Vicini al baratro

09 Dic 2012

Che sta succedendo? Il ricatto berlusconiano, spinto fino al limite estremo, ha mandato in frantumi la fragile tregua. Si ritorna all’emergenza. Vicini al baratro dal quale eravamo faticosamente risaliti. Di nuovo esposti agli attacchi della speculazione finanziaria, che può avvalersi di un finale di legislatura convulso.

Che sta succedendo? Il ricatto berlusconiano, spinto fino al limite estremo, ha mandato in frantumi la fragile tregua. Si ritorna all’emergenza. Vicini al baratro dal quale eravamo faticosamente risaliti. Di nuovo esposti agli attacchi della speculazione finanziaria, che può avvalersi di un finale di legislatura convulso. Il terremoto, provocato dalla decisione del Pdl di togliere di fatto la fiducia al governo, ci consegna un futuro politico al momento indecifrabile. E’ saltata l’agenda che il capo dello Stato aveva faticosamente messo a punto quando si prevedevano le elezioni a marzo e, quindi, una conclusione “morbida” dell’esperienza del governo Monti. Si andrà alle elezioni a febbraio. In modo brutale. Perché la spinta alla destabilizzazione, che viene da Berlusconi, non sembra avere sosta. Ci sono solo alcuni punti che si possono in questo momento fissare. Consapevoli che gli equilibri della prossima legislatura sono tutti in ballo.

Primo. La decisione di Monti di dimettersi, una volta approvata la legge di stabilità, impegno al quale il Paese non  può sottrarsi, è stata una scelta saggia. In questo modo, il Professore impedisce al Pdl di giocare su due tavoli, partito di lotta e insieme di governo, in condizione di logorare quotidianamente l’esecutivo e le altre forze politiche che, per senso di responsabilità, sarebbero state costrette a sostenerlo. Ma, al tempo stesso, queste dimissioni, per il modo in cui avvengono, cambiano il ruolo di Monti. La responsabilità della crisi, di fronte al Paese e all’Europa, è sola del Cavaliere. Il che cancella la “terzietà” del governo tecnico. Fa che Monti non abbia più la necessità di restare “super partes”. Che possa essere il punto di riferimento per quell’area centrista ritrovatasi fin qui sulle sue posizioni. Assumendone, nei modi che giudicherà possibili, la leadership politica.

Secondo. Berlusconi, a questo punto, è solo con le sue responsabilità. L’azzardo potrebbe non pagare. Ma questo renderà la sua campagna elettorale ancora più violenta. All’insegna dell’antieuropeismo. Contro la moneta unica. Contro “il governo delle tasse”. Facendo leva sulla crisi economica e sul disagio sociale. In concorrenza con la campagna di Beppe Grillo, ma cercando di occultare le sue passate responsabilità. L’uomo appartiene a un’epoca ormai superata. E’ imbalsamato nell’ossessiva ripetizione  della sua messa in scena. Questa incapacità lo spinge all’avventura, con iniziative dirompenti ed eversive. Una miscela esplosiva. Che tiene insieme interessi politici e interessi personali. Si è riappropriato del partito, dopo il promesso “passo indietro”. Ha chiamato agli ordini Angelino Alfano, spogliandolo del ruolo di aspirante candidato premier. Ha obbligato all’obbedienza quanti avevano cercato di trovarsi una personale via d’uscita dal disastro del Pdl. Proclama che solo lui può “vincere”. In concreto, si accontenterebbe  di potersi sedere al tavolo della “spartizione”, una volta chiuse le urne. Non sono da sottovalutare, tuttavia, i mezzi di cui dispone il “grande illusionista”. Se c’è una cosa che Berlusconi sa fare è proprio la campagna elettorale. Speriamo che gli elettori questa volta lo capiscano.

Terzo. C’è da chiedersi quale possa essere, in queste condizioni, il futuro della cosiddetta area moderata. Non è molto significativo, in questa fase, il peso della piccola pattuglia di ex berlusconiani che si sono dissociati rivendicando la loro linea europeista. Il discorso va fatto intorno all’Udc di Casini, ai Montezemolo, al ministro Riccardi. Ma anche qui finora è stata nebbia fitta, non essendo chiaro neppure se sarebbero riusciti a trovare un  punto di sintesi intorno a un comune cartello elettorale. I rapporti si faranno, ora che la situazione precipita, più fluidi e stringenti? Circolano le ipotesi più diverse. Compresa quello di un ripensamento di Montezemolo che  preparerebbe la sua “discesa in campo”. Ma il punto centrale è legato alle decisioni che prenderà Mario Monti. In assenza di un impegno politico diretto del Professore, è difficile riservare un grande futuro al cosiddetto Terzo Polo. Parlando con “Repubblica”, Monti ha detto di “non sapere ancora” che cosa farà. Ha aggiunto, però, di essere molto preoccupato. Non solo per quella “parte politica” che ha provocato le sue dimissioni. Perché, in realtà,la sua preoccupazione è “più generale”. In queste parole, molti leggono il preannuncio di un impegno politico. Che coincide con lo spazio che potrebbe avere nel nostro Paese uno schieramento legato al Partito popolare europeo.

Quarto. C’è, nel mondo politico che si oppone alla deriva berlusconiana, una profonda asimmetria tra il centro moderato e il centrosinistra guidato da Bersani. Il Pd appare come il solo partito in buona salute. Un partito ritrovato dopo le primarie. Cresciuto grazie alla restituzione di sovranità dei cittadini. Il Pd può sfruttare il grande vantaggio mediatico e tattico di cui dispone. Ma farebbe un grave errore se lo utilizzasse nella routine dei vecchi negoziati, dei consueti tatticismi. La “ruota del rinnovamento”, per dirla con il segretario, deve girare ora, nei giorni più convulsi di questa triste legislatura.

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