Prima emergenza la legge elettorale

Ogni governo, ai suoi primi passi, gode di un clima favorevole. E’ il tempo della cosiddetta “luna di miele”. Per il governo Monti, durò a lungo, anche troppo. Ma l’esecutivo guidato da Enrico Letta questa felice parentesi non l’ha conosciuta. Il vento della tempesta ha soffiato subito. Non appena Berlusconi ha comunicato il suo ultimatum sull’Imu: “O salta quest’imposta o salta il governo”. Poi, un altro piatto indigesto per il Pd: la pretesa del Cavaliere di presiedere la Convenzione per le riforme istituzionali. Ora, siamo alla lotta, coltello tra i denti, per la Commissione Giustizia del Senato, dove il capo del centrodestra ha cercato di piazzare un suo uomo di fiducia, l’ex Guardasigilli Nitto Palma, simbolo eclatante degli interessi berlusconiani in materia giudiziaria. Davvero troppo. Ma Berlusconi minaccia: se il Pd non cede, il governo rischia di non finire l’estate.

E’ la pura e semplice cronaca dei fatti. Che ci porta alla questione centrale: la golden share è tornata nelle mani del Cavaliere. Che intende giocare il ruolo del protagonista, con gli abiti da statista nelle occasioni ufficiali, ma tornando a fare il Caimano quando si tratta di fare i propri interessi. Dove ci porterà tutto questo? Il governo Letta è come un abito tenuto su con gli spilli. Se tiri troppo da un lato, il vestito si disfa. Ma era possibile confezionare un prodotto diverso? Certo, ci sono stati gli errori, le incongruenze, i contorsionismi del Pd . Abbiamo visto, dentro questo partito, scontri e vendette. Fino ad affossare la candidatura al Quirinale di Romano Prodi, col risultato di gettarsi indifesi nelle braccia del Cavaliere. Ma resta innegabile il dato di partenza: il risultato elettorale del 26 febbraio ci ha consegnato una situazione ingovernabile. Non più un bipolarismo, sia pure imperfetto, ma tre grandi minoranze, numericamente non troppo diverse tra loro. Bersani ha tentato un governo di minoranza, attraverso una qualche forma di intesa col Movimento 5Stelle, ma ha raccolto sberleffi e rifiuti. Restava, come unica alternativa, il ritorno di nuovo alle urne. Sarebbe stata, probabilmente, la scelta più coerente, in linea di principio. Ma a che prezzo? C’era il rischio, col sistema di voto in vigore, di un analogo responso elettorale, privo di sbocchi, perdurando l’assenza di una possibile maggioranza.

Abbiamo, dunque, una coalizione nata nel nome della necessità. In condizioni d’emergenza. Del resto, lo stesso Letta ha ammesso che “questo non è certo il governo ideale per gli italiani”. Fissate queste condizioni, è meglio verificare che cosa è oggi possibile, anziché insistere sulle pur fondate polemiche relative al passato. Il sentimento degli italiani è assai critico. Forte è la rabbia contro il governo e la sua maggioranza. Ma il Paese sente, nello stesso tempo, il bisogno d’essere governato. Spera in iniziative che aprano la strada a una rassicurante ripresa perché sempre più grave si è fatta la crisi economica. Un “governicchio balneare” non risponderebbe certo a questo scopo. E, d’altra parte, è grottesco pensare a un governo di svolta. Piuttosto, si prenda atto, con umiltà e realismo, degli errori compiuti e si cerchi di porvi rimedio. Con uno scopo chiaro e circoscritto. Da una parte, affrontando l’emergenza economica, con provvedimenti di rilancio e sostegno dell’occupazione, tutele sociali più estese, incentivi al consumo. Dall’altra, mettendo mano alle riforme più urgenti, anzitutto la nuova legge elettorale, necessaria per ripristinare l’alternanza momentaneamente sacrificata.

Si dirà che Berlusconi ha, nelle sue mani, le chiavi del governo. E, come ha fatto con Monti, può staccare la spina nel momento in cui più gli conviene. E’ un pericolo reale. Ma questa volta non si scontrerebbe solo con Letta. Al Cavaliere si contrapporrebbe il Quirinale. E la partita sarebbe per lui ben più complicata. Prenda dunque, il presidente del Consiglio, le iniziative più opportune.Se vuole, riunisca pure i ministri in un’abbazia della campagna toscana, per “ fare squadra”, anche se questa mania, stile vecchia Dc, di riunirsi in convento, suscita facili ironie. Ma si concentri, soprattutto, sulle “politiche concrete”  che può mettere in pratica. E eviti di impantanarsi nelle false questioni, come è nel caso della Convenzione, uno strumento improprio, perché, per fare le riforme, non abbiamo bisogno di scorciatoie. Si tratti del Senato federale e del bicameralismo perfetto o della diminuzione del numero dei parlamentari o dell’abolizione delle Province, basta l’articolo 138 della Costituzione. Soprattutto, si metta in testa all’agenda la riforma elettorale, per la quale è sufficiente una legge ordinaria. Quando avremo nuove elezioni, si vada almeno alle urne avendo la possibilità di scegliere i propri parlamentari. E, magari, grazie ai primi interventi per l’emergenza economica, un Paese meno martoriato dalla crisi.

Questo è il campo sul quale poter manovrare. Consapevoli dei propri limiti, ma anche determinati a operare per i progressi possibili. Altrimenti, tutto si fa più ambiguo e confuso. E ogni retropensiero diventa lecito.

5 commenti

  • Serve fare un appello per le firme, adesso. Pare che questo argomento fondamentale sia andato nel dimenticatoio, come e` successo nelle ultime legislature.
    Ma non e` una dimenticanza: e` programmatico l’errore.
    Facciamo qualcosa!

  • La legge elettorale che CONSENTA L’ELEZIONE LIBERA DEI PARLAMENTARI con PREFERENZA non la faranno mai. Come potrebbero mantenersi al potere senza i numerosissimi YES MEN che hanno fatto eleggere ? Come potrebbero i partiti di lotta e di governo scegliersi anche le opposizioni ( di comodo)? Si smetta di dire che si vuole ricostruire il rapporto tra cittadini e Palazzo! Il Palazzo si è ormai autosigillato!

    Ci vuole una iniziativa popolare e di massa. Cominciamo il 2 giugno visto che sulla Convenzione costituzionale hanno preferito soprassedere.

    Umberto Baldocchi

  • Mah, francamente l’idea di cavar qualcosa di buono da un governo del genere la trovo illusoria oltremodo. Sembra quasi che in passato (ad esempio con Monti) le cose non si siano fatte perché incapaci di individuare i problemi…non è stato così ovviamente, né per Monti né per i governi di centrosinistra. La riforma elettorale non s’è fatta perché chi vince la trova immediatamente più commestibile (certo questa volta non ha vinto nessuno, ma il caimano sta già facendo i conti collegio senatoriale per collegio senatoriale) e non perché non fosse chiaro che il porcellum era inguardabile. Lo sforzo di avviare la ripresa non è stato fatto non perché non fosse chiaro che eravamo in crisi (figuriamoci) ma solo per il fatto che dovevamo mantenere impegni compatibili con il super-rigore invocato dallEuropa e dalla moneta unica (peraltro sul tema abbiamo poco da difenderci, effettivamente). Stessa cosa anche per altri temi più o meno sentiti o più o meno gravi. Purtroppo temo che sperare di cavare il sangue da un corpo totalmente esangue come la classe politica italiana, sia una speranza vana, nel solco di altre speranze a cui molti si sono adeguati, digerendo scemenziari come il “voto utile”, il preteso “massimalismo” di tutta la sinistra che non fosse il PD, il realismo cinico e concreto di d’alemiana memoria, i sogni dell’americano del PD e via cantando. Quindi speriamo, tanto sperare non costa nulla e soprattutto non possiamo buttar giù il governo a forza di analisi e/o lamentele. Ma muoviamoci, però, e cerchiamo di far qualcosa per non trovarci ancora in queste condizioni, con un centrosinistra del genere. Senza aspettare, purtroppo, che un parlamento siffatto ci venga incontro, solo per ilo fatto di essere stati “ragionevoli”, in quando l’essere “ragionevioli” è spesso scambiato (e così spesso è stato) con l’essere accomodanti.

  • Abrogare porcellum e tornare a mattarellum, subito. Altro questo governo innaturale e insensato non potra’ fare…

  • Come dice Montalbano: “mi sono fatto persuaso…”. Sì. Mi sono fatto persuaso, che la legge elettorale non è il primo problema da risolvere. Sono convinto che il problema no. 1, è il meccanismo con le verifiche di accettabilità della rappresentanza. Insomma, il conflitto di interessi. Questo è il vero, gigantesco obiettivo. Perché si può avere la migliore legge elettorale, ma se i candidati sono dei perfetti inetti, disonesti intellettualmente e materialmente oltre che corrotti difensori del proprio interesse, non avremo migliorato alcunché. … Il conflitto di interessi, unitamente al blind trust a partire dai Comuni con più di 50.000 abitanti, potrebbe liberare risorse umane sin qui escluse dai poteri grigi della politica… Perfetto? Assolutamente no! Ma, io credo, la via migliore tra le possibili…. Potemmo anche dire che si deve dare la governabilità così che si possano fare le modifiche necessarie, ma per come siamo e pensiamo, il minimo risultato efficace ce lo faremmo italicamente ‘bastare’… Invece si deve puntare in alto per arrivare più sù possibile. Aggredire il conflitto di interessi, significa intaccare i poteri trasversali, collusi e corrotti già a partire dai piccoli Comuni, Enti sovraterritoriali, aziende partecipate e su su, fino a Roma. … Significherebbe non avere avvocati che decidono per la propria professione, o che continuano a lavorare alla difesa di colleghi onorevoli. Potremmo liberare le risorse proditoriamente occupate da funzionari pubblici con incarichi multipli … Pensateci bene: quante sono le storture che tutti i giorni ciascuno di noi vede e/o subisce?

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