La vergogna di chiedere aiuto

10 Apr 2013

La tragica vicenda che ha colpito la città marchigiana che ha conosciuto, in passato, una progressiva crescita economica non accompagnata da una crescita culturale.

Ha scritto, su Repubblica del 5 aprile, il giornalista Vittorio Longhi, che ha soggiornato a lungo nel territorio di Civitanova Marche, alcune considerazioni che il Circolo di “Libertà e Giustizia” sente di condividere: “Una terra che è sempre stata ricca, produttiva, piena di opportunità. Una Provincia del boom, con le sue contraddizioni ma dove sembrava che il lavoro non sarebbe mai mancato, dove c’erano i servizi e le tutele, dove la rete della comunità era salda. Almeno fino a quando, a metà degli anni ’90, le imprese hanno avviato la delocalizzazione verso Est. Con l’apertura globale dei mercati, poi, nei primi anni 2000, i piccoli imprenditori rimasti nel distretto hanno cominciato a vacillare. I nuovi modelli produttivi e le nuove,  articolate dinamiche commerciali hanno decimato in poco tempo generazioni di industriali e di artigiani, fino alla crisi più recente e alle misure di austerità che hanno dato il colpo finale. La mancanza di politiche industriali, la precarizzazione dei nuovi lavori, l’erosione delle tutele minime sono tutti fattori che hanno concorso, negli ultimi anni, al progressivo declino di territori come quello marchigiano e, indirettamente, alla disperazione di persone come Romeo Dionisi e Annamaria Sopranzi. La vergogna di chiedere aiuto, inoltre, è indicativa di un ulteriore declino culturale, in cui la solidarietà non si distingue più dalla carità.”

L’accenno al declino culturale è un fattore che non va trascurato  e noi, che conosciamo la città e ci proponiamo di migliorarla, vogliamo aggiungere un aspetto importante che integra le considerazioni di Vittorio Longhi. Civitanova ha conosciuto, nei decenni precedenti, una progressiva e significativa crescita economica; ma ad essa non si è accompagnata una crescita culturale. I nostri operatori hanno saputo creare buoni prodotti, trovando un mercato che ne ha assorbito la produzione in un contesto di ordinaria gestione imprenditoriale, senza un necessario ed adeguato supporto culturale; gestione basata su schemi tradizionali e così consolidati che hanno impedito agli operatori stessi di capire i cambiamenti e governarli con l’elasticità, la prontezza e l’agilità che sono il risultato di una buona formazione, collegata all’esperienza ed alla conoscenza delle cose. Anche su questo aspetto lo Stato e gli altri pubblici poteri fino ad ora, soprattutto a destra, hanno declamato ricette assolutamente incompatibili con uno sviluppo culturale dell’assetto produttivo del Paese, propugnando sostanzialmente un liberismo disinteressato ad una crescita ordinata e complessiva. Ed è lo stesso contesto che ha fatto dimenticare una Civitanova solidale, venuta meno contemporaneamente al degrado della cultura dell’umanità, dell’aiuto e della fratellanza. E’ invece assolutamente necessario cambiare registro e mettere in atto politiche che siano in grado di contenere gli effetti distruttivi delle crisi, agendo sul sistema produttivo per migliorarne la cultura e la competitività ed inserendo nel tessuto della comunità elementi di coesione e collaborazione.

Ma anche le politiche virtuose potrebbero non bastare se non c’è una condivisione ed una assunzione di responsabilità collettiva. Fuorvianti ed ingenerose sono apparse le contestazioni rivolte da alcuni cittadini di Civitanova al Presidente della Camera Laura Boldrini ed al Sindaco Tommaso Corvatta, con frasi come: “Stato assassino ed inetto, omicidi di Stato, vergognatevi ecc.”. Se non altro perché la Boldrini è Presidente della Camera da pochi giorni e Corvatta è sindaco da meno di un anno. Ma anche perché è autolesionista e, comunque, dannoso e stupido mettere tutti nello stesso calderone perché, se si dice che tutti sono responsabili in egual misura, si fa un immenso piacere ai veri responsabili. Né va trascurato che una buona parte di italiani da questo Stato ha preteso ed ottenuto, tramite canali politici, favori non indifferenti anche sotto il profilo dell’abusivismo e dell’evasione. Oggi che quei benefici stanno fatalmente finendo, non è accettabile che uno Stato prima considerato “amico”, venga indicato ora come la fonte di tutte le nefandezze; per di più facendo di ogni erba un fascio ed insultando chi oggi rappresenta lo Stato e, lungi dall’essere colpevole può, per storia personale e credibilità istituzionale, cambiare in meglio la società.

* Coordinatore del circolo di Civitanova

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