Palermo, per la trattativa Stato-mafia chiesto rinvio a giudizio per gli 11 imputati

10 Gen 2013

Il pm Nino Di Matteo ha così concluso la sua requisitoria. Gli accusati sono 4 mafiosi: Bagarella, Riina, Brusca e Cinà. I politici: Mannino, Dell’Utri e Mancino. Gli ufficiali dei carabinieri: Mori, Subranni e De Donno. E infine Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo. La posizione del boss Provenzano è stata stralciata. Verrà giudicato il 23 gennaio. Leggi l’articolo di Sandra Bonsanti

Per la trattativa Stato-mafia la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di tutti gli 11 imputati, boss, alti ufficiali dei Carabinieri, politici. La richiesta è stata formulata dal pm Nino Di Matteo, che ha così concluso davanti al gup Piergiorgio Morosini, nell’aula bunker dell’Ucciardone, la requisitoria cominciata ieri mattina. Secondo il pm, “uomini dello Stato trattarono con la mafia in nome di un’inconfessabile ragion di Stato”.

La richiesta riguarda i quattro capimafia corleonesi: Leoluca Bagarella, il capolista, suo cognato Totò Riina, il pentito Giovanni Brusca e il palermitano Antonino Cinà. Tre politici: l’ex ministro democristiano del Mezzogiorno, Calogero Mannino, il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, che risponde solo di falsa testimonianza. Tre ufficiali dell’Arma: i generali Mario Mori e Antonio Subranni e l’ex colonnello Giuseppe De Donno, e anche Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, Vito, che risponde, oltre che della trattativa, di concorso in associazione mafiosa e calunnia aggravata. La posizione del boss Bernardo Provenzano è stata stralciata nei giorni scorsi e il boss verrà giudicato il 23 gennaio dallo stesso gup: secondo i periti, le sue condizioni psichiche gli impediscono di seguire le udienze.

Mannino questa mattina ha chiesto di essere giudicato col rito abbreviato, e il gup si è riservato di pronunciarsi in merito. L’ex ministro è accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato.

I reati contestati per i presunti accordi fra Stato e mafia, risalenti al periodo delle stragi del ’92-’93, sono quelli di attentato, con violenza o minaccia, a corpo politico, amministrativo o giudiziario dello Stato, tutto aggravato dall’agevolazione di Cosa nostra. Il patto sarebbe stato suggellato, secondo l’accusa, da ex ministri, per mezzo di mafiosi e il tramite di Dell’Utri, per evitare nuovi attentati: in cambio sarebbe stato offerto un ammorbidimento del 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i detenuti legati a Cosa nostra.

Terminata la requisitoria del pm, la parola è passata alle parti civili. L’udienza preliminare proseguirà domani, con gli interventi dei difensori, e quindi lunedì prossimo.

Leggi l’articolo di Sandra Bonsanti

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