Dalla Giustizia insultata alla Giustizia minacciata

24 Mag 2013

Le minacce a Boccassini sono un fatto coerente con la cultura che ha prodotto i pluriennali insulti ai giudici e l’irruzione nel Tribunale di Milano. I giudici, ancora una volta, sono lasciati soli a difendere ciò che spetterebbe anzitutto alla politica difendere: che uno Stato moderno e democratico non può che basarsi sul primato della legge e sul rispetto delle regole, in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata.

Oggi leggiamo, insieme alle motivazioni della Corte di Cassazione che definisce inesistente la presunta inimicizia delle Corti milanesi per Berlusconi, e alle motivazioni della Corte d’appello di Milano che descrivono un elaborato sistema di evasione fiscale messo a punto e gestito dall’ex presidente del consiglio anche quando rivestiva cariche pubbliche, delle gravi minacce inviate alla dottoressa Boccassini. Vi è un legame tra queste cose? Ovvio che sì: le minacce al PM di Milano altro non sono che un passo in più rispetto agli insulti e alla sistematica delegittimazione che in questi anni la destra berlusconiana ha coltivato nei confronti della magistratura in generale, e di quella milanese in particolare.
La propaganda berlusconiana da vent’anni martella l’opinione pubblica qualificando le numerosissime inchieste giudiziarie che hanno riguardato “il capo” come frutto di odio personale, inimicizia politica, follia, volontà persecutoria. Quanto più si accumulano, negli anni, le assoluzioni per prescrizione (a volte dopo condanne subite nei precedenti gradi di giudizio), le leggi ad personam per disinnescare qualche processo, e infine le condanne, tanto più si alzano i toni della propaganda anti-giudici, fino all’irruzione nel Tribunale di Milano dei parlamentari del PDL e al comizio bresciano contro la magistratura.
Ancora ieri il coro degli esponenti della destra si è prodotto nella consueta litania di affermazioni prive di senso, se non quello di riaffermare la fedeltà al capo e la ferrea volontà di ignorare la realtà che emerge drammatica così dalle sentenze recenti come dalla rilettura della disperante sequenza di oltraggi alla giustizia che si è consumata nel ventennio berlusconiano.
Le minacce a Boccassini sono un fatto coerente con la cultura che ha prodotto i pluriennali insulti ai giudici e l’irruzione nel Tribunale di Milano. Paradossalmente,  la violenza verbale della destra contro la magistratura è la riprova più evidente di quanto sia inaccettabile, per qualunque persona di onesto sentire, che il potere politico  resti affidato a persone accusate di avere ripetutamente e gravemente violato la legge. Per ottundere questa semplice consapevolezza, per annegare la vergogna delle condanne in un mare di confusione, occorre gridare sempre più forte, mentire sempre più spudoratamente, negare i fatti, alterare la realtà, additare al pubblico nemici immaginari, dipingerli come diabolici tramatori.
In questa scandalosa opera di falsificazione, che mira a travolgere uno dei fondamenti essenziali di ogni ordinamento democratico, cioè il rispetto della legge e di chi è chiamato ad applicarla, gli esponenti della destra hanno oggi purtroppo molti alleati: primo fra tutti il silenzio – o il debole belato – di chi dovrebbe invece difendere con forza e consapevolezza il diritto dei cittadini italiani ad essere governati da persone di specchiata moralità e di indiscussa onestà. Il silenzio di chi giustifica come realismo politico la cedevolezza nei confronti dell’ingiustizia, e minimizza, o forse addirittura ha perso la capacità di vedere, l’immenso danno che la cultura dell’illegalità da molti anni (e in molti modi) arreca all’Italia.
Il silenzio di chi è assuefatto all’illegalità, e forse addirittura incline a dare credito alle teorie persecutorie della destra, è anch’esso responsabile, a pieno titolo, delle minacce alla Procura di Milano. I giudici, ancora una volta, sono lasciati soli a difendere – pur con tutti gli errori che nel loro operare possono (e non dovrebbero) occorrere – ciò che spetterebbe anzitutto alla politica difendere: la semplice verità che uno Stato moderno e democratico non può che basarsi sul primato della legge e sul rispetto delle regole, in tutti gli ambiti della vita pubblica e privata. Il divario tra questa persino banale affermazione e la realtà della vita politica ed economica del nostro paese è purtroppo sempre più ampio. E’ primariamente in questo divario che ha origine il declino dell’Italia.

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