E’ il giorno dell’incarico a Pier Luigi Bersani. Ma restano le incertezze, lo stallo, la “nebbia”. Tocca al Pd, il “primo partito”, la “prima coalizione”, provare a fare il governo. Però, le previsioni, mentre scriviamo, convergono su un incarico che non è pieno. Su un mandato condizionato al segretario del Pd . E la condizione principe risiede in una maggioranza autosufficiente, che abbia i numeri per ottenere la fiducia. Insomma, Bersani mantiene il centro della scena. Ma il bandolo della matassa è nelle mani del capo dello Stato, dal quale verrà la parola definitiva.
Nelle consultazioni, Napolitano ha accertato che c’è in Parlamento una maggioranza contraria all’ipotesi di un ritorno al voto. L’istinto di autoconservazione, del resto, è il sentimento prevalente tra parlamentari che si sono appena insediati. Però, non basta a fare una maggioranza e un governo. Anzi, ultimamente le difficoltà si sono accresciute anziché diradarsi. Fino a portare ogni tentativo ai limiti dell’azzardo.
Anzitutto, si è dovuto prendere atto dell’indisponibilità del soggetto politico, il Movimento di Beppe Grillo, che Bersani aveva individuato come l’alleato potenziale numero uno. I 5Stelle hanno alzato il ponte levatoio non solo nei confronti del Pd, ma anche di qualsiasi altra ipotesi di governo, istituzionale o tecnica che sia. Hanno avanzato richieste pesanti per farsele respingere. Il metodo di Grillo non lascia dubbi, almeno in questa fase. Non accontentarsi mai, alzare sempre l’asticella, costringere l’interlocutore a fare i salti mortali, nel vano tentativo di rincorrerlo.
Al contrario, la linea di Berlusconi è di “apertura” al centrosinistra, fino all’inverosimile. Il Cavaliere ha scoperto la “condivisione” e la “responsabilità”, naturalmente “nell’interesse del Paese”. Il suo cinismo non ha limiti. Domani manderà in piazza, a Roma, i suoi “contro l’oppressione fiscale e giudiziaria”. Centocinquanta parlamentari del Pdl hanno occupato il tribunale di Milano, dove si celebrava il processo Ruby, accusando i Pm, “cancro della democrazia”. Ma lui fa l’uomo di Stato. Invoca il Pd, per dare vita a un governo di larghe intese. Un invito che i Democratici hanno finora respinto. E che dovranno continuare a respingere se non vogliono correre il rischio implosione.. Il problema, con Berlusconi, non è lo scontro su questo o quel problema. Ma risiede nella concezione della democrazia e nel funzionamento delle istituzioni.
Certo, in politica la “ruota gira”, come ama dire Bersani. Ma, così stando le cose, è difficile fare passi in avanti. Il nuovo presidente incaricato prova comunque a mettere in piedi un governo, rivolgendosi a “tutto il Parlamento” L’obiettivo è di costringere tutti a esprimersi sul suo “progetto di cambiamento”, assumendosi le relative difficoltà. Il che presuppone una tattica assai sofisticata, il tentativo di maggioranze a “geometria variabile”, come si usa dire. Facciamo alcuni esempi. C’è un terreno politico, sul quale la crisi economica richiede interventi urgenti, dove possono raggiungersi punti concreti di convergenza, senza pregiudiziali ideologiche. C’è un altro terreno, che riguarda la questione morale, e qui l’occhio è rivolto ai grillini, per tagliare i costi della politica e varare una legge severa contro la corruzione. C’è, infine, il campo istituzionale, che va dalla riscrittura della legge elettorale al dimezzamento del numero dei parlamentari. Nessuno potrebbe negare la necessità di queste riforme. Ma come e con chi? Si torna anche a parlare di federalismo, di un Senato delle autonomie, ma è un tema troppo delicato e controverso per poterlo affrontare in chiave tattica, puntando ai consensi che, in questo caso, si potrebbero strappare alla Lega.
Le incognite si moltiplicano anziché sciogliersi. In ogni caso, per mettere mano all’opera, Bersani deve avere prima i voti del Parlamento. La fiducia. O, quanto meno, la “non sfiducia”, se vogliamo ricordare i tempi di Andreotti. Si può provare a procedere con un governo di minoranza, non è un “monstrum”. Ma prima questo governo deve avere un voto di investitura. Che, allo stato delle cose, resta assai problematico. Non vorremmo che, alla fine, il Pd sia costretto a mettere troppa acqua nel vino. Offrendo al Paese una miscela indigesta.
Un incarico monco e debole alla sua stessa nascita. Un Bersani simile al visconte dimezzato di calviniana memoria. Difficile pensare – in queste condizioni – ad una prospettiva di stabilità. http://chipiuneha-piunemetta.blogspot.it/2013/03/tra-vecchia-e-nuova-politica-lanalisi.html
non mi sembra decoroso ricordare alcuni governi del passato, questo governo deve fare e fare anche impopolari
un governo di larghe intese è semplicemente assurdo come si può pensare di fare riforme costituzionali, legittimo impedimento, falso in bilancio e così via
ora tocca i partiti chi non ci sta lo spiegheranno ai propri elettori
…per me la geometria variabile in democrazia è accettabile… piuttosto che i programmi unilaterali… ma senza mettere acqua nel vino…
È probabile che un accordo tra PD e PDL si combini, per tre motivi:
1) per la sostanziale disponibilità di Matteo Renzi verso il PDL, che peraltro ha confermato proprio in queste ultime ore al suo Partito che non sarebbe contrario a un’alleanza PD/PDL, e si sa che la figura renziana per il momento conta molto nell’agone politico dello stesso PD; 2) per l’impossibilità di trovare sostegno presso il Movimento a 5 stelle (salvo dissidenti dell’ultim’ora); 3) per la sostanziale, mal celata, somiglianza di intenti fra PD e PDL.
Ma pure questa volta il PD potrebbe trarne pesanti conseguenze politiche, con un’ulteriore perdita di consensi elettorali in primis.
Bersani non deve fare il gioco del criminale berlusconi perrmettendogli di eleggere un presidente della repubblica amico che gli dia l’impunità a o lo faccia senatore a vita.Se
questo dovesse accadere firmerà il suicidio del Pd e la riconsegna del Paese a chi ha provocato la sua catastrofe.La prima cosa da fare è legge elettorale e conflitto d’interessi.Un governo con berlusconi sarebbe la fine del Pd e dell’Italia