Se, come si prevede ampiamente, Gabriele Albertini uscirà sconfitto dalla competizione per la guida della Regione Lombardia, Mario Monti dovrà seriamente riflettere sulle conseguenze di un’operazione politica imbastita contro ogni ragionevolezza. A cominciare dalla scelta del candidato: un vecchio routier della politica transfuga dal Pdl e per anni connivente con il “sistema Formigoni” in Lombardia, che tuttora difende. D’altra parte, anche per quanto riguarda la Lista civica per Monti al Senato per la Lombardia non si capisce bene chi ne incarni la parte “civica”: a scorrere i primi 6/7 nomi sono tutti politici riciclati da altri partiti. A cominciare dal capolista, sempre lui: Gabriele Albertini. Perché l’aspetto più paradossale è proprio questo: Albertini porterà via voti al candidato del centrosinistra, favorendo Maroni, poi – a danno consumato – s’involerà per Roma dove lo aspetta una seggio senatoriale. Magari per collocarsi, se l’intesa tra Bersani e Monti si dimostrerà ineludibile, nella stessa maggioranza dello schieramento appena affossato in Lombardia. Anzi, un posto nel nuovo governo di centrosinistra potrebbe addirittura essere la ciliegina sulla torta. A rendere la situazione ancor più grottesca, sia la capolista montiana alla Camera per Lombardia 1, Ilaria Borletti, sia il vicecapolista per il Senato, Pietro Ichino, hanno annunciato che per la presidenza della Regione voteranno il rivale di Albertini, Umberto Ambrosoli. Per aver preso questa posizione la signora Borletti è stata bollata come “salottara” da Albertini: carinerie tra colleghi di lista. E tutto questo avviene in Lombardia, la regione in bilico che potrebbe determinare la sorte della prossima legislatura e del prossimo governo.
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