“MPS, una storia italiana: banche, politica e …”

13 Feb 2013

La trascrizione dell’intervento di Roberto Renò sulla questione Montepaschi, banche, derivati, tenuto nel corso dell’incontro che si è svolto a Firenze il 7 febbraio scorso.

Sono due le vicende che hanno destato scalpore intorno a MPS: l’acquisizione della Banca Antonveneta e la questione derivati (Nomura, Santorini e altri…).

Comincio dai derivati, con una constatazione che probabilmente apparirà impopolare, in quanto sembra che tutti concordino sul fatto che il male nell’attività bancaria derivi proprio da questa tipologia di investimenti. Voglio dire chiaramente che i derivati non sono solo titoli tossici, ma sono invece strumenti indispensabili per l’attività bancaria. MPS, che era e rimane il terzo gruppo bancario italiano (un gruppo bancario grande per la dimensione italiana, piccolo per quella europea) stipula contratti derivati tutti i giorni, e vi dirò di più: li deve stipulare. MPS ha un ramo d’attività, ‘MPS Capital Services’, in cui lavorano centinaia di persone estremamente competenti, assunte sulla base di un curriculum. Il loro lavoro, che consiste proprio nel trattare derivati, rappresenta un ramo fondamentale della banca e, tra l’altro, l’unico che ha prodotto utili in questa fase recente.

Voi sapete in quale ambito MPS rischia di subire perdite enormi? Sui mutui che ha erogato! MPS ha ricevuto numerosi riconoscimenti per i suoi mutui, eppure i mutui con ‘cap’ che ha erogato non sono “esplosi” solo perché i tassi sono rimasti bassi. Se risalisse l’inflazione, si aprirebbe una nuova falla nei conti di MPS. Eppure nessuno, nella stampa e tra l’opinione pubblica, attacca i mutui come “strumenti speculativi”, “scommesse” o “titoli tossici”.

Io propongo spesso questo esempio agli studenti: se voglio vendere un mutuo a tasso variabile, le famiglie saranno spaventate dalla possibile ascesa dei tassi. Decido quindi di fissare un limite al tasso su cui calcolare la rata: non più del 5%. La famiglia è felicissima di stipulare un muto così fatto, ma la domanda per lo studente è: come fa la Banca a non perderci nel caso che i tassi salgano davvero? La risposta a questa domanda è complessa e ci vorrebbero almeno trenta ore di lezione per capire come si fa, ma se MPS non avesse coperto le perdite potenziali, questi muti diventerebbero “ordigni” molto più esplosivi di Alexandria e Santorini. Sono una vera e propria scommessa, nella quale si spera che i tassi di interesse non salgano.

Non voglio negare che i derivati siano titoli molto pericolosi, né il loro ruolo nel determinare la prima crisi finanziaria, quella del 2008, in un ambito completamente diverso, cioè quello americano in cui la banche hanno di fatto approfittato di una legislazione molto debole e hanno concesso prestiti ad individui che non potevano restituirli. In Europa, è avvenuto esattamente l’inverso: una politica bancaria rigorosa in cui alle banche è stato continuamente chiesto di corroborare il proprio capitale, limitando la loro possibilità di prestare denaro a famiglie e imprese. Negli Stati Uniti hanno fatto il contrario ed è proprio per questo motivo che il sistema bancario americano è collassato e il debito americano è triplicato. Le banche Europee hanno invece retto la prima ondata (si diceva che le banche europee sono solide, ricordate?), di fatto esse non avevano acquistato quelle tipologie di derivati basati sul credito, non avevamo i cosiddetti “mutui subprime” in portafoglio, ma poi è arrivata la crisi vera che non dipende esclusivamente dai ‘derivati’.

L’Italia è un paese avanzato, e come tale non può fare a meno delle infrastrutture, delle nuove tecnologie in ambito medico, di innovazione in generale, e quindi non può fare a meno degli strumenti di finanza avanzata. La crisi è, a mio avviso, un problema strutturale che investe molti aspetti intrecciati tra loro. Come già detto i ‘derivati’ sono anche molti pericolosi, e andrebbero lasciati a chi è in grado di valutarne sia il valore che il rischio, e di predisporre le coperture adeguate. L’avvocato Mussari era in grado? Il presidente della CONSOB, l’avvocato Giuseppe Vegas sarebbe in grado? Eppure la CONSOB sarebbe, insieme alla Banca d’Italia, la massima autorità di vigilanza Italiana. Voglio ricordare che Vegas, che è di nomina politica, ha recentemente espresso in un’interrogazione parlamentare il concetto che i rischi degli strumenti finanziari non andrebbero comunicati alle famiglie perché ne risulterebbero spaventate.

Le domande che, secondo me, hanno senso sono: perché MPS stipula dei derivati e non chiede la valutazione a ‘MPS Capital Services’, che ne ha le competenze e in meno di tre ore può valutare i rischi dei contratti? Perché i derivati li fa la capogruppo senza consultare il ramo ad essi dedicato?

Perché la Fondazione MPS, su questo, non ha niente da dire? Perché il Tesoro, su questo, non ha niente da dire? Perché la Banca d’Italia, a seguito di un’ispezione, scrive solo quattro paginette? E perché dopo due anni dice: “noi vi avevamo avvertito”? Scopriamo così la Banca d’Italia non ha valutato gli strumenti, ha solo segnalato, inascoltata, che rappresentavano un pericolo.

In Italia il problema è politico, è evidente che non c’è un corretto bilanciamento dei poteri di vigilanza. Sono sicuro che anche la Banca d’Italia avrebbe potuto fare una valutazione, più o meno in linea con quanto avrebbe fatto ‘MPS Capital Services’, e non avrebbe sbagliato il fair value di 530 milioni. Tra l’altro, se io fossi giornalista, rivolgerei questa domanda a Viola e Profumo: visto che questi derivati produrranno una perdita attesa di 530 milioni, quali sono le strategie previste per la copertura di queste perdite? Sono in atto tali coperture? O scopriremo, prima del 2030, che le perdite sono aumentate?

Consideriamo i costi anche per i contribuenti: lo Stato Italiano ha appena prestato a MPS altri 2 miliardi di euro (i Monti bond), oltre a quelli prestati dall’ex Ministro Tremonti. Di fatto, oggi, MPS è una banca dello Stato, perché sui 4 miliardi complessivi di debito con il Tesoro, MPS dovrà restituire il 10% circa di interessi all’anno (e ciò pare molto difficile in considerazione dell’attuale crisi economica), oltre al capitale iniziale, per evitare la nazionalizzazione

In sintesi: se la Banca d’Italia controlla ma non interviene, se la CONSOB non controlla, se all’interno della banca stessa c’è un’area finanza ma non la si usa per valutare e la Fondazione MPS non si pronuncia su questo, allora il problema non è una o più persone, ma è un problema dell’intero sistema. Ben venga la proposta, fatta da Bersani, di costituire una commissione di inchiesta sui ‘derivati’, ma la vera questione sta nel rivedere l’intero sistema della ‘vigilanza’ dotando gli organi ad essa preposta delle opportune competenze professionali. Ad esempio mi piacerebbe che venisse proposta, oltre alla commissione di inchiesta, una agenzia nazionale per la valutazione dei derivati, il più possibile indipendente dal potere politico.

Sulla questione Antonveneta: questa banca è stata comprata da MPS nel 2007, e all’epoca nessuno si oppose. MPS, al momento dell’acquisizione, era di fronte a due scelte strategiche. La prima era rimanere MPS e quindi una banca locale. La seconda era di entrare in competizione con gli altri gruppi bancari italiani e cercare di espandersi. Ricordo che Banca Intesa che si era unita con San Paolo e Unicredit aveva acquisito con Banca di Roma. Come sappiamo, la banca spagnola Santander, aveva appena acquistato Antonveneta per 6 miliardi, quattro mesi dopo MPS la ricompròper 9 miliardi. Nel merito, faccio notare che nessuno sa quale fosse il valore “giusto” di Antonveneta al momento dell’acquisto, e le accuse che vengono rivolte al MPS, su questo aspetto specifico, sono infondate. Guardiamo poi i ‘corsi azionari’ di MPS degli ultimi 5 anni, e noteremo che sono pressoché identici sia a quelli di Unicredit che di Banca Intesa; le banche vanno male perché fondamentalmente vanno male le aziende italiane; in quanto le banche guadagnano prestando i soldi alle imprese. Ma se le imprese chiudono, le banche non guadagnano più, il sistema è intrinsecamente interconnesso. Quindi: giusto indagare sul caso per Antonveneta, giusto chiedersi perché non è stata fatta la “due diligence”, ma troppo facile attaccare l’operazione ora dal punto di vista strategico. Aiutiamo la Magistratura ad andare fino in fondo per vedere se qualcuno è stato corrotto; ma poniamoci le seguenti domande: il sistema politico ha fatto tutto il possibile per evitare questa profonda crisi bancaria? il sistema politico ha fatto tutto il possibile per impedire che un manager in mala fede, magari delinquente, o semplicemente incapace, potesse procurare questi danni?

L’avvocato Mussari e l’avvocato Vigni stipulano il famigerato derivato Alexandria con Nomura; nessuno sa o conosce precisamente i termini del contratto, ma supponiamo che il derivato fosse stato congegnato per coprire le perdite e per spalmarle negli anni fino al 2034, data in cui i due avvocati non sarebbero stati più in carica; questa operazione avrebbe costituito un reato penale chiamato “Falso in Bilancio”, se tale reato non fosse stato depenalizzato. E’ possibile che il comportamento di Mussari, che sapeva di dover abbandonare la guida della banca di lì a poco, si possa descrivere come “azzardo morale”. Ma è il sistema ad essere costruito in modo che, per questo tipo di comportamento scorretto, nessuno possa esercitare potere di vigilanza e denuncia. In questo caso il falso in bilancio è una truffa non solo nei confronti di azionisti e soci di MPS, ma anche dell’intera città di Siena. In sintesi: la politica non ha creato le condizioni ideali per una corretta gestione del sistema attraverso l’individuazione di veri e competenti organismi di garanzia e di vigilanza.

Il Presidente Profumo, pochi giorni fa ha usato una metafora che ho trovato convincente: “i derivati sono come le medicine, se uno si ammala non prende la prima medicina che gli capita a tiro, si va dal medico che gli prescriverà quella giusta”. Questa considerazione genera un’altra domanda: chi ha inventato la “finanza creativa”, permettendo agli Enti Locali di indebitarsi con i derivati? Quale amministratore pubblico rinuncerebbe ad una proposta di un promoter finanziario che prevede uno stanziamento di 50 milioni da rimborsare in 30 anni, pur se proponendo clausole “particolari”, a prima vista molto vantaggiose? Nessuno rinuncerebbe, soprattutto con le elezioni vicine.

La questione non è tecnica ma evidentemente politica, la quale deve creare le condizioni ideali per dare vita ad un bilanciamento reale di poteri che tuteli sia gli azionisti che i contribuenti.

 

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