La miscela delle alleanze

06 Feb 2013

Bersani ha chiarito di essere “prontissimo a una collaborazione con tutte le forze che siano contrarie a leghismo, berlusconismo e populismo, quindi certamente anche con il professore Monti”. Sta di fatto, però, che da qualche tempo Bersani e Monti sono stati protagonisti di scontri quotidiani, che hanno destato non poca sorpresa. Ora, si può dire che il passato è alle spalle e siamo alla prova di una possibile alleanza?

E se, alla fine, vincesse Berlusconi? Appena una settimana fa, l’idea della rimonta era considerata una “favola”, una “leggenda”. Tuttora Bersani dice che il sorpasso, il centro destra, può solo “vederlo col binocolo”. Ma quando si avanza il dubbio l’ipotesi finisce per essere legittimata. I mercati raccolgono le incertezze. Il Cavaliere marcia a colpi di clava, all’insegna di proposte impossibili e indecorose, la “polpetta avvelenata” dei rimborsi Imu , il condono tombale. E chissà che cosa potrà ancora promettere, ragionando con i sondaggi in mano. L’inquietudine delle cancellerie europee è comprensibile. Il ritorno del Caimano riproporrebbe un’anomalia che sembrava cancellata, farebbe precipitare la credibilità internazionale del Paese, scatenando lo spread e i mercati. Un Berlusconi vincente prefigura una battaglia frontale contro la Germania di Angela Merkel, perfino la minaccia di un’uscita dalla Ue. E’ chiaro che di questo si è parlato nell’incontro di Bersani a Berlino con il ministro delle Finanze tedesco, Schauble,  e che il segretario del Pd si sarà preoccupato di confermare l’impegno del centrosinistra per una politica fondata sul raccordo con l’Unione europea. Schauble si sarà informato sugli equilibri del nuovo governo, qualora Bersani dovesse uscire vincente dalla prova elettorale, e della sorte che avrà il lavoro svolto in questo anno e passa dall’esecutivo dei “tecnici”. E’in questo contesto che va collocata la ripresa del dialogo con Monti, annunciata dal segretario del Pd da Berlino, dopo le asprezze verbali di questi ultimi tempi, che minacciavano di portare la situazione fuori da ogni controllo.

Bersani ha chiarito di essere “prontissimo a una collaborazione con tutte le forze che siano contrarie a leghismo, berlusconismo e populismo, quindi certamente anche con il professore Monti”. Il che non è proprio una novità. Il leader del Pd ha detto in tutte le salse, nelle piazze  come in tv, che, anche se dovesse raggiungere il 51 per cento, si comporterebbe ugualmente come se fosse al 49, cercando la collaborazione dei centristi. Sta di fatto, però, che da qualche tempo Bersani e Monti sono stati protagonisti di scontri quotidiani, che hanno destato non poca sorpresa. Ora, si può dire che il passato è alle spalle e siamo alla prova di una possibile alleanza? Andiamoci piano. In questa campagna elettorale esasperata, formato reality, siamo condannati a capovolgimenti di fronte continui. Monti, da quando ha deciso di “salire in politica”, è diventato un avversario pericoloso per Bersani perché intacca il capitale elettorale del centrosinistra in regioni chiave come la Lombardia. Ma è anche un potenziale alleato. I temi su cui è possibile convergere non mancano:l’ancoraggio all’Europa, la lotta all’evasione, i conti in ordine, la crescità e, anche, l’equità, termine che ultimamente è ritornato nel dizionario montiano. Ma i motivi di divergenza sono corposi, primo tra tutti quello della riforma del lavoro, tema centrale per Bersani. Tattica e strategia politica delle due coalizioni rischiano di entrare in rotta di collisione. Lo schema del centrosinistra è questo: va a Palazzo Chigi chi vince, cioè Bersani; dopo, l’accordo con il Centro. Il Professore coltiva la suggestione della “Grande coalizione”, con i “riformisti” del Pd e, anche del Pdl, e lui che distribuisce le carte.

La collaborazione è un’ipotesi praticabile. Ma tutt’altro che semplice. E’ prevedibile che, in questa fase, i due schieramenti procederanno a fari spenti. E, almeno in apparenza, coltiveranno opzioni separate. Anche per non offrire spazio agli attacchi che si sono già scatenati da destra e da sinistra. Il Pdl grida all’”inciucio”, e Berlusconi, galvanizzato dalle sue proposte shock, proclama che è già in dirittura di sorpasso e  Monti e Bersani lo attaccano perché “sono disperati”. La coalizione montiana, in effetti, deve fare i conti con sondaggi poco incoraggianti, che la vedono come quarta forza in campo, sopravanzata dal Movimento di Grillo, in pieno boom. Tuttavia, anche Bersani rischia. Nella sua coalizione ha il problema Vendola. E, soprattutto, deve guardarsi all’esterno: dall’offensiva della galassia che fa capo a Grillo e a Igroia.

E’ una miscela alquanto complicata. Che potrà essere definita soltanto sulla base dei futuri equilibri parlamentari. Il Pd  spera ancora in una vittoria piena, al Senato oltre che alla Camera. E ciò renderebbe più facile realizzazione il suo progetto. Ma la legge elettorale, il “Porcellum”, è quello che è. Non vorremmo comunque che la partita si giocasse attorno ai soliti tatticismi. Disperdendo quella consapevolezza riemersa, con le primarie, nel popolo del centrosinistra. Al di là dei sondaggi e delle promesse dei tanti imbonitori, ci vogliono una meta comune, una speranza e un sogno condivisi per cambiare finalmente le cose. Operazione difficile. Ma necessaria.

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