Sit-in in sostegno al PM Di Matteo

16 Apr 2013

Carissimi amici di Libertà e Giustizia di Bari, dopo le minacce di morte ricevute dal Dott. Nino Di Matteo e gli altri magistrati impegnati nelle indagini relative alla Trattativa Stato-mafia come il Dott. Del Bene, visto anche il tiro incrociato da parte di chi dovrebbe sostenere quella Magistratura che vive con la consapevolezza di essere un cadavere che cammina e che invece avvia un assurdo procedimento disciplinare a carico del Dott.Di Matteo, di fronte all’assordante silenzio da parte del mondo delle Istituzioni e della politica, il Movimento delle Agende Rosse di Salvatore Borsellino in collaborazione con l’Assoociazione “Rita Atria”-Presidio di Bari e tutte le associazioni anti-mafia presenti sul territorio che vorranno prendere parte all’iniziativa, organizza per il giorno 20 aprile p.v. dalle ore 10,00 alle 13,30 in  Corso Vittorio Emanuele a Bari, nei pressi del Municipio, un sit-in in sostegno al PM Di Matteo e ai magistrati nonché ai testimoni sotto minaccia .

Con una missiva anonima si avverte che amici romani del boss Messina Denaro hanno deciso per una nuova stagione di stragi. Progetti che sarebbero già in fase avanzata di preparazione, tanto da anticipare alcuni dettagli operativi: “Di Matteo lo dovremo affrontare con un commando di due macchine e tre moto. Ciancimino, una moto di supporto più uno scooter dovrebbe bastare”.
Contemporaneamente alla missiva, il Pg del Csm Gianfranco Ciani ha chiesto un procedimento contro Di Matteo con un’assurda accusa “non aver negato” l’esistenza delle intercettazioni fra Napolitano e l’indagato Mancino preoccupato per lo svolgimento delle indagini sulla trattativa Stato-mafia. Gianfranco Ciani è lo stesso che fece pressioni contro la conduzione delle indagini sulla trattativa Stato-mafia da parte della procura di Palermo.
Solidarietà ai PM di Palermo e Caltanissetta impegnati nel Processo Trattativa Stato-mafia e Strage di Via d’Amelio (Paolo Borsellino) dopo le pesanti rivelazioni di preparazione attentati che hanno costretto la Prefettura e il Comitato per la Sicurezza e l’Ordine Pubblico a raddoppiare le scorte ai PM Di Matteo, Del Bene, Messineo, Gozzo.

Si muore quando si è soli….” diceva Giovanni Falcone. Uno dopo l’altro sono stati lasciati soli Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e uno dopo l’altro li hanno massacrati, massacrati insieme alle mogli, se le avevano accanto, agli uomini e alle donne della loro scorta, massacrati e poi pianti con ipocrite lacrime e onorati soltanto perchè erano morti, non costituivano più un pericolo per chi, lasciandoli soli, ne aveva decretato la morte. 
La mafia non manda lettere anonime, la mafia non invia avvertimenti di morte, la mafia esegue le condanne a morte imbottendo un’autostrada di tritolo e azionando un telecomando, riempiendo una Fiat 126 di Semtex, l’esplosivo in uso ai militari e ai servizi segreti che qualcuno gli ha fornito e ha controllato che fosse piazzato a dovere. La mafia, non avverte, la mafia uccide. Ma c’è chi indica chi deve essere ucciso, chi può essere ucciso, si tratti di un magistrato che ha osato portare davanti alla sbarra degli imputati pezzi deviati dello Stato, delle istituzioni, si tratti del figlio di un mafioso che ha osato infrangere una scellerata congiura del silenzio pronunciando un nome “trattativa” fino ad allora impronunciabile, si tratti di un altro magistrato che squarcia il velo di un “depistaggio di stato” messo in atto per coprire i veri autori e i veri mandanti di una “strage di Stato”.
Tutto è troppo simile a quanto avvenuto prima delle stragi de’92 e lo dice, come monito, la stessa missiva che non è scritta da mano mafiosa ma da chi della mafia si è sempre servito.
Ma noi questa volta questi giudici non permetteremo che diventino eroi, noi è di magistrati vivi che abbiamo bisogno.”
Salvatore Borsellino

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