1. La crisi della democrazia rappresentativa, presente ovunque, è particolarmente grave in Italia, a causa di due peculiarità del suo sistema politico: la legittimazione di un leader (Berlusconi) che non avrebbe titolo ad esser tale sia per i conflitti di interesse che per i reati comuni di cui è accusato, e una legge elettorale (il Porcellum) iniqua e anticostituzionale.
2. Un governo di “larghe intese”, che capovolge il responso delle urne, aggrava ulteriormente questa crisi, inseguendo l’impossibile modello di una democrazia senza popolo.
3. La natura estrema di questa crisi non colloca l’Italia fuori dal contesto mondiale. Al contrario, ne fa un caso-limite (per ciò stesso esemplare) di crisi della democrazia. Quello che accadrà in Italia (la vittoria della casta politica contro l’elettorato, o la riscossa dei cittadini) è perciò di grande rilevanza nel quadro globale. Grande è la nostra responsabilità.
4. Ingranaggio-chiave della crisi della democrazia è la dominanza dei mercati, cioè di persone, gruppi di interesse, lobbies bancarie e finanziarie che determinano il corso dell’economia. Queste oligarchie, in quanto sfuggono ad ogni controllo democratico, sono la vera e sola “antipolitica”. L’Europa si è ridotta ad essere il territorio di caccia di queste oligarchie e tecnocrazie, e le scelte politiche italiane viaggiano con questo «pilota automatico», secondo la frase di Mario Draghi. Su questa tendenza si sono appiattite in Italia tanto la destra quanto la “sinistra”, che ha con ciò rinunciato alla propria missione storica di difensore dei diritti dei cittadini, nascondendosi dietro un passivo “ce lo chiede l’Europa”.
5. La dominanza dei mercati, con la complicità della politica, genera (in Italia come altrove) un’ “austerità” che non crea ricchezza, ma la concentra nelle mani di pochi; pone il lavoro e la dignità della persona al servizio del mercato; mortifica libertà e uguaglianza comprimendo la spesa e i servizi sociali; innesca disoccupazione, disagio sociale, emarginazione, povertà.
6. L’anestesia che ci viene proposta come “pacificazione” o “responsabilità” consiste non solo nell’annientare le differenze fra “destra” e “sinistra”, ma anche nel chiudere gli occhi davanti ai problemi dei cittadini in ossequio alla dittatura dei mercati. Questa è stata la base e del “governo tecnico”, fase di rodaggio delle “larghe intese” oggi all’opera. Ma gli inviti all’amnesia vanno respinti perché sono contro gli interessi dei cittadini e contro la legalità costituzionale.
7. Il progetto di “democrazia senza popolo” sussiste perché l’antica funzione dei partiti come luogo di riflessione e di progettazione è morta. Quel che resta degli apparati di partito si è trasformato in un macchinario del consenso, fondato sulla perpetuazione dei meccanismi e delle caste del potere.
8. Una parte larghissima del Paese esprime una radicale opposizione a questo corso delle cose. Lo fa secondo modalità diverse, anzi divergenti: (a) la sfiducia nello Stato e il rifugio nell’astensionismo; (b) gesti individuali di protesta (fino al suicidio); (c) vasti movimenti che tendono alla rappresentanza parlamentare e alla forma-partito, come il M5S; (d) piccole associazioni di scopo, dichiaratamente non-partitiche, per l’ambiente, la salute, la giustizia, la democrazia. Queste ultime sono ormai alcune decine di migliaia, e coinvolgono non meno di 5-8 milion di cittadini. È a partire dall’autocoscienza collettiva generata da questo associazionismo diffuso (ma anche nei sindacati) che si può avviare la necessaria opera di restauro della democrazia.
9. Queste forme di opposizione “vedono” quel che sembra sfuggire a chi ci governa: il crescente baratro che si è aperto fra l’orizzonte delle nostre aspirazioni e dei nostri diritti e le pratiche di governo. Tuttavia, le associazioni e i movimenti, pur generando anticorpi spontanei alle pratiche antidemocratiche, stentano a trovare un denominatore comune, un manifesto che possa tradursi in azione politica.
10. Questo manifesto esiste già. È la Costituzione della Repubblica. Essa va studiata e rilanciata come la Carta dei diritti della persona e della collettività, che corrisponde in grandissima parte all’orizzonte delle aspirazioni e agli anticorpi spontanei della protesta.
11. Costituzione alla mano, l’universo dei movimenti e delle associazioni si può rivelare a un tempo stesso come il sintomo di un malessere e la cura della democrazia italiana. Sintomo, perché mette allo scoperto il carattere anti-democratico della politica “ufficiale”. Cura, perché i movimenti sono un serbatoio di idee, di elaborazioni, di progetti, di riflessioni, nell’esercizio del diritto di resistenza (che, secondo la Costituzione della Repubblica Partenopea del 1799, è «il baluardo di tutti i diritti»).
12. Questa forma di resistenza civile in nome del bene comune (che la Costituzione definisce “interesse della collettività” o “utilità sociale”) va intesa come adversary democracy : e cioè come l’esercizio pieno della cittadinanza, che non si esaurisce nel voto, ma si estende a una continua vigilanza critica e capacità propositiva. Essa non sostituisce la rappresentanza politica, ma si affianca ad essa, la controlla e la stimola. Non è contro la democrazia: al contrario, intende salvare la democrazia mediante la partecipazione dei cittadini, secondo il disegno della Costituzione.
13. La Costituzione non va intesa come una litania di articoli staccati, ma come una salda architettura di principi, coerente e inscindibile. L’adversary democracy va esercitata partendo simultaneamente dalla consapevolezza dei propri diritti e dalla difesa della legalità costituzionale. In nome della Costituzione vanno rimesse in onore le vittime sacrificali della presente dittatura dei mercati: le regole della politica e i pilastri del progresso sociale (politiche del lavoro, welfare state, diritto alla cultura e alla salute).
14. Nel crepuscolo della democrazia, è possibile, desiderabile, necessario ripartire dai movimenti per riformare i partiti e i sindacati, per ricreare la cultura politica che muove le regole.
15. Salvaguardare la Costituzione negando legittimità a qualsivoglia “Costituente” autonominatasi è precondizione necessaria del ritorno a una piena democrazia costituzionale. E’ urgente, piuttosto, l’alfabetizzazione costituzionale dei cittadini, simile a quella promossa dal Ministero per la Costituente (governi Parri e De Gasperi, 1945-46). Perché «ogni legislatore dev’esser guidato, sorretto, confortato dalla coscienza del suo popolo» (A.C. Jemolo).
Pubblicato su Left, 25 maggio 2013
Non basta difenderla la Costituzione, occorre attuarla e noi dobbiamo farci parte più attiva nell’indicare la via e la priorità perché ciò avvenga.
Non ci basta più difendere la Costituzione, occorre prodigarsi per attuarla! La politica non è all’altezza anzi, allo stato può solo far danni. Dobbiamo farci parte più attiva nell’indicare strada e priorità di riforma di attuazione della nostra Carta Fondamentale. L’unica vera forma di difesa della Costituzione è il completamento della sua attuazione. I primissimi articoli sono ad oggi lettera quasi morta: la sovranità non appartiene completamente al popolo il quale non la esercita compiutamente, i cittadini non sono eguali davanti alla legge e questa ha perso i suoi connotati di generalità e astrattezza. Non possiamo restare a guardare la Legge che muore e la popolazione che ne fa le spese. Dobbiamo fare di più.
Manifesto illuminante. L’ Italia è il laboratorio politico dell’ Europa.
La post-democrazia ( Habermas) o democrazia senza popolo da noi è già realtà. Ma potrebbe essere il futuro di tanta parte di Europa.
Quello che ci attende, nel 2013-14, è uno scontro di giganti. per questo bisogna raccogliere tutte le forze possibili e valorizzare quelle culture diffuse che alimentano la nuova classe dirigente italiana che sta nascendo nelle Università e nei luoghi di cultura che ancora funzionano, da noi, ma soprattutto fuori d’ Italia in Europa e nel mondo.
Qui dobbiamo cercare le forze del nuovo risorgimento. anche attraverso la rete. Ma la classe dirigente non può essere selezionata da alcuna rete. Le ultime elezioni comunali lo dimostrano.
Umberto Baldocchi
Lucca
E mail: umbaldoc@tin.it
Parole sacrosante. Eppure sono già tutti pronti a tirare un sospiro di sollievo per i risultati delle amministrative, ignorando il segnale fortissimo dell’astensionismo. La Costituzione ormai chi se la ricorda più… (soprattutto la parte della repubblica democratica fondata sul lavoro)
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Il mondo sta cambiando! E noi qui a baloccarci sui flussi elettorali delle votazioni comunali e sui “grandi cambiamenti” che essi rivelano! Sulla presunta accettazione del governo delle larghe intese!
Ma per favore…! direbbe Totò.
Il problema vero è che la COSTITUZIONE VA DIFESA CON DECISIONE SALVANDONE, ATTUANDONE E SVILUPPANDONE I PRINCIPI, non SNATURANDOLA . Ma questo vuol dire che il problema epocale è quella di inserire gli elementi ancora in essa non del tutto adeguati della democrazia deliberativa e della democrazia diretta per far vivere davvero la nostra repubblica parlamentare. Dobbiamo combattere a fronte alta la prospettiva falsamente innovativa del semipresidenzialismo che in Italia può significare solo costruzione di maggioranze fittizie ( e magari enormi come quella dell’ultimo governo Berlusconi) attorno alle figure selezionate dalla casta; le maggioranze solide e stabili si costruiscono attorno ai programmi ed alle idee. Ma qualcuno sogna davvero di ritornare all’ Italietta di Depretis, di Crispi e di Giolitti, ovviamente ridotti in sedicesimo.
La vera democrazia governante è quella che si costruisce, non sull’abilità dei premier, ma su maggioranze vere, sincere, omogenee e coerenti e su opposizioni libere, costrutttive, ma non telecomandate. E’ la democrazia che supera la frattura tra paese e cittadini. E che trae le dovute conseguenze anche dai fenomeni di contro-democrazia che si diffondono in tutta Europa.
UNA COSA CHE NESSUNO DICE POI VA RICORDATA: la disciplina di bilancio dello Stato italiano va ricondotta entro i principi costituzionali e va costruito un meccanismo di controllo della spesa, rigido e serio, ma non distruttivo dello stato sociale, un meccanismo come quello progettato da Einaudi, ma non compiutamente realizzato. Il pareggio di bilancio in Costituzione ( la radicale alterazione del vecchio art. 81) è invece contemporaneamente un aggiramento del problema e una camicia di forza. Non blocca le spese superflue, non vincola la spesa, ma vincola le entrate, mangiando pensioni, investimenti e futuro. ORA BASTA! QUI STA IL CAMBIAMENTO.
QUESTA E LA VERA RIFORMA COSTITUZIONALE- L’ APPLICAZIONE DEI SUOI PRINCIPI. LA LOTTA CONTRO LO SNATURAMENTO DELLA COSTITUZIONE. IL PRINCIPIO DEL COSTITUZIONALISMO DIFESO OGGI IN ITALIA DOMANI IN EUROPA. DICIAMOLO AD ALTISSIMA VOCE.
Umberto Baldocchi
Lucca
umbaldoc@tin.it
Sono d’accordo, come sempre, col prof. Settis, ma penso che sia impossibile pretendere dalla classe dirigente il rispetto della Costituzione fino a quando un ordinamento positivo criminogeno alimenterà la corruzione e la concussione e l’enorme spreco di risorse causate dalle centinaia di migliaia di provvedimenti illegittimi/illeciti che vengono emanati ogni anno. Esprimo il mio parere sui seguenti punti.
Legge elettorale. Nel 2005 il Parlamento emanava la legge elettorale vigente, qualificata dallo stesso autore una “porcata”.
Il presidente Ciampi poteva non promulgarla? Certamente. Il porcellum non è una legge incostituzionale. Trasferendo il potere di scegliere i parlamentari dal Sovrano agli apparati di partito, ha modificato la Costituzione in modo sostanziale e trasformato l’oligarchia di fatto in oligarchia di diritto. Con la sua promulgazione è stata inferta una ferita alla Costituzione.
Cosa avrebbe detto quel giovane partigiano che scriveva col sangue: “mamma non piangere, muoio per una Patria più bella”?
Riforme istituzionali. I cittadini chiedono che sia stabilita l’incompatibilità fra carica di partito e carica pubblica, al fine di evitare ogni distorsione della funzione pubblica; l’incompatibilità fra più funzioni pubbliche; una seria legge contro la corruzione; l’istituzione di un tribunale competente a giudicare l’attività dei magistrati, essendo noto che la giurisdizione domestica si è rivelata inefficace. La Corte costituzionale, con eventuale inserimento di esperti in diritto, potrebbe essere una auspicabile soluzione.
Ma i “saggi” nominati dal Capo dello Stato, anziché predicare il rispetto della Costituzione per meglio evidenziarne eventuali anomalie in vista di una più efficace tutela dei diritti individuali, hanno deciso di modificarla ai fini di una più efficace azione di governo. Per perseguire quali interessi?