2 giugno, Bonsanti: “La Costituzione è un bene di tutti”

31 Mag 2013

Rossella Guadagnini Consiglio di Direzione Libertà e Giustizia

La presidente di Libertà e Giustizia risponde a MicroMega, alla vigilia della manifestazione del 2 giugno a Bologna, una grande festa in difesa della Costituzione bene comune. Ascolta anche l’intervista su Radio Città Fujiko

La Costituzione della Repubblica Italiana entrò in vigore il primo gennaio del 1948 e, da allora, è in corso di validità. Troppo tempo, secondo alcuni che ne auspicano l’aggiornamento. Perché mai, chiedono altri, dal momento in cui il documento fondativo del nostro Stato ha più bisogno di attuazioni che di modifiche? La Costituzione bene comune, di fatto, oggi riesce ancora a scuotere le coscienze e riscaldare i cuori dell’Italia dello sboom, cinica e indifferente, impegnata a pensare solo ai fatti suoi, travolta dalla crisi economica e dalla recessione, dal distacco nei confronti della politica, dalla disoccupazione. L’Italia dell’astensionismo e del disincanto, della protesta gridata, delle decisioni rimandate. Un paese deluso e arrabbiato, senza ideali, né sogni, senza alcuna stella polare a indicare il cammino.

E’ un momento difficile per la democrazia. In questa situazione, uno spiccato senso di solidarietà sociale e il richiamo all’unità possono offrire speranza di un futuro accettabile per tutti: a infondere questa convinzione è proprio la Carta, il patto da cui è sorta l’Italia moderna, così come noi la conosciamo. “Oggi vengono offerti slogan buoni per ogni stagione, pensando con essi di risolvere tutti i problemi che ci affliggono. Aboliamo una Camera, riscriviamo la Costituzione: sono parole d’ordine lanciate avventatamente, che non tengono conto della gravità e della complessità di questo periodo travagliato”, spiega a MicroMega Sandra Bonsanti, presidente di Libertà e Giustizia, associazione promotrice della grande manifestazione nazionale prevista per domenica 2 giugno a Bologna. “La nostra iniziativa trae origine proprio dall’esigenza di fare un po’ di luce e sfatare dei luoghi comuni. Mi meraviglio che finora si siamo levate poche voci dal livello istituzionale, quasi nessuna. Hanno aderito Rosy Bindi, Nichi Vendola con Sel, Paolo Ferrero, mentre parteciperanno oltre 100 associazioni di cittadini”.

Una festa in onore della Carta e della Repubblica, dunque, perché non si dà l’una senza l’altra. E’ importante capire questo nesso, visto che in tutti i passati decenni la Costituzione non ha avuto vita facile. Nata da una stagione di generosi entusiasmi, apparve all’inizio come un ponte verso l’utopia in un Paese abituato alla furbizia, all’illegalità, al clientelismo, alla mancanza di principi, all’arte di arrangiarsi, al localismo, al disprezzo della legge e di ciò che è pubblico. Nel tempo, però, essa è stata costantemente sotto attacco per diverse ragioni: ansia di governabilità, spinte federaliste, pressione della finanza e dei mercati, perfino a causa dell’Unione Europea.

Entro giugno il governo si è impegnato a presentare un disegno di legge che prevede una procedura straordinaria per la riforma costituzionale. Ma chi sono, oggi, i veri nemici della Costituzione?
Ci sono diversi “nemici” e non tutti uguali. Alcuni che semplicemente pensano di scrollarsi di dosso le accuse di non saper fare politica, di non saper governare, dicendo “riformiamo la Costituzione”. Abbiamo sentito molto spesso dare la colpa al “sistema che non funziona”, rispetto alle responsabilità di una politica a dir poco molto mediocre. Ci sono però anche altri “nemici”, più nascosti: un filone che viene da lontano e risale alla Prima Repubblica, che ha avuto seguaci nei luoghi occulti dello Stato, poi riaffiorato nella grande riforma di Craxi. Ci sono gruppi di influenza che non hanno mai accettano una Costituzione con il nostro impianto parlamentare, che sono sempre stati in cerca di un uomo con più poteri, che sia presidente del Consiglio o Capo dello Stato, pensando fosse meglio consegnare il potere a qualcuno che sia in grado di risolvere i nostri problemi. Questa soluzione, in realtà, ci traghetterebbe in un ordinamento basato sul decisionismo: da qui il passo verso l’autoritarismo è breve. Tanto breve che si può anche non vederlo, non rendersi conto che si sta passando da un sistema a un altro.

Delle semplificazioni, tuttavia, si possono operare?
Certamente esistono alcune riforme costituzionali utili a semplificare un po’ l’iter delle leggi, superando il “bicameralismo perfetto”. Ma una cosa è dire semplifichiamo, un’altra è abolire il Senato, soprattutto in un disegno che alla fine dovrebbe essere il seguente: 200 o 300 deputati eletti, non si sa come, ma sostanzialmente scelti dai segretari dei partiti e… basta! Una Camera sola è qualcosa che non esiste. Non è vero che all’estero sia così: anche Barack Obama ha le difficoltà che ha, con la Camera e il Senato. Mentre da noi si tende a prefigurare una situazione senza garanzie: questo è estremamente pericoloso.

Quali sono i rischi di questa fase, in cui un governo di larghe intese è impegnato soprattutto nell’ordinaria amministrazione?
Siamo sotto continuo ricatto. Si ha la sensazione che questo stravolgimento della Costituzione avvenga all’ombra di una pressione costante. Libertà e Giustizia cinque anni fa aveva proposto un ritorno al Mattarellum: non che fosse la riforma ideale, per carità, ma sempre meglio del Porcellum. Appena, però, si mostra una tendenza ad allontanarsi dalla linea delle larghe intese – la direzione strategica decisa da Letta, Alfano, Quagliariello e Verdini – appena ci si scosta da lì, scatta il ricatto. Le priorità, invece, dovrebbero essere la legge elettorale e il conflitto di interessi, tanto più se qualcuno inseguisse forme di governo presidenziali o semipresidenziali. Altrimenti in Italia continuerà a vincere chi ha in mano l’informazione. E’una finta forma di democrazia la nostra, piuttosto una continua ricerca di consenso plebiscitario. Penso che quanto afferma Gustavo Zagrebelsky, nel manifesto sul 2 giugno “Non è cosa vostra”, da cui il titolo dell’appuntamento, sia molto giusto: questa è roba vecchia, non è una visione nuova del sistema, è una controriforma che non porterà a niente di buono. Al massimo a un decisionismo senza istituti di garanzia.

Una vera beffa è poi quella della nuova legge elettorale: ora non può più essere discussa e approvata senza avere il quadro completo di tutte le modifiche costituzionali che si vogliono apportare. Apparentemente un’obiezione tecnica, in realtà un escamotage politico.
L’obiettivo principale restano le modifiche alla Costituzione, che così com’è deve morire e ne deve venire fuori un’altra perché si dice che con questa non si può governare. Ha origine da qui il paradosso della nuova legge elettorale, che tutti vogliono, a parole, e nessuno fa. Una nuova, buona, legge elettorale potrebbe garantire quella governabilità che invece si vuole ottenere attraverso profonde riforme costituzionali, che toccano l’ordinamento dello Stato, i poteri del Presidente, la magistratura. Un’occasione ghiotta per metter le mani su una materia altrimenti inavvicinabile. E’ chiaro, a questo punto, che la legge elettorale deve essere tolta dal campo e, non a caso, finisce in fondo all’agenda politica. Se questo è il disegno, spero accada qualcosa che ci consenta di cambiare strada. Il diktat “bisogna essere moderni” è una trappola micidiale per la democrazia: i veri riformatori sono coloro che dicono che bisogna fare poche cose, ma fatte per bene.

In questo fervore propositivo di nuovi strumenti (Costituente, nuova Bicamerale, Commissione dei 40) che nodi verrebbero toccati?
Innanzi tutto occorre sapere cosa comprende la seconda parte della Costituzione. La pretesa di rifarla travolgerebbe intanto l’organizzazione delle Camere: è il Titolo I, che riguarda il Parlamento. Dall’articolo 69 in poi si parla, invece, della formazione delle leggi. Il Titolo II riguarda i poteri del Presidente della Repubblica: e qui viene il bello. Poi segue il Titolo IV, con tutti gli articoli sulla magistratura. Quando si arriva al 101, che recita “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”, vogliamo vedere cosa succederà? Subito dopo ci sono le Regioni, il Titolo V, che è stato già riformato e riformato male. Infine il Titolo VI sulla Corte Costituzionale. L’articolo 134 indica le garanzie costituzionali e il 135 la composizione della Corte: entrambi sono stati più volte messi in discussione.

Alcuni sostengono che Berlusconi sia l’effetto di tutto questo trambusto, non la causa. Che il Cavaliere, insomma, risponda a interessi più grandi di lui.
Se lui è una pedina di un gioco più ampio, non è certamente una pedina riluttante, semmai complice. Questo è il “Gioco grande del potere”, come ho intitolato un libro di memorie (che uscirà in settembre per Chiarelettere, ndr), in cui cerco di riannodare i fili dei misteri italiani che ho seguito direttamente. Berlusconi non è solo: è insieme ad altri signori, come Dell’Utri e Previti: attorno a lui vecchie alleanze che non si sono mai rotte, dai legami con la P2 alla nuova rete di Luigi Bisignani. Uno schema simile a quello che vediamo all’opera nelle sanguinose stragi italiane: tutte hanno avuto figure come il mandante, l’esecutore e il depistatore, un oliato ingranaggio che coinvolgeva persone di ambienti diversi, ciascuno col proprio referente. Non sappiamo su quante di queste vicende è stato apposto il segreto di Stato.

Il leader del Pdl è tra i paladini di una grande riforma costituzionale. Ma che significa modificare la nostra Carta?
Quando si afferma di voler mettere mano alla seconda parte della Costituzione si intende rifarla tutta, cambiandone la natura. A quel punto si vedrà se possono restare le firme originarie di De Nicola, Terracini e De Gasperi. Metteremo quelle di Napolitano, Violante e Letta? La Costituzione così modificata, infatti, non è più ‘figlia’ di tali personalità.

Cosa avevano i padri costituenti che li rendeva diversi e comunque migliori di coloro che oggi intendono mettere mano al testo costituzionale?
Loro sapevano esattamente cos’è il concetto di bene comune e di bene pubblico, essendo stati tutti dalla stessa parte in una fase drammatica della nostra storia. Allora da un lato c’era la libertà e dall’altro l’oppressione: essi sapevano bene cosa significasse lavorare per lo Stato, essere un rappresentante delle istituzioni. I nostri governanti, invece, hanno dato prova di non sapere cosa sia questo impegno: quando mai pensano al bene comune? Hanno lasciato un vuoto di responsabilità che spetta colmare ai movimenti, alle associazioni, alla società civile. La buona notizia è che hanno aderito alla nostra manifestazione oltre 100 associazioni, tra cui Libera, l’Arci, Articolo 21: impossibile qui ricordarle tutte. Una grande ricchezza. Sul palco, oltre a me e al presidente onorario di Libertà e Giustizia, Zagrebelsky, ci saranno Rodotà, Settis e Saviano, Camusso, Landini e Nando dalla Chiesa. Mentre hanno aderito politici come Rosy Bindi, Nichi Vendola e Paolo Ferrero. Abbiamo appena ricevuto un messaggio di auguri dell’Associazione Nazionale Magistrati e del suo presidente Rodolfo Sabelli: “Vi siamo vicini”, dice. La Costituzione è di tutti: noi non vogliamo metterci il cappello sopra.

Che rispondere a chi afferma che queste iniziative costituiscono un rifiuto della pacificazione nazionale, nutrendo comportamenti “divisivi”?

Di nuovo ricordo Zagrebelsky che, in proposito, ha detto: “Se non ci sono la verità e la giustizia non c’è la pace”. E la verità, nella maggior parte dei casi, non c’è stata. I parenti delle vittime delle stragi ancora oggi chiedono proprio questo, verità e giustizia. E hanno diritto ad averle, così come tutti abbiamo diritto alla pace.

C’è qualche indicazione politica specifica che Libertà e Giustizia offre?
Attualmente non diamo indicazioni politiche. Quando ci si trova di fronte a un movimento così ampio, occorre tenere insieme – come prima cosa – l’universo delle associazioni che si ritrova unito a difesa della Costituzione. Successivamente qualche indicazione andrà pur data. Non difendiamo una cosa vecchia. Vecchi sono loro, non noi. La Costituzione non è qualcosa di astratto, che riguarda soltanto il legislatore, ma tocca da vicino la vita di tutti noi cittadini.

Giornalista e blogger, si occupa di hard news con particolare interesse ai temi di politica, giustizia e questioni istituzionali; segue vicende di stragismo, mafia e terrorismo; attenta ai temi culturali e sociali, specie quelli riguardanti le donne.

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