprese tiravano le cuoia, lorsignori «avevano una banca»

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