Mentre i partiti sono quasi pronti per la presentazione di liste e candidature, i nostri circoli ci scrivono a proposito delle primarie appena svolte. Da Mantova, Alessandro Monicelli osserva che: “nessuna persona, che non sia in qualche modo già interna all’apparato, ha avuto, né poteva avere in concreto nemmeno la chance di arrivare a presentarsi”.
Dal Molise, Laura Venittelli, candidata in Regione, lamenta la mancata applicazione, del pricipio dell’ “alternanza di genere nelle liste del Partito Democratico per il Parlamento”. Tutto nasce dal fatto che in questa piccola Regione i primi due candidati alle primarie – Roberto RUTA e Danilo LEVA , rispettivamente Presidente dell’Assemblea e Segretario Regionale del Pd, – sono persone molto vicine alla dirigenza romana che, per loro, è capace di inventarsi anche interpretazioni su una regola ” quella dell’alternanza di genere” , molto chiara.
Da Messina, la coordinatrice Giusi Furnari, scrive sulla sconcertante vicenda della candidatura di Lucia Tarro Celi, nostra socia, emarginata dagli apparati locali a favore di Maria Tindara Gullo, solo perché “figlia di”, “cugina di”, “componente di una famiglia di”…
Dalla Toscana, Alessandro Bruni, si chiede perché (se i rumors dell’ ultim’ora verranno confermati) ci sarà come capolista Riccardo Nencini, segretario nazionale del PSI, seguito poi , sempre nel listino blindato da Antonello Giacomelli, proconsole franceschiniano in Toscana con un curriculum di lavoro parlamentare di tutto rispetto (vedi Openpolis) e alla sua terza legislatura e il segretario regionale Andrea Manciulli. Per quale merito o specificità civile e democratica, questi tre politici democratici si troveranno eletti in Parlamento con i voti di elettori del Pd, i quali magari hanno votato e sostenuto alle primarie altri ed altre candidati che si sono conquistati migliaia di voti , consumando scarpe e gomme delle auto, che invece si vedranno scavalcati da questi tre nominati?